“Certi peccati Dio non li segna”, un racconto ‘noir’ di Giacomo Ramelli

Continuiamo con la serie di racconti brevi, scritti da vari autori. Fino all’inizio delle vacanze, verranno pubblicati con una cadenza di circa dieci giorni. Vi presentiamo “Certi peccati Dio non li segna”, un racconto ‘noir’  di Giacomo Ramelli

Certi peccati Dio non li segna

30 gradi,  un caldo torrido per essere al dieci di maggio.
Nell’ufficio al secondo piano del 32mo distretto di Polizia, il sovrintendente capo finisce di scrivere, con un vecchio computer, il rapporto relativo al controllo della signorina … cittadina straniera…. etc. etc..
I soliti “Stasky e Hacc” come erano soprannominati i due agenti della volante  “Fiera 21” erano intervenuti dopo una segnalazione di cittadini al pronto intervento per reclamare dell’eccessiva disinvoltura con cui la signorina  svolgeva la cosiddetta “professione più antica del mondo” troppo vicino sulla via di casa loro.
Ora era lì davanti a lui. Soprannominato “il prete” il sovrintendente era un uomo di quaranta anni passati, anche di buon aspetto e molto professionale.
Era l’uomo di fiducia del dirigente del distretto, perché avevano lavorato insieme alla sezione di polizia giudiziaria e mentre uno aveva fatto carriera l’altro era rimasto al palo , ma come era stato nominato alla guida del distretto il dirigente lo aveva voluto con se.
Anche perché ricordava la sua correttezza, come quella volta che durante una perquisizione in casa di un pregiudicato, trovò da solo un pacchetto con cinquantamila euro che consegnò intatto al magistrato di turno.
Il “prete” sapeva che non essendoci flagranza di reato non potevano arrestare la prostituta e non apprezzava che Stasky e Hacc avessero un po’ strapazzato la ragazza mettendogli le manette. Troppo facile fare i “Cops californiani” con le ragazzine.
Fece la solita ramanzina sulla prostituzione e sulla opportunità di aiuto e protezione che avrebbe potuto avere se avesse denunciato il suo sfruttatore.
La “signorina” era diversa da altre che erano passate per quel distretto di polizia. Innanzitutto era bella, aveva tratti regolari, alta e un corpo ben proporzionato.
Il “prete” fece questa considerazione mentre confrontava i dati del passaporto con quelli che aveva scritto nel rapporto.
Si alzò per andare dal dirigente per la firma, si soffermò e disse: “vediamo se per questa volta possiamo lasciarla andare”, anche se già sapeva che sarebbe stato così.
Stando in piedi di fronte alla ragazza, dissimulò l’interesse per la scollatura morbida della  magliettina attillata e andò dal dirigente.
Il dirigente lesse distrattamente il rapporto e lo firmò. Il “prete” o meglio il Sovrintendente  tornò nel suo ufficio, si sedette e disse alla ragazza che per questa volta poteva andare, la giovane prostituta gli sorrise e gli consegnò un pezzetto di carta con il suo numero di cellulare. Anche la voce era morbida come la sua scollatura: “grazie, lei è stato gentile con me, non come quei due della pattuglia” e dicendo così si toccò il polso  ancora leggermente segnato dalle manette, “Se vuole chiamami” si alzò e uscì dall’ufficio.
Il Sovrintendente , rigirò il pezzetto di carta e fece il gesto di gettarlo nel cestino, ma le dita non si aprirono. Ne fece una palletta che mise dentro il portapenne.
Da quel momento in poi, un tarlo, incominciò a roderlo, piano piano.
Dopo due giorni, il tarlo aveva scavato ben bene, la ragazza bionda se la sognava, ne risentiva la voce, ne ricordava ogni dettaglio, come quando aveva sbirciato nella curva della scollatura.
Al terzo giorno non ce la fece più, dopopranzo rovesciò il portapenne e tra punte di matita, cappuccetti di penne spaiati e graffette arrugginite, rotolò fuori la palletta di carta di giornale con il numero.
Compose il numero con il suo cellulare, ma prima modificò la chiamata in riservata, in modo da rimanere anonimo. Squilli…”Halò!?” ….”Pronto? Ciao, sono quella persona gentile dell’altro giorno…” Nessuna risposta. “Sono quello che ti ha lasciato andare, alla polizia, ricordi?”
“Ah, sìì, ciao come stai?”.
“Bene grazie, sssenti…volevo sapere se potevamo vederci … anche per un caffè?” Mentì senza ritegno. “Come no, certo. Facciamo così, vieni qui…” E gli spiegò dove, “verso le quattro, va bene?”. Come no!! Al sovrintendente batteva il cuore come uno scolaretto, ci pensò e ci ripensò, alla fine, alle quattro in punto arrivò dove la ragazza gli aveva detto.
Di bar, non c’era manco traccia, il luogo per l’appuntamento era una traversa della provinciale sud che si allungava da sotto il raccordo anulare verso la campagna ed alcuni casali.
Il sovrintendente, con la sua station wagon bianca, camminò a passo d’uomo, e poco prima di un deposito di camion, la vide. Le si accostò.
La ragazza si abbassò verso il guidatore e lo riconobbe. Non esitò ad aprire la portiera e salire. “Ciao, sei puntuale, ti aspettavo”, sorrideva e non sembrava forzata o contrariata. “Dove andiamo?” domandò il sovrintendente. Lei gli indicò la strada e dopo poche centinaia di metri, entrarono in una via sterrata che costeggiava l’alta siepe di recinzione di un centro sportivo.
Poco prima passarono davanti ad “un collega” con la quale la ragazza divideva pacificamente il marciapiede, un appariscente travestito che le fece un cenno di saluto.
La strada era isolata e con il motore spento c’era un silenzio interrotto solo dal ciclico  stoccare di una pallina da tennis contro le racchette dei due giocatori oltre la siepe.
La ragazza conosceva bene quello che un uomo voleva da lei. Mentre stavano insieme, il Sovrintendente vide una automobile seguita da una nuvola di polvere avanzare verso di loro. La macchina arrivò pochi metri dalla sua.
Era una berlina bianca. Si fermò. Un uomo al volante guardava verso di loro.
Poi incominciò a fare manovra, appena terminata l’inversione di marcia,  ripartì.
Il sovrintendente poté vedere la targa e per deformazione professionale o per timore di essere stato visto, si fissò nella mente i numeri.
Poi riguardò nuovamente sotto di se e non si distrasse più.
Dopo un po’ di tempo e dopo essersi ricomposti la ragazza gli chiese se poteva lasciarla ad una fermata d’autobus sulla strada principale.
Quando uscirono dalla strada sterrata, il trans non c’era più.
Accelerò verso l’incrocio e dopo circa duecento metri accostò per fare scendere la ragazza alla fermata del bus.
Nel frattempo, dalla borsa, lei aveva tirato fuori una giacchetta e sostituita la minigonna con dei pantacollant colorati. Si salutarono, mentre si allontanava, al sovrintendente parve di vedere l’automobile bianca della stradina accostarsi alla piazzola del bus.
Ma era ormai  lontano.
Il giorno successivo, il sovrintendente sentì bussare alla porta del suo ufficio.
Era un suo collega: “Vieni ci vuole il dirigente”.
Nella stanza del capo, c’erano già Stasky e Hacc e altre persone.
Il dirigente presentò i suoi ospiti, un commissario ed un ispettore della sezione omicidi della Squadra Mobile. “I colleghi della omicidi hanno bisogno di tutta la nostra collaborazione. Stamattina un trans che si era appartato con un cliente, ha trovato in una strada isolata il cadavere di una donna. Sembra che si tratti di un delitto a sfondo sessuale, il corpo era nudo e probabilmente è stata violentata. Intanto il magistrato ha disposto l’autopsia e comunque la scientifica si sta dando da fare.”
“La donna in questione era una cittadina straniera che risulta essere stata fermata pochi giorni fa dalla volante Fiera 21 e successivamente identificata nel nostro distretto. Vediamo di dare tutte le informazioni e l’aiuto possibile ai nostri colleghi. Pertanto lasciate stare quello che stavate facendo e rimanete a loro disposizione.”
Quando fu il suo turno di parlare con i colleghi della Mobile, il Sovrintendente era un po’ scosso. “Beh, collega raccontaci un po’ dell’identificazione”.
Raccontò che si trattava della solita prassi e che durante la procedura la vittima non aveva accennato ad alcun tipo di fatto o minaccia che la riguardassero.
L’indomani, il Sovrintendente venne chiamato in Questura.
Andò insieme ad un autista con la macchina di servizio e durante tutto il tragitto non profferì verbo, una preoccupazione gli attanagliava la testa.
Sarebbe dovuto poi andare all’obitorio, insieme ad un funzionario della omicidi ed uno della ambasciata della nazione di cittadinanza della vittima, per il riconoscimento formale. Aveva questo compito essendo stato lui l’ufficiale di polizia giudiziaria ad identificarla e mancando qualsiasi parente o amico per la procedura di riconoscimento.
Dietro un vetro, un inserviente accostò una lettiga e sollevò il telo che copriva il corpo della vittima quel tanto da mostrare il viso. Confrontando la foto del passaporto il Sovrintendente confermò che la persona nel documento, registrato nel rapporto di identificazione  corrispondeva al cadavere.
Il funzionario dell’ambasciata firmò alcuni moduli e la prassi fu rispettata. Rimasti soli il Sovrintendente chiese all’ispettore se avessero dei sospetti. Trattandosi della curiosità di un collega che collaborava alle indagini, l’ispettore non aveva problemi a parlarne informalmente: “il referto dell’autopsia riporta che la morte è stata causata da un forte colpo alla tempia, coma e emorragia cerebrale nell’arco di un paio d’ore. E’ morta verso le 18 o le 19 del giorno prima del ritrovamento. La scientifica ha trovato tracce di liquido seminale che fanno pensare ad un rapporto sessuale non protetto e anche dei capelli o dei peli. Comunque abbiamo fermato un trans che lavora sulla stessa strada e sta collaborando, ha visto per l’ultima volta la ragazza mentre si appartava con un cliente nel posto dove è stata ritrovata morta….un tizio con una automobile bianca … comunque si tratta della solita fine che fa sta’ gente..”. Salì sulla sua auto e con un cenno della mano fece capire all’autista di partire.
Il Sovrintendente rimase qualche secondo fermo, il suo cervello rielaborava le notizie che aveva avuto dal collega; omicidio senza conoscere l’arma del delitto, ora del decesso nell’arco di tempo in cui lui non aveva un alibi, tracce di liquido seminale e poi se hanno peli e capelli è un bel problema.
Ma la cosa più angosciante era il trans che aveva visto la ragazza appartarsi con lui nella sua automobile.
Il giorno successivo, dopo una notte agitata e piena di angoscia, il Sovrintendente si mise a rapporto dal suo Dirigente.
“Allora che è questa faccia?” Il Sovrintendente rimaneva in piedi e solo dopo l’esortazione del suo capo si accomodò sulla poltroncina di fronte alla sua scrivania. “ Dottore, ho fatto un casino e pensavo che sarebbe stato meglio parlarne con lei , un casino con una donna…“
“E che casino avresti fatto mai? Mi sa che tu hai qualche problema con tua moglie eh, hai fatto una scappatella e siccome sei sempre stato un tipo rigido ora sei andato in confusione, succede anch’io ero un tipo come te. Rilassati e ricorda sempre che certi peccati con la “cosina” Dio non li segna…”.
“No, dottore, la donna con cui ho fatto un casino è quella prostituta trovata morta…” e poi gli raccontò per filo e per segno tutto.
Alla fine della storia, il dirigente chiamò il suo parigrado alla omicidi e gli chiese se potevano andare da loro il prima possibile, per un fatto importante che riguardava l’indagine della ragazza uccisa.
Stavolta arrivarono in Questura con tanto di sirena e lampeggiante.
Fu necessario ripetere il racconto e verificare a chi corrispondesse la targa della macchina bianca che il sovrintendente aveva visto mentre si intratteneva con la prostituta e dopo che l’aveva lasciata alla fermata dal bus.
Dopodiché un paio di volanti andarono a prelevarne a casa il proprietario. Portato in questura per interrogarlo il proprietario della macchina era un connazionale della vittima.
Difatti questo ammise di essere entrato con la sua auto nella stradina ma per cercare un luogo dove appartarsi, ma di non essere stato solo, in quanto con lui c’era il trans che per “avvantaggiarsi sul lavoro” si era abbassato e non era visibile.
Il magistrato avvertito dello sviluppo delle indagini dispose il suo fermo temporaneo, così come la ricerca ed il fermo del trans. Per il giorno successivo convocò un sopralluogo sul luogo del ritrovamento del cadavere per un incidente probatorio.
Alle 10 del mattino successivo, una volante bloccava l’ingresso della strada sterrata tenendo lontani i giornalisti avvisati da qualche “informatore” di uno sviluppo inaspettato delle indagini.
Arrivarono altre auto, quasi in corteo, il magistrato, gli investigatori della omicidi, una volante con il Sovrintendente ed il Dirigente, una con il trans e un pulmino della scientifica con il fermato che era stato sottoposto ad un prelievo ematico per un esame del dna.
Il magistrato interrogò per primo il trans, facendosi raccontare il ritrovamento e chiedendo se il giorno del delitto era vero o non era vero che l’operaio connazionale della vittima era con lui.
Il trans confermò la versione dell’operaio fermato e pure che, avendo trovato il posto occupato, per appartarsi era tornato indietro con l’auto dirigendosi in altro luogo più lontano.
L’operaio poté tirare un sospiro di sollievo, chi trattenne il respiro fu il sovrintendente quando il magistrato chiese al trans se potesse descrivere l’uomo che  aveva visto insieme alla vittima. Il testimone disse che aveva visto entrare una station wagon bianca, che poi era quella che occupava il posto appartato vicino la recinzione del centro sportivo, ma che solo dopo essersi trattenuta con l’operaio e tornata sulla strada per offrire la sua mercanzia, aveva visto nuovamente la vittima tornare nella stradina con un’altra persona su una automobile bianca ma di un alta marca, verso le 18 o giù di lì.
Il magistrato chiese se potevano fare un identikit, il trans disse: “se mi promette che mi protegge non c’è bisogno dell’identikit…” .
“Che significa che non serve?” chiese il magistrato. “ Che l’uomo che stava in auto con la ragazza, quando è tornata la seconda volta glielo posso pure dire io chi è”. Rispose il trans. “E chi è?” riprese il magistrato.
“Quello lì, quel poliziotto lì…”  ed il trans indicò con il dito verso la volante che bloccava la strada.
Hacc, ovvero l’agente autista della volante Fiera21 fu interrogato e sottoposto al test del dna.
Successivamente confessò l’omicidio, il movente era che la ragazza si rifiutava di dargli parte dei suoi guadagni illeciti e quella sera l’aveva cercata per estorcerle denaro. Trovata in attesa alla fermata del bus, l’aveva con le minacce costretta a salire sulla sua auto (una berlinetta bianca) e subire un rapporto sessuale nella solita stradina appartata. Poi l’aveva picchiata perché rifiutava di dargli i soldi ed uccisa, senza intenzione, con un cazzotto alla tempia.

35 gradi, che caldo per essere a metà di giugno.
Poi sto corpetto antiproiettile non fa respirare, lo spallaccio del mitra sega la spalla per il peso.
A Palermo, dove il sovrintendente è stato trasferito, il servizio scorte dei magistrati ad alto rischio non conosce orari.
Come oggi, dove sotto un solleone, attende che il caposcorta ordini il via libera per prelevare da casa sua uno dei giudici del più importante e rischioso processo di mafia dell’anno.
“Certi peccati Dio non li segna”, diceva il suo ex dirigente del 32mo distretto della capitale … ma l’ufficio disciplina del corpo di polizia li segna. Eccome.

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe