Il Papa detta le linee guida sull’aborto ai medici ‘complici di assassinio’

ROMA – In questo clima politico teocratico e oscurantista ormai sta succedendo di tutto.

Su Dazebao News, abbiamo già parlato diffusamente del discorso di Berlusconi su scuola pubblica, gay, e famiglie di fatto, degno di un inquisitore medievale, e ora ecco spuntare anche il suo omologo d’oltre Tevere a mettere la ciliegina sulla torta.
Ratzinger, ricevendo, ieri,  in udienza i partecipanti alla XVII Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, si è lasciato andare berlusconianamente a discorsi che lascino perplessi e preoccupati. Riportiamo alcuni passaggi del discorso del pastore tedesco che ieri ce l’aveva soprattutto con i medici che fanno aborti terapeutici e con i padri che lasciano sole le donne incinte. “I medici, in particolare – ha affermato Benedetto XVI – non possono venire meno al grave compito di difendere dall’inganno la coscienza di molte donne che pensano di trovare nell’aborto la soluzione a difficoltà familiari, economiche, sociali, o a problemi di salute del loro bambino. Specialmente in quest’ultima situazione la donna viene spesso convinta, a volte dagli stessi medici, che l’aborto rappresenta non solo una scelta moralmente lecita, ma persino un doveroso atto ‘terapeutico’, per evitare sofferenze al bambino e alla sua famiglia, e un ‘ingiusto’ peso alla società”.

Come se non bastassero le parole di fede di Ratzinger, arrivano anche quelle dei suo cani da guardia: in un suo articolo, titolato ‘La voce della coscienza’ il direttore dell’Osservatore Romano Gian Maria Vian ha esortato i media a non leggere il discorso del Papa “in chiave soltanto negativa – e a – rafforzare gli stereotipi caricaturali di un Papa e di un cattolicesimo spietati, retrogradi e nemici di presunte libertà, se non addirittura di diritti. Naturalmente – ha aggiunto Vian – non è così, e basta leggere il testo per accorgersi che l’intervento del Pontefice è ancora una volta positivo e ragionevole: insomma, profondamente umano”. Ma perché, ci chiediamo, Vian fa questo prologo che vuole,  a priori, difendere la ‘profonda umanità’ di Ratzinger, non avrà per caso la coda di paglia? Ma scrive ancora Vian nel suo editoriale: “in una cultura segnata ‘dall’eclissi del senso della vita’  – dalla minimizzazione dell’aborto, che non risolve nulla, ma uccide il bambino, distrugge la donna e acceca la coscienza del padre, fino agli altri attentati contro la vita umana – non bisogna stancarsi di promuovere la difesa di ogni persona nei diversi momenti dell’esistenza. Lo ha ripetuto nell’ultimo mezzo secolo la Chiesa, nei documenti del concilio Vaticano II e negli insegnamenti di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, ma anche con la testimonianza di figure come madre Teresa”.

Già Madre Teresa … forse Vian farebbe meglio ad utilizzare altri testimonial per sorreggere i suoi discorsi che accusano di assassinio le donne che abortiscono, e i medici che hanno il dovere deontologico di assisterle nelle loro decisioni. Madre Teresa di Calcutta in una società vedente e pensante sarebbe accusata di crimini contro l’umanità. Vian parla anche di “eclissi del senso della vita”, se c’è un eclissi è quella del pensiero che oscurato è diventato credenza, e percezione delirante resi congrui da leggi che legittimano discorsi dissociati che nascondono un profondo odio verso quelle donne che chiedono la loro autodeterminazione sancita, ancora, per legge.
Al pastore tedesco non vale la pena neppure dare una risposta. Egli vive nel suo empireo, fatto di angeli e diavoli, di preti pedofili da lui protetti con documenti pastorali, da anime da salvare e politici con i quali intrallazzare, da vestiti carnevaleschi e da papamobili, da credenze dogmatiche travestite da discorsi scientifici.
Quello che è importate per tutti gli esseri umani ancora degni di questo nome è la difesa dei diritti della donne che devono sapere che la legge è dalla loro parte. E i giornalisti che non informano le donne di questo sono complici di coloro che chiamandole assassine infangano la loro identità umana.
La legge 194, varata il 22 maggio 1978,  sull’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) è nata con la premessa che “lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio”, la legge precisa che l’interruzione volontaria di gravidanza “non è mezzo per il controllo delle nascite”.  La legge prevede che è possibile abortire in una struttura sanitaria pubblica entro i primi 90 giorni di gravidanza solo in particolari “circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito”.
L’aborto terapeutico scatta dopo i 90 giorni (fra il quarto e il quinto mese di gravidanza) ed è ammesso dalla legge solo in due casi: “quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna –  e  – quando siano accertati processi patologici, rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna”. La legge prevede che la donna riceva dai medici e dal personale del consultorio tutte le informazioni relative alla regolazione delle nascite. Ammette anche l’obiezione di coscienza da parte dei medici e infermieri, ma solo se l’intervento è “indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo”. Invece ci sono continue denunce di donne che vengono abbandonate da criminali in camice bianco nei corridoi degli ospedali prima e dopo l’interruzione di gravidanza.
Dall’entrata in vigore della 194 il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza si è ridotto progressivamente in Italia, dai 235.000 aborti l’anno nel 1982 ai 130.000 del 2006. Anche i dati sugli aborti clandestini: dai 350.000 l’anno del 1977 sono scesi a 100.000 nel 1983 fino ai 20.000 del 2006.

Grazie a questi dati, più volte in questi 33 anni i medici si sono schierati in difesa di una legge che “dimostra tutta la solidità e la modernità del suo impianto tecnico-scientifico, giuridico e morale”, come ha affermato la Federazione degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) in un documento del 2008.
Inutile dire che questa legge è in larga parte inattesa soprattutto per quanto riguarda “il diritto alla procreazione cosciente e responsabile” e “le informazioni relative alla regolazione delle nascite”. Se la legge fosse applicata e le donne fossero informate sulla contraccezione, come prevede la legge, gli aborti praticamente sparirebbero.
Ma i religiosi e i loro cani da guardia che scrivono sui giornali ed appaiono in televisione, non vogliono una sessualità sganciata dalla riproduzione. Vogliono che gli esseri umani si comportino come gli animali che si accoppiano solo quando sono in estro. La Chiesa cattolica vuole angoscia e disperazione perché è lì che affonda la sua mostruose fauci che dilaniano i corpi e la psiche della donne che ancora non si sono liberate dall’alienazione religiosa. La Chiesa va ripetendo da secoli che, per colpa della sua antenata Eva, la donna dovrà partorire nel dolore, e, in Italia, si dicentivano metodologie come l’epidurale, per alleviare la sofferenza delle donne nel parto.
Questa è l’ideologia dalla Chiesa cattolica: un odio profondo per le donne, annullate da coloro che rinunciando ad una sana sessualità, non possono far altro che odiarle, volere la loro sofferenza e non accettare la loro identità umana e femminile.

È ora di dire, prima che sia troppo tardi – e dopo i due discorsi politici e teologici, fatti guarda caso quasi contemporaneamente, è già tardi – che un essere umano che rinuncia ad un rapporto di realizzazione che comprenda anche la realizzazione dell’altro da sé, umana, e quindi sessuata, ha dei gravi problemi psichici. Prova ne sono gli accadimenti che vedono preti che violentano i bambini e politici che comprano ed usano la donne come fossero cessi nei quali orinare. Sono due facce della stessa medaglia, coniata con l’odio per l’identità femminile.
Per ora ci sono leggi e donne, e uomini, pochi, di rango umano, che difendono la l’identità femminile da depravati in gonnella e doppio petto. Forse è per questo che questo discorso papale è stato, tutto sommato, poco pubblicizzato da televisioni e giornali.
Ma queste leggi e queste donne vanno tutelate e protette da tutta la società civile, da coloro che vogliono le donne o madonne o puttane.

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe