Processo agli attivisti di EveryOne Group: assolti perché il fatto non sussiste

“Siamo soddisfatti,” commentano i tre difensori dei diritti umani, “ma riteniamo che solo il dialogo fra attivisti, medici, operatori sociali e autorità possa aiutare la società a crescere sotto il profilo civile. Le liti, l’incomunicabilità, gli scontri nelle aule giudiziarie si consumano sulla pelle dei più deboli e rendono sempre più virale il problema dell’intolleranza”

 

MILANO – Ieri si è tenuto, presso il Tribunale di Milano, il processo penale nei confronti dei difensori dei diritti umani Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, fondatori di EveryOne Group, organizzazione internazionale per i diritti umani. Gli attivisti erano imputati di diffamazione aggravata a seguito della loro pubblica denuncia contro il rifiuto da parte di un istituto ospedaliero di prestare cure a una paziente Rom gravemente malata. Il nuovo processo contro di loro aveva suscitato grande preoccupazione da parte dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e delle principali organizzazioni che tutelano la missione degli operatori umanitari nel mondo: per la terza volta, infatti, Malini, Pegoraro e Picciau sono citati quest’anno quali “vittime di persecuzione giudiziaria” nel Rapporto dello Special Rapporteur delle Nazioni Unite sui Difensori dei Diritti Umani. Nell’udienza di ieri, i tre imputati hanno scelto di rispondere alle domande del pubblico ministero e dell’avvocato difensore esponendo, con orgoglio e senza lasciare spazio ad ambiguità, la natura umanitaria e civile della loro azione a difesa del diritto alla salute effettuata nel luglio 2008. Hanno parlato di come il lavoro di EveryOne Group si ispiri alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e alla Carta dei diritti fondamentali della persona nell’Unione europea. Della discriminazione ed esclusione che colpiscono le famiglie rom, private troppo spesso di fronte alle istituzioni dei loro diritti primari. L’avvocato Paola Pasquinuzzi del foro di Firenze ha difeso gli attivisti con grande efficacia, sostenendo la loro scelta coraggiosa di trasformare un’udienza penale in un dibattito civile nel corso del quale sono stati toccati i temi più importanti legati alla difesa dei diritti umani e alla disparità di trattamento che alcune minoranze ricevono da parte delle autorità. I testimoni, fra cui un giovane rom, sono stati fondamentali per la ricostruzione delle dinamiche dell’episodio in oggetto. Dopo quasi sei anni di indagini, udienze e rinvii, gli attivisti sono stati assolti con formula piena, perché il fatto non sussiste. Al termine dell’udienza, Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau erano visibilmente soddisfatti. “Accogliamo con soddisfazione una sentenza che riconosce il valore del nostro lavoro umanitario e contemporaneamente la grave discriminazione che affligge il popolo rom,” hanno commentato, “ma riteniamo che solo il dialogo instancabile fra difensori dei diritti umani, medici, operatori sociali e autorità possa aiutare la società a crescere sotto il profilo civile. Le liti, l’incomunicabilità, gli scontri nelle aule giudiziarie si consumano sulla pelle dei più deboli e rendono sempre più virale il problema dell’intolleranza. E’ necessario trarre giovamento da questo episodio e voltare finalmente pagina. Medici e infermieri devono recuperare il profondo significato della loro missione, riassunto mirabilmente nel Giuramento di Ippocrate, e considerare come un arricchimento l’esperienza che gli attivisti umanitari, sempre a contatto con le minoranze emarginate, sono in grado di offrire loro”.

 

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