Scoperta l’arma segreta delle balene. Organo chiave per l’evoluzione

ROMA  – È stato scoperto un nuovo organo sensoriale nella mandibola di una balenottera: una sorta di «arma segreta» delle dimensioni di un acino d’uva e decisivo nel modo particolare di alimentarsi di queste creature, che sono le più grandi del pianeta.

La scoperta, alla quale la rivista Nature dedica la copertina, potrebbe spiegare l’evoluzione di questi grandi mammiferi marini. L’organo potrebbe avere un ruolo cruciale nel modo di alimentarsi «a scatti» di questi animali marini. Quando mangiano, infatti, le balene aprono la bocca e fanno un grosso scatto in avanti per ingoiare l’acqua, poi richiudono la bocca e fanno uscire l’acqua filtrandola. Il lavoro, coordinato dal paleobiologo Nicholas Pyenson, della Smithsonian Institution a Washington, si è basato su campioni raccolti da carcasse di balena.

 

I ricercatori hanno sottoposto le carcasse alla tomografia computerizzata a raggi X, che ha fornito una mappa tridimensionale della struttura interna dei tessuti delle balene e hanno scoperto un organo sensoriale che si trova nel punto in cui si uniscono le mandibole inferiori. «Pensiamo – osserva Pyenson – che questo organo di senso invii le informazioni al cervello per coordinare il complesso meccanismo dell’alimentazione della balena. Questo coinvolge la rotazione delle mascelle, l’inversione della lingua, l’espansione della gola e degli strati di grasso, che si estendono dal muso all’ombelico, per consentire a queste balene di ingoiare grandi quantità di acqua, più di 80 metri cubi ricchi di prede a ogni sorso». Le balene, ha spiegato Marco Oliverio, zoologo dell’università di Roma La Sapienza, hanno un modo di procurarsi il cibo definito a ‘scattì, ossia «aprono la bocca e fanno un grosso scatto in avanti, la richiudono e fanno uscire l’acqua filtrandola da una sorta di pettinè che hanno sotto la mandibola superiore». L’organo sensoriale, secondo gli esperti, potrebbe essere stato cruciale nell’evoluzione dei corpi di questi animali marini e fornirebbe un esempio di come questi animali hanno evoluto soluzioni alle sfide dell’alimentazione in acqua, riuscendo a nutrire un corpo di grandi dimensioni. Lo studio, rileva Oliverio, è importante sia perchè «chiarisce un meccanismo finora misterioso» sia per il metodo: «è uno studio che integra metodi tradizionali, vi è tanta istologia per esempio, e metodi moderni come la tomografia computerizzata a raggi X, accanto a modelli matematici».

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