Sanità: la bozza del Patto per la Salute discrimina i malati. La denuncia delle Associazioni del CSA

 

 

La lettera al Presidente della Repubblica e al Governo: “A tutti i malati deve essere assicurato il diritto concreto alle cure sanitarie e socio-sanitarie domiciliari, semi-residenziali e residenziali”

ROMA – L’accordo Governo-Regioni per il Patto della salute è in contrasto con le leggi  vigenti e i Livelli essenziali di assistenza. Subordinando le cure alla disponibilità 
di risorse, nega di fatto il diritto alle prestazioni socio-sanitarie agli anziani malati  cronici, alle persone colpite da demenza senile, ai disabili, ai soggetti con 
problemi psichiatrici. Le associazioni del Csa sono pronte a presentare ricorso contro il decreto di approvazione del Patto e richiedono che per tutti i malati, compresi quelli inguaribili, ma sempre curabili, i percorsi di cura siano garantiti  nel rispetto delle norme vigenti e senza limiti di durata o di risorse.

Sta generando un diffuso e vivissimo allarme nelle associazioni aderenti al Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base) ed in altre realtà che si 
occupano di tutela dei diritti delle persone malate e/o disabili e non autosufficienti, la  Bozza del Patto della salute 2014-2016 predisposta dal Governo, che ha contenuti discriminatori nei confronti delle persone non autosufficienti. Infatti, all’articolo 6 “Assistenza socio sanitaria”, commi 1 e 2, il documento afferma che «le attività indicate al presente articolo sono effettuate nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente per gli ambiti di intervento individuati nei successivi commi» e che «le Regioni disciplinano i principi e gli strumenti per l’integrazione dei servizi e delle attività sanitarie, sociosanitarie e sociali, particolarmente per le aree della Non Autosufficienza, della disabilità, della salute mentale adulta e dell’età evolutiva, dell’assistenza ai minori e delle dipendenze e forniscono indicazioni alle Asl ed agli altri enti del sistema sanitario regionale per l’erogazione congiunta degli interventi, nei limiti delle risorse programmate per il Ssr e per il Sistema dei servizi sociali per le rispettive competenze». 

Rileviamo con estrema preoccupazione che tali indicazioni sono discriminanti per le persone malate sopra indicate (spesso si tratta di soggetti con esigenze sanitarie superiori ai malati acuti e che già oggi, nella fase di lungoassistenza, compartecipano al costo delle prestazioni socio-sanitarie): solo per loro, e per nessun altro malato, viene istituito un tetto di spesa in palese contrasto con gli articoli 1 e 2 della legge 833/1978 che sanciscono che «il Servizio sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio» e che obbligano il Servizio sanitario nazionale a provvedere alla «diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali che ne siano le cause, la fenomenologia e la durata».



Se il documento verrà approvato con tali disposizioni, alcune associazioni del Csa –Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di base – hanno annunciato in una lettera inviata al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri, alGoverno e alle Regioni che ricorreranno alla magistratura contro il Patto.
Una corretta organizzazione delle cure sanitarie e socio-sanitarie (prestazioni domiciliari, semiresidenziali e residenziali previste dai Lea) richiede alle istituzioni preposte di operare in modo che a tutte le persone malate, nessuna esclusa, e quindi anche quelle colpite da patologie croniche invalidanti e/o da gravi disabilità e da non autosufficienza, sia assicurato il diritto pienamente e immediatamente esigibile alle cure sanitarie e socio-sanitarie secondo quanto stabilito dalle norme vigenti: articolo 32 della Costituzione, la sopracitata legge 833/1978, i Lea socio-sanitari (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001 “Definizione dei livelli essenziali di assistenza”, le cui norme sono cogenti in base all’articolo 54 della legge 289/2002).
Anche la giurisprudenza in merito è chiara: nella sentenza n. 36/2013 la Corte costituzionale ha precisato che «l’attività sanitaria e socio-sanitaria a favore di anziani non autosufficienti è elencata tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001». Nella stessa sentenza la Corte costituzionale ha definito non autosufficienti le «persone anziane o disabili che non 
possono provvedere alla cura della propria persona e mantenere una normale vita di relazione senza l’aiuto determinante di altri».
Si tratta, lo ribadiamo ancora una volta, di soggetti con gravi patologie, colpiti da disabilità e non autosufficienza, (che in ragione della loro condizione hanno diritto agli interventi socio sanitari), non di fronte a soggetti, come spesso vengono definiti genericamente, anche per negare loro le prestazioni, “fragili”.

 

 

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