Pd. Epifani, il partito si risolleva solo se ascolta le voci più critiche

ROMA – «Il Pd può risollevarsi solo se si riconnette con la sua base, se garantisce spazi di confronto, se ascolta le voci più critiche, se non teme di parlare alla rabbia delle persone». Lo scrive il segretario del Pd, Guglielmo Epifani su Facebook. 

«Se ridiamo una identità chiara e duratura al progetto del Pd, – aggiunge – se non abbiamo paura delle politiche intraprese e di mettere la faccia nelle scelte fatte, se non ci faremo condizionare dagli interessi personali dei singoli perseguendo invece l’interesse generale del paese, difenderemo e rafforzeremo l’unico partito non personale del paese».

«Dovremo arrivare ad un congresso trasparente, – scrive ancora Epifani – con garanzia per la pluralità di tutte le voci, ma che discuta in modo esplicito di linee e tesi non si perda in battaglie implicite su singole persone. Dobbiamo rigenerare una comunità partendo dai territori, perseguendo con determinazione politiche che diano immediate risposte per condizione dei giovani, degli anziani, dei più deboli. Dobbiamo mettere in rete le forze sane per contrastare senza indugio una cultura della illegalità che molti provano a far passare per normale».  L’ex dirigente sindacale ha poi ringraziato tutte le persone che gli hanno scritto «sia chi mi augura di far bene, sia chi mi critica per stimolare l’avvio di un cambiamento stabile e concreto».

Ma non è tutto. Dai microfoni del Tg1 il neo segretario punta anche al Cavaliere e alla discutibile performance di ieri a Brescia: “Silvio Berlusconi sbaglia ad assumere un atteggiamento che denuncia «debolezza, non forza» e rischia di «mettere un’istituzione contro l’altra», oltre a continuare a «mettere micce accese sotto al governo». È il monito che arriva da  Epifani. Il segretario Pd segnala che «dove Berlusconi sbaglia è che dopo essersi assunto a sua volta la responsabilità di fare un governo, invece di dedicarsi al bene del Paese mette in continuazione micce accese sotto al governo, ma se fa così – avverte – è un segndo di debolezza non di forza». Analogo ragionamento per la manifestazione di Brescia, «indetta per una campagna elettorale e poi trasformata in una manifestazione contro la magistratura e le sentenze. In democrazia questo non si fa e se si chiamano a farne parte esponenti del governo – incalza Epifani – si corre il rischio di mettere un’istituzione dello Stato contro l’altra. Anche qui, una debolezza non una forza».

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