Immunodeficienza congenita, all’Università di Firenze i diritti commerciali del test Meyer

La Regione ha già incluso anche questo test negli screening neonatali

FIRENZE – Se c’è una regione che può certo dirsi virtuosa per la sua attenzione ai bambini e  alla loro salute, soprattutto quando può essere minacciata da insidiose malattie rare, questa è certo la Toscana. Un sistema che funziona e capace di dare frutti grazie ad un’azione altamente sinergica tra istituzioni, servizi sanitari e università. Ne è un esempio il fatto che i diritti commerciali del test neonatale per l’immunodeficienza congenita, messo a punto da ricercatori del Meyer, siano stati ceduti all’Università di Firenze così da fare da volàno ad ulteriori ricerche e che, contemporaneamente, la Regione abbia inserito questo testa tra quelli che, grazie al sistema della spettrometria di massa, vengono garantiti ad ogni nuovo nato della Regione.

ll motivo per cui questi screening neonatali sono estremamente utili è semplice. Quando nasce un bambino la prima preoccupazione è sempre sapere se sta bene. Può darsi, come accade in alcune malattie rare, che all’inizio nulla faccia pensare ad una anomalia. Eppure può essere che un male ci sia. A volte lentamente, a volte in pochi giorni, la malattia comincia a produrre danni, che possono essere tali da indurre una grave invalidità permanente, a volte anche da provocare la morte. Danni che potrebbero in molti casi essere scongiurati cominciando subito le terapie a disposizione; per farlo però serve individuare subito la malattia. Proprio a questo servono i test neonatali, cioè quelli che si fanno nelle prime ore successive alla nascita, proprio come quello per l’individuazione della immunodeficienza congenita dovuta al difetto di adenosina-deaminasi messo a punto al Meyer di Firenze e che ora viene utilizzato in moltissimi paesi del mondo. Ne abbiamo accennato due giorni fa ma ci sembra utile tornare sull’argomento per spiegare qualche cosa di più di questo test che nella regione Toscana, eccellenza da questo punto di vista, viene già fatto su tutti i nuovi nati.

“Immaginate un neonato all’apparenza perfetto, sano sotto ogni profilo – spiega Chiara Azzari professore associato di Pediatria generale e specialistica dell’Università di Firenze -. Un bambino che però, quando le difese materne vengono meno, a pochi mesi dalla nascita, è aggredibile da qualsiasi germe sia presente nell’ambiente. Germe che per chi è privo di difese immunitarie causa complicazioni gravissime quali l’encefalite, la sepsi, la poliomielite e malattie gravissime il cui insorgere provoca danni permanenti e irreversibili per il resto della sua vita. Un difetto metabolico che grazie alle terapie enzimatiche sostitutive, a quelle geniche e al trapianto di midollo, è perfettamente curabile. Proprio per evitare di arrivare alla manifestazione con irreparabile danno, ci siamo chiesti cosa era possibile fare per sviluppare un test precoce, da fare subito, alla nascita”.
Da questa riflessione nasce il test, frutto della ricerca che è stata resa possibile dal finanziamento che Regione Toscana ha stanziato mediante il bando Salute 2009.

“Il test che abbiamo sviluppato – spiega Giancarlo La Marca ricercatore del Dipartimento di Farmacologia preclinica e clinica dell’Università di Firenze – non richiede sofisticate apparecchiature medico-scientifiche ma si avvale della Spettrometria di Massa già utilizzata per lo screening neonatale della Regione Toscana. Il test non richiede poi reagenti particolari, né personale di laboratorio in più. L’unica complessità è stata quella di riuscire ad includere i biomarcatori specifici all’interno del pannello degli altri metaboliti. L’aver superato questa difficoltà conferisce al test un’altissima specificità e sensibilità. Questo significa che individua con certezza e precocemente i neonati con immunodeficienza congenita causata da questo difetto metabolico”.

Il test, come precisa Massimo Resti, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Pediatria AOU Meyer “discrimina in maniera assoluta i bambini affetti da questa gravissima immunodeficienza, individuando in una goccia di sangue prelevata a sole 48 ore di vita con una piccola puntura del tallone, i metaboliti tossici che causano la malattia. La differenza tra il soggetto malato  e il soggetto sano è talmente elevata – i livelli dei biomarcatori oggetto del test sono così diversi tra sano e malato (fino a 100.000 volte più alti nel malato) – che non è possibile sbagliare. Non esistono quindi, con questo test, falsi positivi o negativi. Non esiste quindi costo associato al richiamo di pazienti non malati. Questo consente di individuare la malattia in fase precocissima della vita, consentendo da subito di effettuare una terapia risolutiva che evita i danni permanenti che si assocerebbero alla loro prima e devastante manifestazione”.

Il costo irrisorio e l’alta specificità e sensibilità, aspetti caratterizzanti del nuovo metodo, lo rendono sostenibile ed immediatamente utilizzabile, tanto che è oggi già applicato a tutti nuovi nati della Toscana e può essere esteso sia a livello nazionale che internazionale.
“E’ una grande soddisfazione per l’Ateneo fiorentino che un prodotto della ricerca possa avere ricadute tanto importanti per la comunità. – sottolinea il rettore Alberto Tesi – La scelta di Azzari e La Marca di cedere i diritti commerciali del brevetto all’Università di Firenze permetterà di investire ulteriori risorse proprio a favore della ricerca e degli studiosi, spesso giovani, che contribuiscono così brillantemente al suo avanzamento”. 

“Sono davvero orgogliosa di questa scoperta ad opera di ricercatori dell’Università di Firenze e dell’azienda ospedaliero universitaria Meyer, e mi congratulo con loro – dice l’assessore al diritto alla salute della Regione Toscana Daniela Scaramuccia – E sono contenta che questo test sia il risultato della ricerca resa possibile dal finanziamento messo a disposizione dalla Regione Toscana con il bando Salute 2009. La Toscana è stata la prima Regione, e per molti anni l’unica, ad avviare quasi dieci anni fa, nel 2002, l’attività di screening per individuare le malattie metaboliche rare nei neonati. In tutti questi anni, grazie a questo screening, è stato possibile diagnosticare queste patologie in decine, centinaia di neonati, che così sono stati curati in tempo, e in qualche caso salvati dalla morte. Anche nel caso dell’immunodeficienza congenita dovuta al difetto di adenosina-deaminasi, la diagnosi precoce è fondamentale per intervenire per tempo ed evitare danni irreversibili. E anche in questo caso il test è semplice e a basso costo, ed è già applicato a tutti i bambini che nascono in Toscana. Ancora una volta il Meyer si dimostra all’avanguardia nella cura dei bambini”.

Le immunodeficienze, cosa sono

Le immunodeficienze congenite sono malattie gravissime; sono malattie rare. Il bambino con immunodeficienza congenita nasce sano; sono le malattie infettive gravi che contrae dopo la nascita, proprio per il difetto immunitario presente, che possono portarlo a morte o a causare danni permanenti. Nel caso di difetto di adenosina-deaminasi, l’incidenza in letteratura è calcolata da 1 su 100 mila nuovi nati fino a 1 su 1 milione di nuovi nati.

“Anche se – come precisa Chiara Azzari – dallo studio preliminare effettuato abbiamo scoperto che l’incidenza in Toscana è di almeno 1 su 50 mila nuovi nati e forse più frequente. Questo significa che in assenza di un test precoce la sua reale incidenza viene tuttora sottostimata”.

Le conseguenze sociali e la necessità della diagnosi precoce. Il bambino con immunodeficienza è così un peso gravissimo per sé stesso, per la propria famiglia e per la società. Se invece la malattia viene diagnosticata nei primi giorni di vita è possibile iniziare immediatamente quelle cure che consentono al bambino di tornare ad una vita normale, ad essere di nuovo sano per sempre. E’ fondamentale pertanto includere la diagnosi delle immunodeficienze congenite in un programma di screening neonatale ed è per questo che l’Advisory Committee for Heritable Disorders in Newborns and Children (ACHDNC), in un voto storico del gennaio 2010 ha deciso di includere queste patologie all’interno di quelle che devono essere primariamente offerte a tutti i nuovi nati. Fino ad oggi esisteva un solo metodo, complesso e costoso, capace di individuare un gruppo di immunodeficienze severe, ma il costo elevato lo rendeva difficilmente sostenibile. Il test sviluppato al Meyer, nell’ambito del Programma Regione Toscana-Università, è destinato a rivoluzionare la diagnosi di questa rara immunodeficienza. Lo studio effettuato su 12 mila soggetti sani e 4 bambini affetti da questo difetto ne ha verificato l’estrema efficacia e precisione. Per questo è stato pubblicato sulla maggiore rivista internazionale di Immunologia e Allergologia.

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