Crisi, suicidi raddoppiati tra 2012-2014, lo Stato agisca

ROMA – La crisi economica continua a mietere vittime, a provocare disagio e disperazione. A dirlo è uno studio di Link Lab,il Laboratorio di Ricerca Socio-Economica dell’Università degli Studi Link Campus University, che da anni monitora la situazione.

Tra il 2012 e il 2014 i suicidi risultano pressoché raddoppiati, infatti sono 439 le persone che si sono tolte la vita per motivi economici. Quasi la metà, ovvero il  45% sono imprenditori e il 42% disoccupati. Il picco massimo è stato raggiunto nel 2° trimestre del 2014.  Raddoppiato rispetto al 2012 anche il numero dei tentati suicidi.Una leggera inversione di rotta si registra solo negli ultimi mesi dello scorso anno.

Dopo sette anni di crisi “è come una pentola a pressione che è scoppiata: è vero, ci sono segnali di ripresa ma in questi anni si è accumulata troppa tensione e ora emergono i primi segnali”. Così Nicola Ferrigni, docente di Sociologia della Link Campus University e direttore di Link Lab, autore dello studio sui suicidi per crisi economica. E poi “C’è una tensione latente ancora alta”, –  aggiunge Ferrigni, –  ricordando l’incremento dei casi di ‘suicidio economico’: “Siamo passati dagli 89 del 2012 ai 209 del 2014, e va tenuto conto che si tratta solo di casi di suicidio ‘verificati’. C’è poi anche un alto numero di morti ‘oscure’, che non vengono classificate come suicidi ma che sarebbero legate alla crisi economica”. “Il dato che sorprende – osserva ancora Ferrigni – è che il fenomeno è ormai trasversale a livello geografico: un tempo il picco era nel NordEst, oggi invece al Sud, al Centro e al Nord le percentuali sono le stesse. E se un tempo il fenomeno riguardava praticamente solo gli imprenditori oggi quasi la metà dei suicidi sono di lavoratori”.

A far scoppiare questa ‘pentola a pressione’ – spiega infine Ferrigni – “c’è un livello di pressione fiscale elevatissima, ma anche la lentezza sia delle procedure fallimentari che nella riscossione del credito”. Una lentezza della giustizia che – conclude – “è una macchia nera che grava da sempre sull’Italia, e ora, come sul fronte della pressione fiscale, bisogna davvero che lo Stato faccia qualcosa”.

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