L’Italia verso la leadership nella sperimentazione di farmaci

Una buona notizia per la nostra sanita’ presa tra l’incudine delle ristrettezze di bilancio e il martello dei costi dell’innovazione.

Dal 2013 al 2015 gli ospedali pubblici italiani hanno aperto le porte a 6332 sperimentazioni di nuovi medicinali, tra le quali 1.923 no profit. Un trend in crescita se si calcola che nel triennio 2000-2002 l’Aifa ne aveva autorizzate 1.722, poco piu’ di un terzo di quelle for profit rilevate nei tre anni presi in esame dallo studio condotto da Fiaso, la Federazione di Asl e ospedali, presentato a Roma nel corso della prima grande Convention del management sanitario, promossa dalla stessa Federazione dal 7 al 9 novembre. Dati confortanti non solo per aziende sanitarie, industria del farmaco e ricercatori, ma anche per i pazienti, perche’ la lenta risalita italiana verso posizioni di leadership nella sperimentazione, ricoperte fino ai primi anni ’90, significa maggiore conoscenza da parte dei medici delle nuove armi terapeutiche e piu’ rapida immissione in commercio dei prodotti innovativi. Che promettono di migliorare le cure soprattutto nell’area oncologica, nella quale e’ stato impegnato il 16,5% dei ricercatori interessati complessivamente dalle sperimentazioni cliniche. Al secondo posto l’area della pediatria, con il 9,6%, seguita dall’ematologia con l’8,4%, dall’area neurologica (7,9%) e da quella cardiologica (5,6%). Lo studio realizzato da Fiaso in collaborazione con Farmindustria e l’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Universita’ Cattolica di Roma, Altems, rileva che la rinascita della ricerca c’e’ anche se l’Italia puo’ e deve ancora recuperare terreno in Europa, dato che le sperimentazioni cliniche di farmaci autorizzate dall’Aifa nel 2017 rappresentano il 18% di quelle che hanno avuto il via libera nell’area Ue.

“La medicina e’ la scienza del probabile, per questo e’ importante che si continui a ricercare confrontandosi con gli altri e verificando di volta in volta i risultati acquisiti”, commenta Mario Clerico, presidente del Cipomo, il Collegio dei Primari oncologi ospedalieri. “Una struttura che fa ricerca diffonde piu’ conoscenza, non solo sull’uso ottimale dei nuovi farmaci, ma anche rispetto alle possibili varianti di una malattia e questo- conclude- e’ tanto piu’ importante in un settore come l’oncologia, dove l’individuazione delle variabili e’ essenziale al fine della messa a punto di terapie sempre piu’ mirate ed efficaci”. Nel triennio 2013-15 l’indagine Fiaso conta inoltre 507 studi su dispositivi medici, 2.865 altre sperimentazioni e 3.596 studi osservazionali, quelli che studiano le cause delle malattie ricercando la relazione tra i fattori di esposizione e le malattie stesse. In totale 13.300 studi, con una media di oltre 100 per ciascuna azienda ospedaliera, universitaria ed Irccs delle 42 prese in esame. Importanti anche i numeri sulla ricaduta economica delle sperimentazioni, che per ciascuna azienda sanitaria hanno generato nel triennio 4 milioni di finanziamenti privati e 5,5 milioni di finanziamenti pubblici nell’ambito del campione osservato, a smentire il luogo comune che in sanita’ vuole la ricerca interamente in mano al profit. “Dati che testimoniano la buone performance organizzative delle nostre aziende sanitarie e la sensibilita’ del management sulla necessita’ di implementare la ricerca, nonostante persistano ancora difficolta’ legate a procedure burocratiche farraginose e a tempi non sempre brevi di risposta da parte dei Comitati etici”, commenta il presidente Fiaso, Francesco Ripa di Meana.

E in effetti il 53% degli sperimentatori lamenta procedure e tempi di stipula per contratti e delibere troppo lunghi, mentre sempre tra i fattori che ostacolano l’attivita’ di sperimentazione il 67% indica l’assenza di un adeguato supporto amministrativo, il 58% la mancanza di personale dedicato al found raising. Stessa percentuale per le difficolta’ di reclutamento di Data manager e personale dedicato alla ricerca, mentre per il 43% un altro ostacolo e’ rappresentato dall’inadeguatezza delle dotazioni infrastrutturali. Tra i fattori facilitanti invece l’89% indica senza ombra di dubbio la presenza di ricercatori competenti, infrastrutture e funzioni dedicate (93%). Lo studio mostra che le aziende sanitarie (42 rispondenti) “mostrano una crescente attenzione ad una gestione strategica delle sperimentazioni cliniche grazie all’avvio di strumenti gestionali avanzate come i clinical trial centers, dedicati al governo dei complessi processi gestionali sottostanti alle sperimentazioni”, commenta il professor Americo Cicchetti, direttore di Altems. Complessivamente pero’ le performance organizzative delle aziende sono piu’ che soddisfacenti. Il 50% delle strutture registra infatti tempi di approvazione delle sperimentazioni da parte dei comitati etici inferiori ai 30 giorni previsti per legge, mentre il 56% delle aziende riesce a firmare la convenzioni entro i 60 giorni previsti dalla normativa e ad arruolare il promo paziente in non piu’ dei 30 giorni fissati come dead line. 

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