Rifiuti, cemento e grandi opere: le radici delle ecomafie al Nord

La criminalità ambientale non conosce crisi e trova terreno fertile nell’economia del Nord del Paese: nell’ultimo anno 5608 reati accertati, 1432 sequestri, 6152 denunce e 30 arresti. La Liguria è la prima regione del Nord per crimini contro l’ambiente. Lombardia al top per le indagini sulla corruzione

ROMA – Se la Liguria è la prima regione del Nord per illeciti ambientali con 1526 infrazioni accertate e la Lombardia con 419 denunce e 262 infrazioni primeggia nel ciclo illecito del cemento, Piemonte, Veneto e Emilia Romagna non vengono risparmiate dalle ecomafie che prediligono rifiuti e cemento. E’ questo lo spaccato sulla criminalità ambientale al Nord presentato oggi a Torino da Legambiente a Fa’ la cosa giusta! nel corso del convegno “Ecomafie al Nord. Conoscere i sintomi per creare anticorpi” alla presenza di Enzo Lavolta, assessore Ambiente Comune di Torino, Piero Magri, Fa’ La Cosa Giusta!, Fabio Dovana, presidente Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, Laura Biffi, Osservatorio Ambiente e Legalità Legambiente Onlus, Maria José Fava, Libera Piemonte, Alberto Vannucci, Università di Pisa, Daniele Buttignol, segretario generale Slow Food, Roberto Iovino, Flai CGIL, Gianni De Podestà, Corpo Forestale dello Stato, Raffaele Guariniello, Procura della Repubblica di Torino, Enrico Fontana, segreteria Legambiente Onlus.

Le ecomafie dunque non conoscono crisi e, come sempre più inchieste testimoniano, non sono certo prerogativa del Sud Italia perchè hanno trovato terreno fertile nell’economia del Nord del Paese: Minotauro, San Michele, Mose, sono solo alcune delle grandi inchieste che hanno acceso i riflettori sulla presenza degli ecocriminali al Nord.

“Le ecomafie in questi territori non sono una novità – dichiara Laura Biffi dell’Osservatorio Ambiente e legalità di Legambiente – anzi appaiono ben radicate da almeno 30 anni. Che gli appalti, specie nel ciclo del cemento, e il perverso rapporto voti-favori con la politica locale fossero diventati il core business delle famiglie mafiose in Lombardia, in Piemonte, in Emilia Romagna era noto. Solo che, a Torino come a Milano, mancavano ancora le indagini e le sentenze. Oggi invece è chiarissimo che i centri commerciali che consumavano suolo agricolo e periurbano nei primi anni ’80 fossero operazioni immobiliari che coinvolgevano le imprese della mafia, criminalità organizzata ben inserita nella ricca economia della Pianura Padana attraverso un radicato sistema di relazioni pericolose tra politica e boss a base di corruzione, appalti truccati e speculazioni edilizie”.

Nel complesso, nelle regioni del Nord solo nell’ultimo anno si sono registrati ben 5608 episodi di criminalità ambientale, che hanno portato a 1432 sequestri, 6152 denunce e 30 arresti.

Una buona parte degli illeciti si concentrano nel ciclo del cemento, con 1097 infrazioni, e in quello dei rifiuti con 1376 illeciti. Alla crescita dell’economia ecomafiosa che, come racconta il rapporto Ecomafia 2015 è aumentata su base nazionale di 7 miliardi di euro rispetto all’anno precedente raggiungendo la ragguardevole cifra di 22 miliardi, contribuisce in modo eclatante anche il settore dell’agroalimentare, con un fatturato che ha superato i 4,3 miliardi di euro. Un’attenzione particolare al Nord va anche posta al ruolo delle grandi opere quali Tav e Terzo Valico e alle possibilità d’infiltrazione della ‘ndrangheta. Le mafie infatti si muovono nella cosiddetta “zona grigia”, quella dell’illegalità legalizzata. Lo testimonia ad esempio il numero contenuto di abusi edilizi in regioni come il Piemonte o la Lombardia e al tempo stesso le tantissime case costruite dove non si dovrebbe, con modifiche ad hoc ai piani regolatori. Senza dimenticare che nel Nord si concentrano gli appalti più economicamente appetibili.

“Un aiuto determinante al contrasto dei fenomeni ecomafiosi è arrivato dalla recente approvazione, dopo 21 anni di battaglie, della legge sugli ecoreati che introduce finalmente nel codice penale uno specifico Titolo dedicato ai delitti contro l’ambiente – dichiara Enrico Fontana della Segreteria nazionale di Legambiente -. Uno strumento fondamentale per combattere anche quella zona grigia, dove impera la corruzione che è diventata il principale nemico dell’ambiente a causa delle troppe amministrazioni colluse, degli appalti pilotati, degli amministratori disonesti e della gestione delle emergenze che consentono di aggirare regole e appalti trasparenti. La corruzione può servire per ottenere un determinato provvedimento o più semplicemente per far voltare dall’altra parte l’occhio vigile del funzionario, l’ultimo e traballante anello di una lunga catena di legalità. C’è bisogno allora dell’applicazione della legge sugli ecoreati, ma anche di un complessivo cambio di passo: la buona politica e un sistema di controlli efficace sono il miglior antidoto per debellare le ecomafie, ecco perché auspichiamo che nei prossimi mesi sia varata la legge di riforma del sistema delle agenzie ambientali, ancora ferma in Parlamento, e si metta mano alla Legge Obiettivo e alla nuova regolamentazione degli appalti”.

Che gli appalti pubblici nel settore ambientale siano tra quelli più esposti alla corruzione e alla criminalità viene testimoniato dai dati. Sono ben 233 le inchieste ecocriminali in cui la corruzione ha svolto un ruolo cruciale, concluse con l’arresto di 2.529 persone e la denuncia di 2.016, grazie al contributo di 64 procure di diciotto regioni. La Lombardia è la prima regione dove il fenomeno corruttivo si è maggiormente diffuso con 31 indagini, seguita subito dopo dalla Sicilia con 28 inchieste, la Campania con 27, il Lazio con 26 e la Calabria con 22. Dal Mose di Venezia ad alcuni cantieri dell’alta velocità, dai grandi eventi alle ricostruzioni post terremoto, dalla gestione dei rifiuti all’enogastronomia e alle rinnovabili, il fenomeno è purtroppo nazionale e vede spesso protagonisti pseudo imprenditori senza scrupoli che continuano a danneggiare ambiente e collettività anche con i costi del mancato trattamento dei loro scarichi.

Per contrastare gli ecocriminali per Legambiente è necessario intensificare i controlli sui cantieri delle opere pubbliche attraverso la costruzione di commissioni di controllo specifiche, cancellare il general contractor, stringere le maglie sui subappalti nei cantieri ma anche riducendo, ripensando e valutando bene l’elenco delle opere strategiche per la collettività. L’associazione ambientalista traccia la via d’uscita dal sistema delle grandi opere, partendo innanzitutto dall’approvazione della Delega Appalti che cancella la Legge Obiettivo, provvedimento nato per far ripartire la costruzione delle opere pubbliche in Italia dopo Tangentopoli e per fermare (i tante volte ricordati) veti da parte di Enti Locali e ambientalisti, che ha portato invece a investimenti sbagliati, deregulation dei procedimenti autorizzativi, lievitazione dei costi e ritardi nei lavori. Una legge che ha visto nella costruzione di nuove strade, autostrade e grandi opere la priorità infrastrutturale, dimenticandosi del trasporto pendolare e dei grandi nodi urbani, in cui si concentra la domanda di mobilità e la produzione di CO2 e di inquinanti atmosferici. Per Legambiente bisogna fermare immediatamente i progetti e i cantieri di grandi opere inutili come il Terzo Valico e l’alta velocità Torino-Lione, ed azzerare i finanziamenti pubblici alle autostrade, a maggior ragione dopo l’emersione del “sistema Incalza” e il fallimento annunciato della BreBeMi.

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