Taomoda. “Picciridda” di Catena Fiorello, vincitore del premio Moak

TAORMINA – Nell’ambito di Taomoda, Catena Fiorello ha presentato, presso l’NH hotel di Taormina, il suo libro “Picciridda”. Un romanzo d’esordio pubblicato da Giunti editore.

A condurre Milena Privitera, con Maria Teresa Papale artefice del “Caffè Letterario Moak”, momento culturale che esiste da 16 anni e che quest’anno ha visto concorrere 400 racconti di autori nazionali.  La scrittrice Catena Fiorello è la vincitrice del 2017.

Maria Teresa Papale ha affermato che l’iniziativa cerca di valorizzare anche le eccellenze del territorio. La Papale ha aggiunto come solo l’unione di più forze possa determinare l’emersione e l’affermazione dei talenti, attraverso più enti e associazioni accomunate da una visione prolungata verso il futuro. La stessa presidente dell’associazione Arte&Cultura, ha rilevato come Taormina non sia solo “un centro commerciale all’aperto”, ma un teatro millenario di cultura, purtroppo in una situazione non facile.

Catena Fiorello ha parlato del suo libro, sottolineando come non si tratti di un manoscritto autobiografico, anche se la figura della nonna della protagonista, ricalca quella dell’autrice. Quest’ultima, ha detto la Fiorello, era una donna, forte e volitiva che, vedova di guerra e con tre figli a carico, nel 1931 mise al mondo il padre di Catena, avuto da una relazione amorosa con un suo vicino di casa. Il bambino fu mandato a lavorare, già a 8 anni. Scaricava pietre per le ferrovie per aiutare la madre, ignaro dell’identità del padre. Scoprì chi fosse solo quando, andando militare a Gorizia, fu invitato a spedirgli una cartolina, conservata dai parenti paterni. Un giorno la verità emerge e la famiglia del padre terrà un ottimo rapporto con quella dei Fiorello.

Protagonista di “Picciridda” è una bambina di 11 anni. La nonna forte e a dura, a suo modo, vuole forgiare la nipote alle asperità della vita. Anche con l’esaltazione della “vecchiaia” in senso positivo. Il personaggio della nonna, ispirato a quella di Catena, contrariamente alla mentalità diffusa, non fu mai messa all’indice per aver dato alla luce un figlio fuori del matrimonio. Anzi fu considerata quasi una “regina”, nel suo essere siciliana con elevati valori di legalità. Gli stessi di due ragazzi di Aci Sant’Antonio, portati ad esempio dalla Fiorello che, proprio nel comune in provincia di Catania, hanno realizzato il museo dei carretti siciliani, con grandi sforzi economici – secondo l’idea che se la bellezza salverà il mondo, il mondo è chiamato a curarla – museo oggi noto grazie a Dolce & Gabbana. 

“Picciridda” nasce per dare voce alla storia di tanti migranti. La Fiorello ha conosciuto, in varie cittadine tedesche, sin dalla prima stesura del 2006, la loro realtà, confrontandola con le storie raccontate a Letojanni, città natia dell’autrice. Spesso chi migrava per motivi economici, lasciava sul suolo patrio, a parenti o coppie di amici, i propri figli più giovani. Non di rado purtroppo, questi ultimi erano vittime di abusi, nascosti da una coltre d’impenetrabile silenzio, che durava per sempre. E, sentirne parlare invece, aiuta a liberarsi di un peso angariante, come accaduto a certe donne durante alcune presentazioni.

Sinossi. Estate del 1961: i genitori di Lucia (“a picciridda”) decidono di partire con il figlio più piccolo, senza accennare minimamente della decisione alla più grande. A settembre la informano della partenza e del fatto che rimarrà la nonna. Da qui una grande sofferenza, che trova il suo simbolo nella scena della partenza, con uno straziante abbraccio collettivo. I genitori, come tutti i migranti, incominciano a fare più lavori. Diventano quasi apolidi: in Italia sono “quelli che vengono dalla Germania”, in Germania “ quelli che vengono dall’Italia”. Lucia spera sempre nel ritorno dei suoi, che rimandano il rientro. Provata, decide di scriver loro una lettera, che sterna tutto il suo dolore. Non la spedisce perché sa che per lei non cambierà niente. Nello scritto verga alla madre tutta la sua infelicità, per aver scelto il figlio più piccolo, e non lei, o entrambi. L’io narrante è una donna, Lucia da grande, che la vita matura e tempra. In quale direzione?

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