La nuova Persepoli. Il ministro dei Beni Culturali rilancia l’alleanza pubblico-privato

ROMA – Di Dario – “colui che possiede il bene”, in antico persiano- è rimasta soprattutto la trasformazione di Persepoli, diventata grazie a lui straordinaria città d’arte. Dario I° di Persia, detto il Grande: da allora questo nome, Dario, si carica di un significato particolare.

Di Dario Ministro dei Beni Culturali e del Turismo, all’inizio del suo mandato, ha colpito l’ostinazione con cui un uomo politico di primo piano -già segretario del PD, e protagonista delle vicende politiche dell’ultimo decennio- ha voluto questo incarico. Poteva tranquillamente ambire a un altro incarico, più “pesante” nella logica della vecchia politica (gli Esteri, l’Interno, la Giustizia). Eravamo del resto stati abituati, da lungo tempo, a Ministri della Cultura di due tipi: politici in caduta o in punizione , che vivevano questo incarico come residuale; o tecnici, più o meno illuminati e preparati, incapaci di mordere sulla macchina amministrativa. Franceschini si è messo nel solco dei grandi ministri della cultura. L’Italia ne ha avuto quattro: due, politici (Giovanni Spadolini e Walter Veltroni) e due tecnici (Alberto Ronchey e Antonio Paolucci). La lunga decadenza del ruolo della cultura in Italia, e anche del turismo, è strettamente connessa, specie nell’ultimo ventennio, al disinteresse con cui si è guardato da parte dei partiti e dei governi alle politiche di questo dicastero.

 

Dario Franceschini, prima e dopo il breve pit-stop di salute da cui sembra uscito forte e ritemprato, ha poi annunciato un programma che, se realizzato, diventerebbe una vera rivoluzione per il Paese. L’alleanza pubblico-privato, lungi dall’essere la riproposizione del modello Mac Donald di bondiana memoria, è una sfida economica e morale al capitalismo italiano: se e quanto, nei suoi grandi gruppi, ma anche nella rete diffusa di piccole imprese e con la promozione di start-up giovanili, il mondo privato possa dare un contributo ad un “nuovo rinascimento”, come ama dire con un po’ di enfasi Matteo Renzi. Non si tratta di tagliare la spesa pubblica in cultura: si tratta di affiancare, con precise ipotesi operative (alcune le ho recentemente avanzate ne Il potere dell’arte, Datanews editore 2013), a un volano pubblico, da rafforzare, un largo concorso privato, sotto il controllo di sovraintendenze semplificate e riunificate.

Su questo Artemagazine stimolerà, criticherà o applaudirà quando necessario, l’azione del Governo.

Si potrebbe cominciare dal progetto alla base di tutto: realizzare la grande enciclopedia digitale dei beni culturali, da affidare alla mobilitazione di una nuova generazione.

Non sappiamo se è il tempo di una nuova Persepoli. Ma sappiamo sicuramente che la politica riprenderà prestigio se dimostrerà capacità di ascolto e forza di decidere. Coraggio, Dario.

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