La percezione della ‘catastrofe antropologica’

ROMA – Sull’ultimo numero di Left, unico settimanale italiano a far vivere la rivolta civile sulla carta stampata, un titolo drammatico campeggiava sulla copertina: ‘Catastrofe antropologica’.

Nella prima pagina, un sommarietto, molto eloquente, introduceva una serie di articoli su questo tema: “Antropologia di una caduta nel fango, nella volgarità, negli scandali sessuali, nelle inchieste della magistratura. Cos’è il berlusconismo, come ha cambiato gli italiani, come se ne può uscire … “.

Naturalmente anche noi vediamo questo fango che inesorabilmente sta sommergendo da anni il paese Italia. E, naturalmente, anche noi ci facciamo le stesse domande su questa involuzione antropologica che ha invertito la rotta verso l’umano alterando l’homo sapiens sapiens nell’homo berlusconis vulgaris.
Cercare le cause di questa catastrofe, di questo rivolgimento di senso dell’esistenza che ha colpito gli italiani come una lebbra comune che altera finanche la percezione di ciò che gli sta accadendo interno, è un’impresa quasi, quasi, impossibile. Tutti coloro che, per ordine etico interiore, cercano ogni giorno, di far aprire gli occhi ai compatrioti su questa assurda situazione, vedono infrangersi le proprie parole su muri impenetrabili, angoli ottusi, corazze metafisiche. È come se le parole non potessero più penetrare nel profondo degli italiani e modificare la percezione della storia che stanno vivendo, né tantomeno trasformare la percezione di questa melma maleodorante in indignazione, e movimento politico.

Una risposta c’è, e l’ha scritta Italo Calvino nel suo libro Le città Invisibili: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se c’è n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abbiamo tutti i giorni, che formiamo stando assieme … – è – accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più.”
È tragicamente vero: chi appartiene al fango non può accorgersi del fango. L’unica cosa che può mettere in crisi questo suo stato mentale è veder una possibile altra via nelle ‘vite degli altri’. Naturalmente se la crisi termina in modo involutivo, chi sta nel fango, cerca di trovare qualcuno che legittimi e glorifichi quel fango. Ecco abbiamo delineato la coppia patologica Berlusconi-Berlusconide. Su questa folie à deux, moltiplicata su milioni di individui, si instaura l’impero berlusconiano e leghista.

La cosa ancor più allarmante è che, generalizzando, anche l’opposizione non riesce a percepire correttamente il problema della “catastrofe antropologica”.  Tornando a Left, in un’intervista di Donatella Coccoli a Emma Bonino, che ha sempre brillato per intelligenza e visione politica, alla ficcante domanda della giornalista: “perché gli Italiani hanno così  paura di cambiare?”  la radicale risponde con parole che lasciano sconcertati: “ Non è vero che gli italiani abbiamo una paura incontrollata di fronte ai cambiamenti. Quando noi Radicali proponemmo al Paese il divorzio, l’aborto, l’obiezione di coscienza, gli italiani hanno entusiasticamente cambiato. (…) Oggi siamo sicurissimi che la maggioranza degli italiani è a favore dell’eutanasia, della sperimentazione sulle cellule staminali embrionali, eccetera. È la classe politica a non volere le riforme, a imporre al paese un regime di chiusura e ostilità al cambiamento, la modernizzazione in senso liberale, l’innovazione.”

Sembra che neppure la Bonino riesca ad aprire gli occhi sulla ‘catastrofe antropologica’ che ha travolto gli italiani. Non riesce a capire che la realtà culturale italiana ha avuto un’involuzione tragica da quando gli italiani sono andati a votare per il divorzio e per l’aborto negli anni ’70. Emma Bonino, non riesce a vedere oltre i vetri appannati del passato che le rimandano solo le immagini gloriose del bel tempo che fu, quando i radicali erano a riusciti a trascinare milioni di donne uomini in un’impresa laica eroica.  Anche lei sembra non essersi accorta dello yuppismo della Milano da bere, il fenomeno per il quale i giovani professionisti rampanti abbracciavano amorevolmente la comunità capitalistica come fosse una divinità, e in essa trovavano il massimo della realizzazione. E quando si appella al liberalismo non si è accorge neppure della globalizzazione che, con la bandiera del liberalismo ha devastato il rapporto tra prestatore di mano d’opera, e intellettuale, e imprenditore.
Se anche Emma Bonino, alla quale vogliamo molto bene, non si è accorta di quella ‘catastrofe antropologica’ di cui parla Left, allora siamo messi ancora peggio di quanto credevamo.

L’involuzione antropologica, è soprattutto un’involuzione culturale, e quindi si tratta di paradigma di pensiero che acceca chi vuole credere che mettendo la testa nella sabbia, vale a dire, annullando la realtà, tutti i problemi si risolvano delegando i proprio non essere al duce di turno che con il suo “ghe pensi mì” trasforma la merda in oro. Ma lo fa soprattutto perché non vuole entrare in crisi con sé stesso e non ha la vitalità sufficiente per sopportare la sofferenza delle separazioni che fanno l’essere umano pensante.
Lo diceva anche Calvino quando parlava di come sopravvivere in un inferno di fango: “Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è più rischioso, ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.

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