Istat. In Italia non ci si sposa più, rispuntano i bamboccioni

ROMA – La generazione dei ‘bamboccioni’ non molla: nel 2014 più di 6 giovani su 10 (62,5%) tra i 18 e i 34 anni hanno vissuto ancora a casa con i genitori. Lo evidenzia il Rapporto 2016 dell’Istat, sottolineando che il dato ha riguardato nel 68% dei casi i ragazzi e nel 57% le ragazze. Nel contesto europeo l’Italia si schiera quindi in pieno con le medie dei paesi mediterranei (“dove i legami sono ‘forti'”), a fronte di una media Ue del 48,1%.

L’Istituto di statistica certifica inoltre come il divario temporale tra il distacco dalla casa dei genitori e la prima unione (quasi sempre il primo matrimonio) sia aumentato nel

corso delle generazioni. Le libere unioni tuttavia non sono solo un preludio alle nozze, ma anche forme di unione alternative al matrimonio classicamente inteso.

Insomma i numeri parlano chiaro. Nel 2015 vive ancora in famiglia con il ruolo di figlio il 70,1% dei ragazzi di 25-29 anni e il 54,7% delle coetanee, percentuali in decisa crescita rispetto a venti anni prima (rispettivamente 62,8% e 39,8%). A rilevarlo è il Rapporto 2016 dell”Istat. La prolungata permanenza dei giovani nella famiglia di origine è dovuta a una serie di fattori, tra cui l”aumento diffuso della scolarizzazione e l’allungamento dei tempi formativi, le difficoltà di ingresso nel mondo del lavoro e la condizione di precarietà, gli ostacoli a trovare un”abitazione. 

L’istituto del matrimonio sembra in declino fra le generazioni più recenti. La propensione a sposarsi la prima volta è in forte calo perché l’evento è posticipato verso età più mature: nel 2014 l’età media al primo matrimonio è arrivata a 34,3 anni per gli sposi e a 31,3 per le spose. Particolarmente esplicativo è il caso delle donne che a 30 anni non hanno ancora lasciato la famiglia di origine, oltre 2,7 milioni, rappresentano più dei due terzi delle trentenni, cresciute di 48 mila unità fra il 2008 e il 2014. Nel contempo sono diminuite di circa 41 mila unità le spose alle prime nozze tra 18 e 30 anni. 

Il numero medio di figli per donna calcolato per generazione continua a decrescere senza soluzione di continuità. Si va dai 2,5 figli delle donne nate nei primissimi anni Venti (cioè subito dopo la Grande Guerra), ai 2 figli per donna delle generazioni dell”immediato secondo dopoguerra (anni 1945-49), fino a raggiungere il livello stimato di 1,5 figli per le donne della generazione del 1970. La recente diminuzione della fecondità è in gran parte da attribuire al rinvio delle nascite. La posticipazione riguarda tutte le tappe del ciclo di vita. Ad esempio, è diventata nonna entro il cinquantacinquesimo compleanno il 38,2% delle nate prima del 1940 contro il 30% delle nate nei primi anni Cinquanta. Sul fronte maschile, i nonni entro i 60 anni sono il 38,7% fra i nati prima del 1940 e il 33,1% tra i nati del periodo 1945-49. In media, si diventa nonni a 54,8 anni. Anche se non si vive più sotto lo stesso tetto i rapporti tra nonni e nipoti rimangono ben saldi nel tempo. Cresce anzi il ruolo attivo dei nonni: l”affidamento dei nipoti fino a 13 anni li coinvolge nell”86,9% dei casi.  22

  

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