Armando Spataro: “reagiamo”, presentato l’ultimo libro a Rimini

RIMINI – Armando Spataro, procuratore aggiunto al tribunale di Milano, ha presentato ieri, presso la sede della Cgil di Rimini, il suo libro “Ne valeva la pena. Storie di terrorismi e mafie, di segreti di Stato e di giustizia offesa” (Laterza).

Il magistrato, protagonista della lotta al terrorismo rosso, già componente della Direzione distrettuale antimafia, membro del Csm fino al 2002, ha optato per un libro voluminoso, 575 pagine che raccontano, fra l’altro, valutazioni giuridiche, ma anche emozioni, esperienze personali e professionali.
Una di queste è stato il sequestro del presunto terrorista egiziano Abu Omar, di cui Spataro si è occupato. Vicenda che ha scatenato più reazioni contro il normale corso della Giustiza da parte di due governi; prima Prodi e poi Berlusconi posero il segreto di Stato su alcune prove riguardanti la responsabilità nel sequestro di appartenenti ai servizi segreti italiani.
“Un fatto -dice Spataro-  che mi ha sconvolto, ho persino mutato il mio modo di pensare il rapporto tra le istituzioni”. La vicenda di Abu Omar, vittima di atroci torture, è uno di quei casi in cui “si fa la lotta al terrorismo al di fuori della legge”, nonché -continua il magistrato- l’ennesima “dimostrazione di come il potere politico mal sopporta quel controllo di legalità che la Costituzione e le leggi attribuiscono alla magistratura”.
Arriva un momento nella presentazione in cui poi non è difficile alludere di nuovo al capo del Governo: “l’azione di accertamento delle responsabilità dei reati, non sono condizionabili agli interessi, ai programmi e a tutto ciò che costituisce l’oggetto della politica”, Spataro cita quindi indignato le parole di Silvio Berlusconi: “come è mai possibile che un semplice funzionario dello Stato, vincitore di concorso, possa indagare e incriminare chi, eletto dal popolo, è legittimato a governare”.

Si evince per cui dal ragionamento del magistrato la chiusura nei riguardi dell’atteggiamento palesemente anti-costituzionale della coppiata Alfano-Berlusconi, soliti nell’affermare che “nel nostro sistema non esistono tre poteri, ma due poteri e un ordine”, con conseguente delegittimazione dell’indipendenza del potere giuridico.
Altro di repertorio dal signor B. “nessuno può pensare che i governi combattono il terrorismo con il codice in mano”, quanto riporta duramente Spataro alla memoria dell’amico magistrato Guido Galli, trovato morto, proprio con il codice nelle mani, durante la maxi-inchiesta sul terrorismo negli anni ’80.

In “Ne valeva la pena” si leggerà quindi un elenco di 24 magistrati uccisi, di questi 10 dal terrorismo e 14 dalla mafia. Duro il “reagiamo” di Spataro, il lavoro di magistrato va svolto “qualunque siano le condizioni, le aggressioni, gli insulti, i manifesti, e ciò non può intaccare minimamente la determinazione con la quale bisogna andare avanti”.
Il dibattito prosegue poi sul processo breve, apostrafato da un accademico come “la truffa delle etichette”, e riforma costituzionale della Giustizia: l’obbligatorietà dell’azione penale è “garanzia di uguaglianza per i cittadini di fronte alla legge”, -spiega Spataro- la cosiddetta riforma epocale della Giustizia “rischia di alterare i principi fondanti del nostro sistema di giustizia”.
Quanto alla voglia della maggioranza di far tacere la voce dei magistrati, Spataro risponde “vero che il magistrato parla solo con le sentenze, bello ma è ideale. -continua- Noi abbiamo l’impegno per cui è opportuno alimentare il dibattito. Io sento il dovere di parlare.” Spataro cita poi l’esempio del collega Paolo Carfì più volte offeso a uno dei processi Previti da lui presieduto, e che “ebbe a subire proprio due infarti dopo il processo e ci fu un noto avvocato che disse: peccato che non è morto”.

Nel suo libro, Spataro racconta anche l’inaugurazione di un anno giudiziario in pieno fascismo e scherza: “all’epoca la cerimonia si teneva a palazzo Venezia, residenza del Duce, come se oggi si tenesse a Palazzo Grazioli, tanto per intenderci”, in quell’ occasione l’ANM, tanto “vituperata”, decise di auto-sciogliersi “per non trasformarsi in un sindacato fascista, come lo chiedevano le leggi di allora”. Immagine forte che ha posto a confronto una magistratura sottomessa al Duce e un’agognata separazione della carriere giudiziarie dal governo Berlusconi, con il tentativo di sottomissione dei Pm al potere esecutivo.
Spataro poi spazierà sugli slogan governativi dei successi nella “lotta alla mafia” di cui Maroni-Alfano-Berlusconi si prendono paternità e glorie, risultati conseguiti in verità da Polizia giudiziaria e magistratura, quindi -spiega Spataro sottolineandolo- “non grazie al Governo, ma Nonostante il Governo”.

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