Stop alla carneficina della balene. La petizione

ROMA – Ogni anno, da secoli, nelle isole Faroe – arcipelago nell’Oceano Atlantico, nazione costitutiva del Regno di Danimarca – vengono uccise intere famiglie di balene in uno spettacolo tradizionale crudele e sanguinario. 

Gli abitanti dell’isola spingono gli animali nelle insenature della costa e questi, trovandosi incastrati, raggiungono la spiaggia. Altre volte sono gli uomini, mediante un uncino, a trascinarli fino alla riva. Qui, comunque vi arrivino, vengono uccisi, sotto gli occhi di tanti spettatori, bambini inclusi.
Questa “pesca” è chiamata “Grindadráp”, parola faroese tradotta come “caccia alle balene”, ma che in realtà significa proprio “mattanza”: gli animali – che per la precisione sono globicefali, una particolare specie di cetacei molti simili ai delfini, classificati come “rigorosamente protetti” dalla Convenzione per la Conservazione della natura e degli habitat naturali – vengono accerchiati e poi letteralmente sgozzati con arpioni e lame affilate. 
È ora di dire basta a questa tradizione inutile e crudele. Le Isole Faroe, attraverso la Danimarca, ricevono peraltro sussidi dall’Europa e non è accettabile che nonostante le leggi e le convenzioni europee che vietano pratiche di questo tipo la Grindadráp continui a svolgersi.
L’Italia si è sempre espressa in tutte le sede internazionali contro la caccia alle balene e per la difesa di grandi cetacei. L’Ambasciatore italiano a Tokyo ha più volte inoltrato protesta formale presso il governo giapponese per la orribile mattanza dei delfini nella baia di Taiji nel sud dell’arcipelago nipponico.
Chiediamo quindi all’Ambasciatore italiano presso il Regno di Danimarca, competente anche per le Isole Faroe, di impegnarsi per un intervento presso il governo autonomo delle Isole Faroe per rappresentare le posizioni italiane in materia di difesa dei cetacei e anche la richiesta di tanti cittadini italiani di abolire questa mattanza: una strage che contrasta con le scelte internazionali di tutela della biodiversità marina e con la crescente opposizione delle opinioni pubbliche mondiali verso pratiche crudeli.

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