Incendio deposito sito archeologico Portuense. Intervista a Veloccia

Veloccia: «Troppo lungo il cantiere a Portuense». Il Presidente del Municipio XI dopo l’incendio: «La Soprintendenza non ha ancora comunicato quando finiranno i lavori»

ROMA – 

Dopo l’incendio che ha distrutto numerosi reperti nel deposito del sito archeologico di via Portuense Roma, Carmelina Ariosto, archeologa della Soprintendenza, ha dichiarato a “La Repubblica”: «Sorprende il silenzio del Comune e del municipio». Abbiamo ha dato la parola a Maurizio Veloccia, presidente del municipio XI. L’intervista è di Fulvia Palacino.

La dottoressa Ariosto ha affermato: «Non abbiamo ricevuto neanche un messaggio di solidarietà dal municipio», come risponde?
«Questo non è vero. Abbiamo diffuso un comunicato ufficiale in cui condanniamo fortemente questi episodi, ribadendo che abbiamo organizzato degli specifici incontri con la Polizia di Stato affinché sia incrementato il livello di monitoraggio del cantiere e non abbiamo escluso, se le risorse economiche ce lo consentiranno, di installare anche telecamere di videosorveglianza. Rispetto a episodi così gravi bisogna unire le forze e non perdersi in inutili polemiche».

Per ora le indagini dicono che dietro all’incendio c’è la stessa mano che ha danneggiato un’iscrizione di età romana e graffiato l’auto della direttrice dei lavori. Lei ha un’ipotesi sulla vicenda?
«È stata avanzata l’ipotesi che si possa trattare di atti dolosi legati ai tempi lunghi del cantiere. Indubbiamente i lavori si stanno protraendo oltremodo, hanno superato i tempi previsti ormai da anni, e sicuramente l’esasperazione dei residenti c’è: quasi quotidianamene in municipio riceviamo lettere e mail in cui ci chiedono quando saranno terminati i lavori. E noi comprendiamo questa esasperazione, perché è la nostra. Tuttavia non riteniamo possibile che l’incendio sia legato al disagio dei cittadini: una cosa sono le lamentele e le critiche, un’altra gli atti di delinquenza e di vandalismo, che purtroppo avvengono non di rado negli spazi pubblici e che vanno condannati con forza senza alcun tipo di giustificazione».

Le archeologhe, insieme a residenti e studiosi, hanno più volte lanciato l’appello affinché il cantiere si concluda, e Ariosto ha anche detto che «di questo passo la Soprintendenza dovrà chiedere l’interramento degli scavi, in attesa che Comune e municipio risolvano le questioni contrattuali con l’impresa esecutrice e le faccende di bilancio».
«I problemi amministrativi sono sorti a metà novembre, quando le indagini archeologiche che si dovevano concludere ad agosto e poi a settembre e poi a metà ottobre erano, invece, ancora in corso. Detto questo, tra dieci giorni avremo consegnato il cantiere alla nuova impresa e le indagini archeologiche potranno ricominciare. Speriamo davvero che i lavori si concludano in fretta anche perché i problemi di bilancio a cui fa riferimento la Soprintendenza sono relativi al prolungamento delle indagini archeologiche senza alcun tipo di cognizione temporale sulla loro conclusione con un dispendio di risorse economiche assai consistente. E penso che le cosiddette “faccende di bilancio” non siano un problema solo del Comune perché si tratta di soldi di tutti i cittadini che vanno impiegati al meglio e con il massimo rispetto».

E la questione del blocco del cantiere legata all’arresto di Giovanni Recchia (titolare della R.G. Costruzioni alla quale erano affidati i lavori) nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione pilota delle concessioni degli stabilimenti di Ostia?
«Sono gli infausti lasciti del passato. Ma anche su questo siamo intervenuti con determinazione e tempestività. L’impresa che abbiamo trovato sul cantiere ha avuto i problemi che lei ricordava, per questo abbiamo provveduto alla rescissione del contratto ed ad una nuova gara. La nuova impresa tra pochi giorni sarà sul cantiere. Si è trattato di un percorso che avrebbe potuto bloccare il cantiere ancora per molto tempo, abbiamo invece accelerato i tempi all’inverosimile proprio perché stiamo facendo di tutto per concludere le opere al più presto. Speriamo che questo fine accomuni tutti i soggetti in campo per donare finalmente alla città un’opera attesa da anni».

Ripercorriamo brevemente l’evoluzione del cantiere.
«I lavori cominciano nel 2008, e si presentano numerosi problemi. Nel 2011 i lavori si interrompono perché i fondi che occorrono per completare il cantiere vengono bloccati dall’allora sindaco, Gianni Alemanno, a causa del patto di stabilità. Nel 2013, con la nuova amministrazione, riusciamo a sbloccare i finanziamenti e il cantiere ricomincia. I ritrovamenti archeologici di grande entità prolungano il cantiere, ma la Soprintendenza ci dice che entro l’estate, al massimo all’inizio dell’autunno, si sarebbe concluso. A metà novembre, con le indagini ancora in corso, il cantiere si blocca per il noto problema della ditta esecutrice; tra pochi giorni il cantiere verrà sbloccato, anche se ad oggi non abbiamo ancora una previsione di fine lavori da parte della Soprintendenza».

Perché il deposito è lì?
«Questa non è una decisione di nostra competenza. È un container di lamiera, buio, isolato che purtroppo non è immune da atti vandalici che caratterizzano tanti spazi pubblici incustoditi della nostra città».

Insomma, possibili soluzioni?
«Il cantiere sarà a disposizione degli archeologi tra pochi giorni, quindi per quanto ci riguarda si ricomincia con nuovi fondi individuati da Roma Capitale che vanno a gravare ancora una volta sul budget complessivo dell’opera. Speriamo che stavolta sia la volta buona. Lo auguro soprattutto ai cittadini che da anni vivono questo inspiegabile disagio. Noi non ci tireremo indietro però, e faremo di tutto per far concludere questo cantiere il prima possibile».

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