Vino. Il 17 marzo 1986 scoppiava il caso del metanolo

ROMA – Il 17 marzo del 1986 l’Italia veniva sconvolta da un grande scandalo nazionale del settore agroalimentare, quello del metanolo che provocò 23 vittime con decine di persone con lesioni gravi a causa delle intossicazioni causate dalla pratica di “dopare” il vino, col metanolo, un alcool naturale che, aumentato dolosamente, provoca danni permanenti, portando anche alla morte.

Lo ricorda la Coldiretti nel sottolineare che da allora si è verificata una vera rivoluzione nel mondo del vino che ha conquistato posizioni di leadership a livello mondiale puntando sulla qualità legata al territorio, anziché sulla quantità a basso prezzo.

La produzione di vino italiano negli ultimi trent’anni è scesa del 38%, passando da 76,8 a 47,4 milioni di ettolitri che hanno però permesso la conquista del primato mondiale davanti ai cugini francesi mentre l’export è cresciuto quasi sette volte, da 800 milioni a 5,4 miliardi ed il fatturato è passato da 2,5 miliardi di euro a 9,1 miliardi, secondo una analisi Coldiretti/Symbola. Il risultato – sottolinea la Coldiretti – è anche che il calo della produzione è stato accompagnato da una crescente attenzione alla qualità con il primato dell’Italia in Europa per numero di vini con indicazione geografica (73 DOCG, 332 DOC e 118 IGT). Se nell’1986 la quota di vini DOC e DOCG era pari al 10% della produzione, oggi è pari al 35%, e se si considerano anche i vini IGT, categoria nata dopo l’86, si arriva al 66%, in altre parole i 2/3 delle bottiglie.

Oggi nel mondo – precisa la Coldiretti – 1 bottiglia di vino esportata su 5 è fatta in Italia che si classifica come il maggior esportatore mondiale. “Quello che è accaduto per il vino italiano rappresenta una straordinaria metafora del passaggio in corso in tutto il sistema produttivo agroalimentare italiano, da un’economia basata sulla quantità ad un’economia che punta invece su qualità e valore”, afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “è altamente simbolico che i luoghi in cui nacque lo scandalo del metanolo producano oggi vini straordinari e i loro paesaggi sono stati inseriti nei siti Unesco. Anche se molto resta da fare il mondo del vino e dell’agroalimentare Made in Italy – precisa Moncalvo – hanno saputo infatti risollevarsi: scommettendo sulla sua identità, sui legami col territorio, sulle certificazioni d’origine”.

Allo scandalo del vino al metanolo si deve una vera svolta nelle attività di controllo con la conquista da parte dell’Italia della leadership nella qualità e nella sicurezza alimentare. Sono oltre centomila i controlli effettuati dalle forze dell’ordine nel 2015 dal campo allo scaffale a seguito di una attività quotidiana e capillare tra il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute (Nas), Nuclei Antifrodi Carabinieri (NAC) del Ministero delle Politiche Agricole e Alimentari, lo SCICO-GDF, il Corpo Forestale ora confluito nel Comando Unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell’Arma e l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, ora oggi ICQRF, che è stato istituito proprio a  seguito dello scandalo del metanolo.

Vennero infatti subito assunti una serie di provvedimenti d’urgenza destinati a rendere più efficace l’azione di prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari. Tra i quali il D.L. 18 giugno 1986 n. 282 recante Misure urgenti in materia di prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 1986 n.462 (tuttora vigente) con la quale si istituisce l’anagrafe vitivinicola su base regionale destinata a raccogliere per ciascuna delle imprese che producono, detengono, elaborano e commercializzano uve, mosti, mosti concentrati, vini, vermouth, vini aromatizzati e prodotti derivati, i dati relativi alle rispettive attività. Sono potenziati, inoltre – conclude la Coldiretti – i servizi di controllo aumentando gli organici dei NAS, gli uffici periferici delle dogane e si istituisce presso l’allora Ministero dell’agricoltura e delle foreste, l’Ispettorato Centrale Repressione Frodi (oggi ICQRF) articolato in uffici interregionali, regionali e interprovinciali.

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