Malattie Rare, Bertoglio: “Screening e nuove 109 patologie priorità per la sanità pubblica”

La ‘Consulta’ dà le pagelle: più sensibili le donne, in pole position Bianchi, Bianconi e Baio
“Ma senza il Senatore Tomassini molte cose non sarebbero state possibili”

“Qualunque sia il nuovo Governo, e qualunque altro ne segua dopo, la nostra richiesta prioritaria sarà la stessa: rendere obbligatorio lo screening allargato a tutte le malattie che hanno o che avranno una terapia e approvare, dopo tanti anni di attesa, l’elenco delle 109 patologie rare da inserite nella lista di quelle esenti. Senza queste due condizioni, le politiche per i malati rari, – che anche  l’Europa sollecita – non vanno da nessuna parte, senza queste l’Italia non può dirsi un paese civile e su queste non faremo un passo indietro”. Ha le idee molto chiare Flavio Bertoglio, presidente della Consulta Nazionale delle Malattie Rare, organizzazione che riunisce decine di associazioni di pazienti affette da queste patologie e dei loro familiari. “E’ incredibile quanta poca sensibilità politica ci sia stata su questo tema negli ultimi anni – dice – eppure basterebbe un rapido calcolo per capire che i malati rari, le loro famiglie e tutte le persone che a vario titolo ne sono coinvolte – per esempio gli stessi ricercatori – rappresentano nel nostro paese 3 milioni di elettori, persone che quando verrà il momento di tornare alle urne si ricorderanno di ciò che è stato fatto e, ancor più, di tutte le promesse non mantenute”.     

Tutto da buttare dunque nelle ultime legislature?    

Dopo l’approvazione della legge 279/2001 la lista delle esenzioni doveva essere aggiornata ogni 3 anni, e non fu fatto, e non parliamo solo di una mancanza dei governi Berlusconi ma anche di quello Prodi, che pensò bene di allegarle ai LEA. Sugli screening poi non è stato fatto nulla, è rimasto tutto in mano alle Regioni, senza una regia nazionale, e il risultato è una disomogeneità assurda. Per non parlare poi dell’unico provvedimento realizzato, che ha dell’incredibile: soldi sottratti a tutto il volontariato ed alla ricerca scientifica col 5×1000 per darli ad una sola malattia rara, la SLA, che, tra l’altro, è anche già riconosciuta tra quelle esenti. Prima o poi verrà fuori il nome di chi ha proposto questo provvedimento e spero che chi ha prodotto una simile ingiustizia non trovi mai posto in alcuna futura lista.    

Ma qualcuno che ci ha messo un po’ di impegno ci sarà pure stato!

Sì, ci sono tre nomi che mi vengono immediatamente in mente, sono uno per ciascuno schieramento e, credo non a caso, sono tre donne: la Sen. Dorina Bianchi (Udc), la Sen. Emanuela Baio (PD) e la Sen. Laura Bianconi (Pdl).  Ne potrei anche citare una quarta in verità, l’on. Elisabetta Zamparutti dei Radicali, con la quale abbiamo avuto dei buoni contatti. Chiaro poi che c’è una persona senza la quale non avremmo potuto nemmeno fare quel poco che si è fatto, il senatore Antonio Tomassini, primo firmatario del DDL52, grazie al quale la discussione su questo era stata anche calendarizzata in Parlamento. Poi siamo stati sfortunati, proprio il giorno in cui lo incontrai esplose il caso Englaro e il dibattito è stato messo da parte. Il DDL 52 dunque è rimasto fermo, oggi, vista anche la situazione economica, siamo disposti a rivederlo, rimandando alcuni punti – come quello relativo alla ricerca – ma tenendo assolutamente fermi screening, allargamento del numero delle malattie rare da inserire nell’elenco di quelle esenti da pagamento e una regia nazionale sulle malattie rare; chiediamo che nei processi decisionali sia dato più peso alle associazioni.

Entriamo nel merito delle vostre richieste, partiamo dallo screening. Cosa chiedete esattamente?

Su questo siamo fermi a quanto richiesto nel DDL 52: rendere obbligatorio lo screening allargato a tutte le malattie che hanno o che avranno una terapia. Il ‘che avranno’ serve a far sì che la lista si aggiorni automaticamente senza bisogno di fare nuove leggi o decreti. Non chiediamo di fare, per ora, screening laddove non ci sono terapie, renderemmo impossibile il dibattito per le implicazioni etiche e perderemmo tempo prezioso. Ma se c’è una terapia, che spesso può significare semplicemente  identificare  una dieta alimentare, non si possono chiudere gli occhi e lasciare che un bimbo diventi un disabile grave, non è da paese civile e oltre tutto è una spesa per il SSN. Non finirò mai di ripetere che gli screening non sono una spesa ma un investimento!

Parlate di obbligatorietà, ma se i genitori non volessero sapere?

Intanto l’obbligo di offrire lo screening a tutti i nati sarà in capo alle Regioni. Al limite possiamo prevedere per i genitori un ‘dissenso’ informato, ma davvero fatico a credere che qualcuno voglia privare i propri figli di uno strumento di prevenzione così importante. Oltretutto non c’è alcuna invasività, l’esame si fa sul sangue che sarebbe comunque prelevato per lo screening sulle malattie già oggi d’obbligo.

C’è un punto che fa discutere, la diagnosi delle malattie ad esordio tardivo. Secondo lei è giusto dire ai neo genitori che il figlio potrebbe ammalarsi anni dopo, magari più di 10?

Qui parlo da genitore e per me la risposta è sì , se c’è una terapia – che rimane sempre il discriminante – per me sapere è fondamentale per decidere da subito cosa fare e cominciare le terapie prima possibile. In alcuni casi si dice che sia meglio attendere i sintomi per cominciare, c’è un comprensibile motivo di costi ma da quello che ho visto in alcuni casi concreti, è che cominciare prima dei sintomi è meglio. In ogni caso sapere prima, dal mio punto di vista di genitore, è essenziale.

E riguardo all’allargamento delle patologie rare esenti?

La 279/2001 prevedeva che fossero fatti periodici aggiornamenti dell’elenco, e forse è stato un errore contare su questo rimando al futuro, tant’è che gli aggiornamenti non sono stati più fatti, ed è proprio quello che vorremmo evitare accadesse con gli screening. Ora, la primissima cosa da fare è inserire nella lista delle esenzioni quelle 109 malattie che sono state individuate da anni: è intollerabile che le famiglie che hanno un figlio malato non abbiano accesso gratuito e privilegiato alle indagini sugli altri figli già nati o che stanno aspettando e sui genitori stessi e che siano lasciate senza centri di riferimento e senza registri, è una disparità inaccettabile e anche su questo non faremo passi indietro.

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