“Date a Cesare…”. Cosa c’è dietro il rigore sull’ICI alle parrocchie

RAVENNA – Dal 1992 e fino a qualche tempo fa, prima della “bancarotta” dell’Euro e della “recessione tecnica” italiana, per intenderci, la discussione pubblica contro i presunti privilegi fiscali di cui gode la Chiesa cattolica, avveniva almeno due volte l’anno,  tanto che ci si poteva rimettere l’orologio: a fine Maggio, con il saldo e a fine Novembre, in sede di acconto.

Una sorta di rito apotropaico in cui, l’inc…tura e, soprattutto, l’invidia del “contribuente medio”, rappresentato dai “politicanti” e dai “pennivendoli” medi, trovava sfogo e motivazione nell’attacco ai privilegi (non suoi) e cercava di lenire, invece, le sue frustrazioni di “tartassato” costretto a pagare – nonostante le mille esenzioni proprie del nostro sistema fiscale – sulla quota finale di reddito, quello che non era proprio riuscito a far sparire.

In ogni occasione, spesso creata ad arte, partendo da un riferimento specifico (molto spesso l’esenzione ICI), si arrivava a trattare polemicamente questioni molto diverse tra loro dall’8 per mille, alle agevolazioni fiscali, ai contributi alle attività). Sempre, comunque, con la prosopopea di chi non cerca tanto la “giustizia fiscale”. Figuriamoci! Ma, semplicemente non riuscendo ad allargare ulteriormente le maglie d’un fisco “esigente” con i poveri e “largo” con i ricchi, voleva costruire il pretesto per eliminare gli unici privilegi di cui non poteva godere.

Era scontato, dunque, che quando fosse finita la pacchia per gli evasori (dice niente Cortina? La seppur discutibile ritassazione dei capitali “scudati”?) questi si sarebbero risentiti non poco e avrebbero invocato rigore. Quello stesso su cui, prima, li faceva arrestare sulla soglia dell’indifferenza dell’O.P. che continuava, comunque, a far crescere le “firme” per l‘8 per mille arrivate, nel 2008, alla quota record dell‘89,82 per cento cosciente come era dell’importanza sociale delle parrocchie, delle iniziative di tutti quei preti di “strada” senza i quali la coesione sociale sarebbe già andata a pallino. Da un bel pezzo!!!

è toccato, così, al governo dei tecnici, dei “professorini” e dei “professoroni”, dare corpo alle minacce dei mestatori che, nascondendosi dietro un ricorso all’Europa, da tempo puntavano a consumare la loro vendetta contro tutto ciò che di economia del “dono” e della “gratuità” si muove nella società.

Una santa alleanza, infatti, costituita da ciò che resta dei radicali e da avventurieri d’ogni risma, si era rivolta alla Commissione europea, non tanto per accertare violazioni all’articolo 33 rispetto ai contributi alle scuole “senza oneri per lo Stato”, ma per verificare se l’esenzione dal pagamento dell’ICI, stabilito dal decreto legislativo 504 del 30 dicembre 1992, del socialista Amato, ammesso rispetto agli “immobili utilizzati da enti non commerciali e destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, nonché di attività di religione e di culto” fosse da configurarsi come “aiuto di Stato”.

Una richiesta che si è trasformata, nell’ottobre del 2010, in una procedura d’infrazione contro l’Italia (per chi vuole approfondire http://ec.europa.eu/competition/state_aid/cases/237903/237903_1156611_8_3.pdf) che ha costretto, stando almeno a quanto ha affermato, il “Professorone”, attuale capo dei “professorini”, ad annunciare la rimessa in discussione dell’esenzione che – a puro titolo informativo – gli attuali sostenitori del governo dei “professoroni e professorini”, in due successivi provvedimenti: 2005 (Governo Berlusconi ter), decreto legge (n. 203) convertito nella legge 248 del 2 dicembre e 2006 (Governo Prodi) con il decreto n. 223, (“pacchetto Bersani” sulle liberalizzazioni), avevano fatto a gara, anche se con la confusione mentale che li contraddistingue, a mantenere le esenzioni “applicabili – si legge nei provvedimenti – alle attività indicate nella medesima lettera anche se sono di natura commerciale, alla sola condizione che tali attività non abbiano natura esclusivamente commerciale”.

Insomma, secondo i capi dell’Europa, istigati da questi benefattori nostrani, se una Comunità (cos’è uno Stato se non una “grande comunità di persone”?) decide di favorire, aiutandole a sostenersi e a svolgere le loro funzioni, utilissime alla coesione sociale, le imprese legate al no profit non può farlo. Se vuole aiutare i parroci che incanutiscono alla ricerca dei fondi per tenere aperti asili e scuole delle infanzia, quando i sindaci, che dovrebbero conoscere bene il valore delle iniziative e di chi le realizza, fanno i salti mortali ma tengono a casa i figli degli operai per prendere a scuola quelli degli evasori, deve pagare una multa. E, infine, se la Comunità vuole favorire le cooperative sociali (A e B) che tentano di dare un senso alla vita di chi lo ha smarrito o non lo ha mai avuto, non può farlo perché per lor signori in questo modo si tolgono risorse a chi potrebbe dare gli stessi servizi “a prezzi di mercato”.

Non credo, nonostante il mio essere “diversamente praticante”, di poter essere annoverato tra i “bastonatori” pagati dal Vaticano, così li ha definiti Marco Staderini, ma tale posizione della Commissione, così come il fariseismo dei sostenitori del governo dei “professoroni e dei professorini”, grida vendetta perché è miope, stupido, falso e, soprattutto, come sempre antipopolare. Perché, se è vero che nell’ambito delle ONLUS e delle opere di bene come in quelle di religione, molte sono state le incongruenze e al suo interno si sono nascosti degli emeriti imbroglioni buoni soltanto a fare i loro sporchi traffici; negare l’UTILITà SOCIALE delle numerose iniziative di solidarietà e di coesione sociale, tanto laiche che confessionali, senza le quali i nostri poveri e le persone in condizione di disagio starebbero sicuramente peggio, sarebbe senza senso e colpevolmente egoistico.

Certo, insieme a molti miei correligionari, ambisco ad una Chiesa che sia pronta come, peraltro, sembra abbia fatto in questo caso, a “dare a Cesare quel che è di Cesare” e, soprattutto, “tutto quello che Cesare chiede e ritiene giusto”, così come reputo doveroso che al sostentamento del clero, qualunque clero, debbano pensarci i fedeli.

Ma nello stesso tempo trovo fondamentale che la società, tutta la società, anche le sue elite, assumano l’impegno – trovi il legislatore il modo migliore per farlo, se alla UE non vanno bene le “esenzioni” – a sostenere, agevolare, aiutare, PAGARE per il servizio che Chiesa cattolica, cooperative sociali, associazioni, svolgono per garantire coesione e giustizia sociale anche laddove lo Stato, attraverso la “fiscalità generale”, ha fallito – e non da oggi, purtroppo – il suo compito.

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