Anniversari. Attualità dell’eredità di Danilo Dolci

Il 28 giugno del 1924 nasceva una delle figure più importanti della nonviolenza e dell’impegno civile nel ventesimo secolo: Danilo Dolci, sette volte candidato al Nobel per la Pace e vincitore del premio Lenin, il corrispettivo per i paesi dell’est. 

Arrestato dai nazifascisti a Genova nel ’43, Dolci riuscì a fuggire. Nel ’50 partecipò all’esperienza di Nomadelfia a Fossoli e nel ’52, migrante alla rovescia, lui che era originario di Sesana (Trieste) si trasferì dal nord nella Sicilia occidentale a Trappeto, un paesino di pescatori dove era morto un bambino di fame. A Trappeto costruì il Borgo di Dio, un centro di studi e iniziative per la piena occupazione, per portare all’attenzione del mondo sofferenze ignorate e non diverse da quelle che oggi attanagliano le popolazioni che migrano. 

Dolci negli anni sessanta aveva previsto che le guerre in futuro potessero scoppiare a causa dell’acqua: memorabili le battaglie per la diga sul fiume Jato; così come l’approfondita inchiesta sui rapporti mafia e politica, a causa della quale subì un processo dal 1968 al 1975 insieme a Franco Alasia.  Ci ha lasciato una copiosa produzione di saggistica sociologica e liriche – fu anche poeta – nelle quali dimostra come l’esistente sia una “creatura di creature”, dove ciascuno può essere vita per l’altro.  Lavorava per individuare stimoli e metodi a un corale creativo, unico antidoto alla distruttività umana. Credeva nel fattore educativo e nella forza della cultura per il superamento dei conflitti, intendendo, tra questi, l’odio razziale, seminato per induzione dall’alto, del quale abbiamo dimostrazione in questi giorni.  Sul tema scrisse “La creatura e il virus del dominio”.  Fu ideatore di un sistema educativo che attingeva alla maieutica socratica, che sognava fosse adoperato su larga scala. Costruì la scuola di Mirto sulle falde di una collina a Partinico (PA), dove da piccolissimi i bambini riflettevano sulla realtà sociale e studiavamo musica con lo strumento del flauto dolce, quello usato dai pastorelli.  Importante anche la sua ricerca, redatta prima dell’avvento d’internet, sulla manipolazione delle informazioni “Dal trasmettere al comunicare”. Pur avendo abbandonato qualsiasi forma di culto religioso, credeva nel messaggio del Cristo inteso come capacità di essere solidale. 

Oggi il progetto “Borgo di Dio”, realizzato grazie al sostegno di Fondazione con il Sud, e con la partecipazione di Centro per lo Sviluppo Creativo “Danilo Dolci”, CESIE, Libera Palermo e Comune di Trappeto, rappresenta un percorso di rinascita sociale e culturale, centro delle attività di Danilo Dolci durante la prima metà degli anni Cinquanta.

Questa poesia, dall’omonimo libro pubblicato nel 1971, rende l’idea di quello che Danilo Dolci avrebbe pensato sulla risposta di chiusura che una parte del mondo dà al problema della migrazione.

NON SENTITE L’ODORE DEL FUMO?  

AUSCHWITZ STA FIGLIANDO 

Le più grandi risorse

erano la speranza e la dignità.

Chi si rassegna, muore prima.

Non so se i giovani hanno appreso.

Se ci si lascia chiudere, terrorizzare

se ci si lascia cristallizzare

si diventa una cosa

gli altri ci diventano cose.

Molti ancora non sanno:

Auschwitz è tra noi. è in noi.

Non so se i giovani sanno

in ogni parte del mondo:

non c’è rivoluzione se si trattano gli uomini come sassi,

ai giovani occorre

l’esperienza creativa di un mondo

nuovo davvero.

Ad Auschwitz ci torno volentieri.

mi da la misura dei fatti.

.

 Danilo Dolci

Condividi sui social

Articoli correlati