Manifestolibri. Presentato “Rosso digitale. L’algoritmo di Marx” di Vincenzo Vita

ROMA – Davanti a una platea nutrita e attenta, nella sede di AAMOD ovvero Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, è stato presentato il libro di Vincenzo Vita “Rosso digitale.

L’algoritmo di Marx”, edito da Manifestolibri. Sono intervenuti: Norma Rangeri (direttrice de “Il manifesto”), Vincenzo Vita (presidente della Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico), Nicola D’Angelo (giurista e magistrato amministrativo), Gianrico Carofiglio (saggista e scrittore).

Secondo la Rangeri il libro è una cronaca della formazione del populismo mediatico, contesto al quale hanno contribuito gli errori della sinistra: l’aver preferito, ad esempio, la battaglia per il titolo V a quella sul conflitto d’interessi. In “Rosso digitale” è attribuito alla televisione il marchio di fabbrica del populismo mediatico, che ha portato all’elezione di Berlusconi, fenomeno sottovalutato dalla sinistra nell’illusione di un suo veloce ridimensionamento. Pregio del libro è tenere intrecciati sviluppo tecnologico e cambiamenti politici. La direttrice de “Il manifesto” ritiene che il grande interrogativo di oggi sia chiedersi se siamo di fronte alla possibilità di un nuovo “ventennio”. Per la Rangeri l’arretratezza della sinistra è una profonda deficienza teorica che tuttora scontiamo e che la pone in retroguardia rispetto alla rete. In “Rosso digitale”, dice la Rangeri, la rivoluzione digitale è il linguaggio del secolo, una psicotecnologia che cambia l’alfabeto traducendolo in algoritmo. Il nuovo media non uccide il vecchio ma lo trasforma. E conclude, in accordo con quanto sostenuto da Vita, che servirebbe un intellettuale consapevole capace di riscrivere l’algoritmo di Marx.

Nicola D’Angelo, giurista e magistrato amministrativo, ha lavorato per alcuni anni presso il Ministero delle Comunicazioni, dove ha diretto uffici con competenze giuridiche nel settore della radiotelevisione pubblica e privata e delle telecomunicazioni. Si è inoltre occupato di problematiche relative alla pianificazione delle frequenze, alla convenzione e al contratto di servizio della RAI, alle trasmissioni per l’estero e per le minoranze linguistiche. Nicola D’Angelo ha ricordato gli anni delicati, vissuti in prima persona, in cui la Corte costituzionale dichiarò illegittima la legge Mammì (quella del 6 agosto 1990, n. 223 in materia di ordinamento radiotelevisivo) con la bocciatura del 7 dicembre 1994, sentenza n. 420, che la definiva «incoerente, irragionevole» e inidonea a garantire il pluralismo in materia televisiva. D’Angelo ha illustrato le difficoltà delle riforme e le scelte errate della sinistra, dovute non solo a mancanza di consapevolezza. Errori che tuttora scontiamo anche nell’arretratezza con la rete, problema su cui la sinistra italiana dovrebbe riprendere un’operazione culturale in chiave moderna.

Gianrico Carofiglio ritiene il libro di Vita densissimo e persino troppo “breve”, da intendere come sottolineatura della “densità della riflessione” che fa desiderare di saperne di più. L’autobiografia della nazione per Carofiglio è inscindibile dall’uso dei mezzi di informazione e comunicazione, dal loro abuso, dalla consapevolezza del loro potere, cognizione di cui la sinistra difetta. Per Carofiglio a sinistra permane sul tema una “visione da sopracciglio alzato” e spesso si confonde la comunicazione politica con la pubblicità: due mestieri diversi, secondo lo scrittore, perché la pubblicità vende prodotti e la politica dovrebbe comunicare valori. A meno che non si voglia, precisa Carofiglio, come chi ci governa, usarla come manipolazione. Su questi temi la sinistra è insensibile – incalza l’ex parlamentare – nell’illusione che dire la verità renda liberi e vincenti. Secondo Carofiglio non funziona così, perché la verità va comunicata con efficacia tenendo conto della complessità di tutti i territori. La sinistra è specializzata nel dire male la verità. La destra nel dire molto bene le bugie, grazie a un totale disprezzo dei contenuti e dei destinatari: oggi dice una cosa, domani un’altra. La questione fondamentale della buona comunicazione è l’empatia, intesa come conoscenza profonda di cosa l’altro può capire e cosa non capirà. Bisogna imparare a dire bene la verità, conclude Gianrico Carofiglio, impadronendosi di tutti i meccanismi, coinvolgendo la gente sul piano delle emozioni, tenendo presente i valori che si vuole comunicare perché sinistra, per Gianrico Carofiglio, rimane sinonimo di solidarietà. 

L’autore di “Rosso digitale” Vincenzo Vita, citando Radio Radicale, spiega come questo governo abbia preso di mira testate che non possono vivere secondo logiche di mercato, come evochi il mercato quale ideologia per chiuderle definitivamente. Come diminuiscano scolarizzazione, copie dei giornali, lettori di libri. Come i mezzi di comunicazione, nella forma prevalente, siano dominati e tagliarne alcune voci concorra all’omologazione. Per Vincenzo Vita il rovesciamento della verità introdotto dal fenomeno del berlusconismo si è sviluppato in filiera. Vincenzo Vita ricorda come nelle ultime europee i temi prevalenti siano stati quelli che in realtà non lo erano: immigrazione e sicurezza. Uno dei limiti della comunicazione della sinistra è di avere in mente, in modo autoreferenziale, un pubblico che si suppone uguale a chi parla, considerando gli avversari come incapaci. Bisogna invece diventare consapevoli del fatto che a sinistra c’è una crisi profonda di linguaggio, di approccio e di stile. Internet non è solo un nuovo medium ma molto probabilmente anche una nuova struttura sociale, una nuova morfologia di cui capire il senso.  Argomenti di straordinaria attualità sono l’intelligenza artificiale, gli algoritmi quale punto essenziale del comando, la “libra”, la datacrazia, la regolamentazione democratica d’internet.  Siamo in un’epoca che richiede un salto, ha concluso Vincenzo Vita, e “Rosso digitale” vuole essere su quest’argomento un piccolo contributo.

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