Sex in the city … a Roma … ad agosto. Un romanzo di Francesco Costanzo

II e III capitolo dove si vedrà il nostro Francesco che ce prova … con tutte …

II

Mi svegliai alle 7. Non mi capitava mai di svegliarmi così presto. Di solito prima delle 8 e mezza neanche un dito del piede si muoveva dal torpore in cui piombavo la sera prima.

Ma avevo troppa elettricità in corpo. Dopo cinque anni in cui non avevo combinato niente, studiando strategie su strategie, alla fine con una mossa improvvisata era riuscito non solo a conoscere Jole, ma anche a entrare a casa sua e a passare quasi due ore con lei.

E’ proprio vero che alle volte più studi come la devi fare una cosa più non ti riesce.

La sentivo nell’aria la mia elettricità, mi sembrava che l’aria si spostasse più facilmente ad ogni mio movimento.

Decisi che quella mattina avevo qualcosa da festeggiare e quindi me ne fregai del mal di pancia e andai dritto alla pasticceria per spararmi il mio consueto cornetto con la marmellata e cappuccino. Peraltro, non è che poi fossi stato così rispettoso del mio mal di pancia la sera prima, perché in definitiva tre lattine di birra le avevo comunque tracannate.

Pioveva abbastanza, me ne fregai, niente ombrello. Metti che Jole usciva in quel momento di casa, mi avrebbe preso per una fighetta se mi avesse visto con l’ombrello.

Indossai giusto un berrettino di lana per non frascicarmi completamente e non aggiungere anche la febbre al mal di pancia.

Arrivato in cortile diedi uno sguardo alla casa di Jole. Tutte le serrande erano abbassate, evidentemente stava ancora dormendo.

D’altronde era veramente presto e lei andava a lavorare intorno alle nove, come avevo avuto modo già di capire attraverso i miei appostamenti metodici.

Comprai i miei soliti due quotidiani, uno sportivo e l’altro no.

Intanto la pioggia si faceva sempre più fitta e affrettai quindi il passo.

Alla pasticceria c’erano facce sconosciute. A quell’ora non ci andavo mai. Meglio, non mi sarei dovuto sforzare in troppi convenevoli e saluti.

Mi sbagliavo.

Alla fine del bancone c’era la mia vicina di casa, una vecchietta simpatica, di 73 anni, fissata col comunismo, che ogni volta che la incontravi ti recitava un comizio di almeno mezz’ora su Gramsci, Berlinguer, Bertinotti.

E la dovevi ascoltare per intero, sennò  c’erano i tempi supplementari.

Ma non mi potevo sottrarre: in fondo era gentile, se avevo bisogno di qualcosa, lei era sempre disponibile. E dava anche un occhio alla casa quando partivo per un viaggio.

Ero di buonumore, così decisi di prenderla in contropiede. Mi avvicinai a lei a braccia allargate e la stimolai subito” A Giovà ma allora sti figli di bonadonna del governo li vogliono proprio fregare di nuovo ai sindacati. E per cosa per 100 euro in più al mese da dare agli statali. Briciole, ma loro ci godono a far vedere all’opinione pubblica che fregano i sindacati”.

Fu come dare il via ad un torrente in piena. Facemmo addirittura due tempi supplementari di dieci minuti l’uno e mi concesse solo di bere il cappuccino che “sennò se fredda figlio mio”.

Facemmo anche la strada del ritorno verso casa.

E mentre stavo finalmente per addentare il cornetto, piazzò la stoccata vincente.

“Senti un po’ ma ieri sera ti ho visto che parlavi con quella ragazza del piano terra.”

“Si” dissi non capendo ancora dove voleva arrivare.

“No te volevo dì, lo sai io te considero come un figlio.:”

“Grazie Giovanna..”

“Te volevo dì, te capisco se te piace quella ragazzetta, ha tutte le forme al posto giusto come dite voi giovani…però sta attento perché me pare una un po’ strana..”

“In che senso?”

“A parte che me sa che c’ha un sacco di uomini diversi..”

“Ma io veramente sono abbastanza attento ai suoi movimenti durante il giorno..”

“Ah ecco durante il giorno..però durante la notte non la controlli..”

“Non è che la controllo, diciamo che sto attento ai suoi movimenti..”

“Ecco guardali tutti i movimenti soprattutto quelli degli uomini che se muovono verso casa sua la notte”

“Ho capito Giovanna, grazie” dissi non molto meravigliato del fatto che Giovanna la notte al posto di dormire vigilasse sul palazzo e su tutti quelli che vi entravano e vi uscivano.

“E c’è altro?”

“Ma non mi fare parlare va..”

“Giovanna ormai ci sei, hai fatto trenta..”

“E’ pure una un po’ disonesta. Non paga l’affitto da un anno. Tu lo sai che l’appartamento dove sta è di proprietà del palazzo?”

“No, non lo sapevo e d’altronde io sono in affitto”

“Ecco bravo. Te non lo sai perché stai in affitto. Ma tu lo paghi l’affitto al tuo proprietario di casa, lei non lo paga da un anno, perché dice che la casa cade a pezzi. Stiamo cercando di sfrattarla, ma non è facile, lo sai le leggi, i tribunali in Italia”

“E lo so” dissi mentre già i miei neuroni cominciavano a frullare e a pensare che se Jole era stata così diffidente con me, forse era perché mi credeva uno dei proprietari cioè dei nemici. Però mi aveva fatto entrare in casa sua e quindi qualcosa non quadrava. Avrei approfondito la questione.

Per il momento mi interessava di più la questione delle scorribande notturne a casa di Jole.

Comunque si era fatto tardi, dovevo andare a lavorare, volevo mangiare il mio cornetto e avevo concesso già abbastanza tempo a Giovanna e alla causa comunista.

Così dissi a Giovanna che ero un po’ di fretta e accelerai. Mi salutò come al solito col pugno chiuso.

Arrivato al portone di casa un ennesimo colpo di culo si materializzò dopo quello della pay per view della sera prima.

Per la verità più che un colpo di culo si materializzò proprio il culo di Jole.

Stava stendendo la biancheria davanti casa sua ed era leggermente piegata.

Attinsi a tutto il mio self control, sovrapposi a quell’immagine l’immagine della figlia di Fantozzi.

Funzionò. Mentre aprivo il portone del palazzo, lei si girò verso di me, sollevando leggermente la schiena e mantenendosi sempre piegata con grazia sulle ginocchia.

Il suo sorriso prometteva bene.

Anche il “buongiorno” fu accompagnato da un rapido quanto incredibilmente confidenziale battito delle ciglia.

“Buongiorno” risposi, già pronto ad incassare qualcuna delle sue  battute taglienti.

Che infatti arrivò “Caduto già dal letto questa mattina eh?” disse con un sorriso che presupponeva che il motivo della mia agitazione era da collegare al desiderio per lei.

Stetti al gioco “ Si, effettivamente dopo due ore passate con te non è che uno riesca poi a chiudere occhio facilmente o se lo chiude poi si sveglia comunque presto”

“Capisco” disse soddisfatta e con un po’ di ammirazione per la mia prontezza.

Passai al contrattacco “Ma mi chiedevo una cosa: questa mattina ho saputo per caso che non hai dei rapporti propri idilliaci con gli altri inquilini. Ma non è che tu pensavi che io fossi proprietario e per questo non ti degnavi minimamente di sforzarti a rispondere ai miei saluti biascicati?”

Se lo aspettava “Be si effettivamente un po’ era per questo che non ti salutavo. Credevo fossi proprietario, ma tu non venivi mai alle riunioni di condominio. Ma non veniva nemmeno nessuno al posto tuo. Poi l’altro giorno è venuta la tua proprietaria di casa e ho capito..”

“Ma scusa in tutto questo tempo durante le riunioni non è mai stato detto niente in proposito, nei verbali doveva risultare questa cosa”

“Ma sai le riunioni le facciamo molto informalmente, i verbali manco li guardo e gli inquilini a mala pena parlano tra di loro, come anche l’amministratore.”

“Però proprio perché non eri sicura che io fossi proprietario potevi chiedermelo e comunque io non venivo alle riunioni, quindi non andavo contro di te”

“Invece ci andavi più degli altri, perché almeno gli altri venivano e decidevano. Tu invece più codardo neanche ti degnavi di venire, per questo mi eri ancora più antipatico” disse roteando entrambi le mani in area, come se stesse dicendo le cose più scontate del mondo.

“Questa è pazza” pensai ma non lo dissi.

Ero abbastanza tramortito, ma avevo capito che per andare appresso alla fica non ci si po’ fare troppo gli affari propri.

“Non fa una piega” le dissi, simulando compiacimento per il suo ragionamento. Ci salutammo con un sorriso di complicità abbastanza interessante.

Risalii in casa, un po’ stanco mentalmente. Il mio cervello aveva già lavorato di più di quanto avrebbe fatto nelle prossime otto ore al lavoro.

E quindi salutai Jole e salii di corsa a casa, tutto contento di potermi preparare e poi uscire per raggiungere in metropolitana la mia oasi di pace nel centro di Roma. Lì si che avrei potuto riflettere con calma sull’enigma delle notti di Jole.

III

La metropolitana era piena di gente come al solito.

Ed era anche piena di donne. Adottai la mia solita strategia,  l’unica che funzionava sempre.

Mi posizionavo a metà della banchina e facevo sfilare tutti i compartimenti del treno davanti a me in modo da poter avere una panoramica su tutti i passeggeri e salire sul compartimento che annoverava il maggior numero di donne carine.

A volte bastava vederne una carina e entrare esattamente in quel punto per vedere poi se c’erano possibilità di aggancio.

Quella mattina ne vidi tante donne sulla metro, ma nessuna mi colpì in modo particolare.

Forse avevo ancora troppo nella mente Jole e non vedevo altre donne all’infuori di lei. Mi stavo innamorando e questo era preoccupante.

Non avrei potuto fare più il cazzone in giro alla ricerca di sempre nuove donne da agganciare.

Che poi ne agganciavo tante, ma con poche riuscivo ad uscire, con pochissime ad andarci anche a letto.

Entrai a caso quella volta e i miei occhi se ne stettero quieti sui miei quotidiani, senza andare a cercare le forme femminili.

Sembravo un prete quella mattina: neanche un’occhiata per sbaglio, dieci minuti di fila a guardare i giornali.

In ufficio il capo mi aspettava sulla porta del negozio dove lavoravo come commesso.

La faccia non prometteva niente di buono. Mi sa che anche questa volta era reduce da una notte senza amplessi matrimoniali.

Mi fece le solite raccomandazioni su come ricevere la clientela.

Misi su il mio sorriso d’ordinanza e in attesa dei clienti cominciai a pensare a Jole.

Analizzai la situazione. Non potevo fare niente prima di quella notte. Per capire se lei aveva veramente tutta questa sfilza di uomini che la andavano a trovare di niente, non avrei potuto fare altro che aspettare la notte e affacciarmi al balcone.

Che non avessi mai sentito rumori la notte non era così strano. Quando dormivo cadevo in un tale stato di catalessi che neanche una cannonata mi avrebbe svegliato.

Mi stava partendo la brocca. Non ero riuscito neanche a darle  un bacio sulla guancia ancora e già sognavo matrimonio, figlio, viaggi di nozze.

Era sempre così, ogni volta che mi innamoravo, la mia immaginazione prendeva decisamente il sopravvento.

E puntualmente poi non si realizzava niente di quello che avevo fantasticato.

Solo con la fidanzata che mi aveva appena lasciato si era realizzato qualcosa, ma al matrimonio e ai figli non c’eravamo arrivati: mi aveva lasciato prima, perché facevo il provolone con le altre.

Nella pausa di dieci minuti delle 11 andai a prendere un caffè nella libreria che si trovava proprio di fronte al palazzo del mio negozio.

Quello che stavo cercando, in libreria c’era. Una donna incredibile si aggirava tra gli scaffali dei libri.

I suoi capelli erano di un biondo così potente che mi sembrò quasi che i miei occhi fossero investiti da un fascio di raggi di sole.

Le guardai gli occhi in modo spudorato avvicinando le mie spalle alle sue.

Era concentrata sui libri.

Io avevo il blu dei suoi occhi nei miei e Jole mi sembrò un po’ più lontana.

Si diresse verso il reparto dei dvd.

Rovistava con calma tra i film, ne prese due con gesti delle mani delicati e decisi.

Mi avvicinai di nuovo a lei. Ero di nuovo a pochi centimetri da lei.

Dovevo dirle qualcosa, non potevo continuare a stare vicino a lei, senza dirle niente se ne sarebbe accorta.

“Tu sei uscita da un film vero?”

Sorrise ma non sembrava aver afferrato subito.

“Dico, sei così bella che sembri uscita da un film. Sei bella come un’attrice”

Il suo sorriso si allargò. Avevo aperto una breccia, mi ci dovevo infilare dentro per allargarla.

“Hai fatto molto film finora ?”

“Ti ringrazio sei molto gentile, ma in realtà io sono un giudice e vivo in Francia”

“Caspita” pensai.

Cominciammo a parlare. Cercai di sfoggiare un po’ il mio francese, senza grandi risultati per la verità

I miei occhi entrarono talmente nei suoi che quando ci separammo le dovetti chiederle se me li poteva restituire.

Le ero simpatico. Riuscii ad avere il suo numero di telefono.

Ero euforico. Mi ero creato un’alternativa a Jole e questo mi avrebbe permesso di fantasticare un po’ di meno e di stare un po’ più coi piedi per terra.

Ne bevvi due caffè in libreria. La notte dovevo restare sveglio.

Ma quella notte nonostante rimasi sveglio fino alle 6, non notai nessun movimento nei pressi della casa di Jole.

Cominciai a sospettare che forse la simpatica Giovanna voleva prendersi un  po’ gioco di me.

Ma fui sollevato. Non che Jole mi sembrasse una angelo.

Si vedeva che aveva una certa confidenza con l’arte più nobile, ma non potevo accettare l’idea che fosse capace di cambiare amante ogni notte.

Per alcuni giorni non vidi Jole, né la mia vicina di casa.

E mi guardai bene dal ripetere l’esperimento di non dormire la notte.

L’unica volta che l’avevo fatto il giorno dopo al lavoro avevo impiegato il triplo del tempo a svolgere i miei compiti. E non mi potevo permettere di sprecare troppo tempo a lavoro.

La prossima settimana il romanzo riprenderà da dove è stato interrotto. Qualsiasi vostro commento è gradito … a presto.

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