2013 l’anno delle donne che combattono per i propri diritti, primo fra tutti esistere

ROMA – Questo 2013 lo vogliamo ricordare come l’anno delle donne. Donne che protestano contro chi le vuole discriminare, che alzano la testa a chi le vuole succubi, che raccontano a chi le vuole mute. Donne che combattono per i propri diritti, primo fra tutti esistere.

Dal diritto alla libertà di scegliere, ad un  lavoro dignitoso fino alla lotta contro il femminicidio, le donne sono state le protagoniste del 2013. Sono centinaia le azioni di protesta, ne ricordiamo alcune.

Madrid dietrofront sull’aborto, le donne contro

In questi giorni a Madrid centinaia di donne sono scese in piazza per protestare contro  la volontà del governo Rajoy di modificare la legge esistente sull’aborto, in vigore dal 1985. Modificata nel 2010 dalla maggioranza progressista di José Luis Rodriguez Zapatero, pose la legislazione spagnola all’avanguardia in Europa. Un vero e proprio dietrofront che se dovesse passare porterebbe la spagna indietro di 30 anni.

L’interruzione di gravidanza sarebbe consentita solo in caso di stupro o gravi anomalie per il feto e per i medici che ne violino i diktat un reato.  Immediate le reazioni delle donne che considerano la proposta di legge un errore che mette a rischio le donne che continuerebbero ad abortire illegalmente e un colpo di spugna sul diritto di scegliere conquistato con anni di lotte.

 

2013 anno di sangue . Oltre 130 i casi di femminicidio in Italia

Insieme al diritto di scegliere e contro la violenza, le donne rivendicano il diritto ad un lavoro dignitoso.

Il 25 novembre si è tenuta la giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Il 2013 in Italia è stato un anno di sangue. Secondo i dati raccolti dall’UDI e la casa delle donne per non subire violenza di Bologna solo nell’ultimo anno sono 130 i casi di femminicidio. 

La maggior parte delle violenze di genere si consuma nel “rassicurante” ambiente domestico ad opera di persone conosciute: mariti, fidanzati, amanti, padri, fratelli, amici e colleghi. Secondo l’Unione Sindacale di Base, molto attiva nella rivendicazione dei diritti delle donne, nei posti di lavoro, il femminicidio non è frutto di un raptus, ne la manifestazione di una patologia e segue il macabro copione di un’escalation di episodi via via sempre più gravi; ha un andamento costante ed è trasversale alle classi sociali; il grado di istruzione degli autori è generalmente elevato; la maggior parte dei femminicidi avviene nel nord Italia e vede protagonisti per oltre il 70% dei casi uomini italiani.

Basterebbero queste poche righe – frutto del prezioso e continuo monitoraggio condotto dai Centri Antiviolenza e dalle Associazioni femministe – per sfatare la maggior parte degli stereotipi e dei luoghi comuni legati alla violenza di genere e a rendere ridicoli i coltivatori di  pulsioni securitarie.  

Il femminicidio – i cui lugubri e sottostimati numeri sono inchiodati da anni- è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno di ben più enorme vastità che vede 10 milioni di donne tra i 16 e i 70 anni vittime di abusi fisici e psicologici; tra queste circa un milione ha subito stupri o tentati stupri e il 14,3% è stata vittima di violenze da parte del partner. 

1 donna ogni 2 giorni e mezzo viene uccisa prevalentemente per mano del partner e, principalmente, a causa dell’incapacità di quest’ultimo di accettarne le scelte di autonomia.

La violenza contro le donne è un fenomeno strutturale che origina dagli squilibri nei rapporti di genere, che si alimenta nei rapporti di potere presenti all’interno della relazione, che parla della volontà di controllo, dominio, possesso degli uomini sulle donne.

Non è perciò strano che la maggior parte delle vittime di violenza siano donne che cercano, anche attraverso il lavoro, di percorrere la faticosa strada dell’indipendenza e dell’autonomia- continua il sindacato nel suo editoriale scritto in occasione del 25 novembre

 

L’assenza di lavoro o la presenza di un lavoro dequalificato e precario, la mancanza di politiche di protezione sociale, sul reddito e sulla casa, i tagli e la crescente difficoltà d’accesso ai servizi pubblici se non sono responsabili delle violenze in se lo sono sicuramente nell’impossibilità di rendere praticabili percorsi di affrancamento da essa.

Le risposte ad un fenomeno strutturale non possono essere emergenziali e repressive ne è, d’altra parte, minimamente sufficiente che alte cariche dello Stato facciano appello ad un generico senso di sobrietà e dignità nella rappresentazione mediatica delle donne.

 

Per l’Unione Sindacale di Base la risposta deve partire dallo stato: Servizi pubblici, reddito sociale come diritto soggettivo e non “familiare”, casa e lavoro; educazione scolastica, strutture sanitarie – a cominciare dal diritto ad avere consultori e centri per l’interruzione volontaria di gravidanza senza obiettori; formazione di operatori sociali, sanitari e del diritto.

Riconoscimento e finanziamento dei Centri Antiviolenza, troppo spesso unico argine e rifugio per quante coraggiosamente cercano di uscire dalle violenze.

 

Fenomeno Femen

 

Nasce nel 2008 a Kiev contro il turismo sessuale, il sessismo e altre discriminazioni sociali, è diventato famoso in quest’ultimo anno trovando consenso in tutto il mondo. Durante le manifestazioni, le attiviste usano il proprio corpo come un dazebao su cui rivendicare i propri diritti.

 

In questi ultimi anni si è parla molto del corpo di donna. Ci siamo abituati e forse anche assuefatti all’idea di un uso e consumo della nudità femminile, una mercificazione che umilia e svilisce il concetto stesso di donna.

Un modello, tipico di questa epoca grigia, in cui tutto appare soggetto al consumismo sfrenato. Siamo eredi e vittime di un meccanismo in cui dietro un’ipocrisia di fondo le donne continuano a vivere e subire la società maschilista. Questo chiaramente in alcuni paesi accade molto più di altri, ma l’attacco alla donna e alla sua dignità è tresversale.

 

Come rispondono a tutto questo le donne? Si spogliano!

Si spogliano e manifestano il loro dissenso, rompendo il muro di silenzio sulla condizione delle donne, con lo stesso modello utilizzato dalla società.  E a quanto pare, ci riescono.

Femen- cosi si chiama il movimento di donne che protestano in topless- in poco tempo è riuscito a destare l’attenzione di media e opinione pubblica, suscitando l’ interesse generale su temi importanti che riguardano la donna, dal diritto all’aborto, alla discriminazione di genere agli abusi sessuali, alla violenza.

 

 

A chi combatte con coraggio per i diritti e la dignità, a chi ha perso la vita e lascia al mondo un’importante eredità.

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