Tracy Chapman, un debutto folgorante

Nel 1988 esce il primo album della cantautrice di Cleveland

Chi non ha più sogni è meno disposto a combattere, mi considero una cinica speranzosa” (Tracy Chapman)

Impegno politico e passione

Nel variegato panorama della musica folk americana Tracy Chapman rappresenta una delle più significative realtà degli ultimi 25 anni. La voce potente e dolce, i ritmi africani e le tematiche politico-sociali hanno fatto di lei un’artista coerente e coraggiosa. Il suo primo disco, “Tracy Chapman” ha lasciato un segno indelebile nella musica popolare contemporanea. Nel corso della sua carriera ha raccontato con estremo realismo la realtà degli afroamericani, le lotte per avere gli stessi diritti dei bianchi e a più riprese le contraddizioni del capitalismo statunitense e il dramma della povertà in un Paese così avanzato e prospero. E’ una delle artiste americane più impegnate in una serie di battaglie civili, politiche e ambientaliste. Ha partecipato ad attività benefiche come il famoso tour “Human Rights Now!” organizzato da Amnesty International, cantando a fianco di altri celebri cantanti in giro per il mondo. Inoltre si è esibita a concerti in onore del settantesimo compleanno di Nelson Mandela o al concerto-tributo a Bob Marley nel 2000.

Un debutto sconvolgente

Dopo gli studi superiori vinse una borsa di studio per la Tufts University di Boston, dove si specializzò in Antropologia e Cultura Afroamericana. Fu proprio qui che si appassionò alla cultura folk, tanto da decidere di riunire questo nuovo interesse a quello musicale, che fin da piccola coltivava. I suoi punti di riferimento erano Bob Dylan, Joan Baez e Joni Mitchell. Imparò a suonare la chitarra acustica da autodidatta. Semplici accordi erano più che sufficienti per accompagnare la sua voce ruvida e profonda che raccontava storie di sfruttamento, dolore ed emarginazione. La sua gavetta, come artista di strada, fu una lunga serie di esibizioni nella sua città natale, Cleveland. In uno di questi piccoli concerti fu notata da Brian Koppelman che, impressionato dalla sua voce, la segnalò alla casa discografica indipendente Sbk e al produttore di Joni Mitchell. La giovane cantante di colore fece un’audizione alla Elektra. Firmò un contratto per l’album di debutto che, registrato in gran fretta, fu pubblica nell’aprile del 1988.

La giovane cantautrice, sotto la direzione dell’esperto produttore David Kershenbaum, scrisse una serie di splendide canzoni con testi di grande impatto emotivo e di forte lirismo poetico. Alle sedute di registrazione parteciparono eccellenti musicisti come il bassista Larry Klein (marito di Joni Mitchell), il percussionista Paulino Da Costa, David LaFlamme al violino, Jack Jolder alle tastiere e Steve Kaplan all’armonica. Brani come l’inno alla speranza “Talkin’ about a revolution”, la struggente “Fast Car” e la dura “Behind the wall”, hanno riportato l’impegno politico negli edonistici anni ’80 di reaganiana memoria.

Il disco ebbe un incredibile successo commerciale, del tutto insperato. Arrivò al primo posto negli Usa, in Inghilterra, Svizzera, Nuova Zelanda, Olanda, Danimarca, Austria e Italia, il secondo posto in Australia, Norvegia e Svezia. Le vendite complessive ammontano ad oltre venti milioni di copie in tutto il mondo. Il travolgente successo del primo disco condizionò non poco la carriera della giovane cantautrice di colore. Gli otto album che furono pubblicati dopo il folgorante debutto, pur essendo apprezzati dalla critica, non riuscirono più a bissare i consensi del primo disco. Tracy Chapman, rimane fedele al suo carattere schivo e riservato, lontana anni luce dallo sterile divisimo delle superstar del rock.  

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