Venezia 70. La prima regista saudita presiede il Leone del futuro

VENEZIA – Il Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis”, detto anche Leone del futuro,  assegna senza possibilità di ex aequo, tra i lungometraggi d’esordio nelle diverse sezioni competitive della Mostra, 100.000 dollari, messi a disposizione da Filmauro di Aurelio e Luigi De Laurentiis, divisi in parti uguali tra regista e produttore.

Aiuto concreto e non indifferente, soprattutto di questi tempi. L’ultimo italiano a riceverlo è stato Guido Lombardi, nel 2011, con “Là-bas educazione criminale” che, ambientato a Castelvolturno, narra dell’impatto drammatico dei giovani immigrati africani con la camorra.

Presidente della Giuria internazionale, composta di sette giurati, del Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis”, quest’anno è   Haifaa Al Mansour, prima regista donna dell’Arabia Saudita. Il suo esordio nel lungometraggio, Wadjda (La bicicletta verde), primo film girato in Arabia Saudita, è stato lanciato alla 69ma Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti con grande consenso critico, e continua a ottenere premi internazionali. Il successo di Wadjda ha indotto “Variety” a inserire Haifaa Al Mansour tra i “10 registi da tenere d’occhio” nel 2013, e ha portato nuova attenzione verso i film provenienti dalla regione araba.

Haifaa Al Mansour è nata nel 1974 in Arabia Saudita. E’ sposata con un diplomatico americano e ha due figli, con la famiglia per qualche anno ha vissuto nel Bahrain. Ha studiato letteratura  all’American University del Cairo e ha completato la sua formazione con un Master in studi cinematografici all’Università di Sidney. Il successo dei suoi cortometraggi, e dell’innovativo documentario Women Without Shadow (2005), ha influenzato una nuova onda di registi sauditi e ha posto sulle prime pagine la questione dell’apertura dei cinema nel suo Paese. In Arabia Saudita il suo lavoro è un atto di coraggiosa rottura con il passato: la Mansour è da una parte lodata e dall’altra vilipesa, per aver sollevato tematiche tabù e aver penetrato il muro di silenzio che circonda la vite segregate delle donne saudite.

Condividi sui social

Articoli correlati