Abbattimento orso. Legambiente: “Inaccettabile, una minaccia per la biodiversità europea”

“Una immediata attivazione dei segretariati internazionali dei Trattati per la conservazione della natura alpina, affinché il comportamento delle autorità svizzere venga adeguatamente censurato e sanzionato nelle sedi internazionali, e affinché la sfida continentale per la conservazione delle specie e degli habitat possa dispiegarsi senza incontrare ostacoli insormontabili all’interno dei confini della Confederazione Elvetica”.

E’ la richiesta inoltrata oggi da Legambiente alle autorità competenti italiane e svizzere, al Consiglio d’Europa e al segretariato della Convenzione delle Alpi in merito all’abbattimento nel Cantone dei Grigioni dell’orso trentino denominato M13.

Nella sua lettera di denuncia, l’associazione sottolinea il forte contrasto tra le politiche di conservazione e protezione internazionale dell’orso nelle Alpi e l’abbattimento dell’unico esemplare di questa specie presente in Val Poschiavo.

Un abbattimento autorizzato che, scrivono il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza e il presidente di Legambiente Lombardia Damiano Di Simine, “riapre una ferita alle politiche e agli sforzi internazionali per la conservazione dei grandi carnivori”. Animali protetti sia dalla Convenzione di Berna, esecutiva dal 1982, che inserisce l’orso bruno tra le specie di fauna strettamente protetta, sia dalla Convenzione Internazionale per la Protezione delle Alpi, ratificata tanto dall’Italia quanto dalla Svizzera e dall’Unione Europea.

“In questo contesto – recita la lettera – riteniamo gravissimo e inaccettabile, e pertanto meritevole di una severa censura nelle sedi internazionali, che le Autorità di un Paese che ha ratificato le citate convenzioni abbiano potuto autorizzare l’abbattimento dell’orso denominato M13, che aveva scelto di stabilirsi in territorio svizzero in Val Poschiavo, Canton Grigioni, pur continuando a vagare a cavallo dei confini di stato.

Il cantone – viene ricordato – è il medesimo in cui cinque anni fa è stato abbattuto un altro orso in dispersione e proveniente dall’Italia, l’esemplare JJ3. Appare francamente inverosimile che sussistessero ragioni di sicurezza tali da giustificare una decisione grave come quella di abbattere un grande predatore, che di certo non ha messo in atto comportamenti aggressivi nei confronti di esseri umani”.

“I protocolli di gestione dei grandi predatori per come sono stabiliti dalle istituzioni svizzere rappresentano una severa minaccia per la conservazione della biodiversità alpina” concludono Cogliati Dezza e Di Simine, che aggiungono di ritenere “in accordo con la comunità scientifica internazionale, altresì prioritario incrementare gli sforzi per una diffusa applicazione integrata delle opere e delle tecniche di prevenzione” per consentire la convivenza delle attività zootecniche e della sopravvivenza dell’orso nelle Alpi.

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