Un’occasione unica, quella che offre il Festival di fotografia Emerging Talents, dal 2 al 17 dicembre prossimi allo Spazio Factory del Macro di Testaccio (ingresso libero): vedere per la prima volta esposti insieme i più talentuosi giovani fotografi contemporanei, selezionati dall’Associazione culturale PhotoTales, con la direzione artistica di Arianna Catania e la direzione organizzativa di Sarah Carlet.
«Oggi nel panorama internazionale della fotografia contemporanea ci sono numerosi autori con una visione e produzione unica e originale – racconta la direttrice artistica – Ma troppo spesso i loro lavori non sono presentati in Italia. Per questo è nato Emerging Talents, un evento che porta nella Capitale una selezione di progetti provenienti da tutto il mondo, scelti insieme a sei festival europei, realtà che danno grande attenzione alla giovane fotografia».
Il tema scelto per questa edizione è Passato, Presente e futuro ed è stata lanciata un call internazionale a cui hanno risposto oltre 200 artisti da tutto il mondo. Può un’immagine congelare il presente, facendo vivere insieme passato e futuro? “Oggi più che mai, nel nostro presente, i confini di senso e temporalità cadono – ci spiega Catania – Passato e futuro hanno al loro interno contemporaneamente aspetti positivi e negativi. Infinite contraddizioni che mescolano tradizione e progresso, scienza e catastrofe, speranza e paura. Per questo abbiamo scelto il tema Passato, Presente, Futuro. Per cercare, attraverso le arti e l’immagine visuale, nuovi orizzonti di riflessione. E la fotografia contemporanea è uno dei mezzi che può aiutarci a dipanare questo groviglio perché da sempre medium ambiguo: usa gli archivi e la memoria per riportare alla luce il passato, interroga il web e le nuove tecnologie per frugare nel presente, usa l’osservazione partecipante per documentare infinite realtà, ed imprimerle nella memoria». La fotografia è forse lo strumento migliore per raccontare dunque il nostro presente.
Come ha fatto la giovanissima fotografa finlandese Miia Autio, vincitrice della call internazionale lanciata dal festival: «Miia è riuscita a trattare un capitolo tragico della storia del mondo, come quello del Ruanda, in punta di piedi, astraendo i personaggi e rendendoli così protagonisti di un racconto senza tempo – ci spiega la direttrice artistica del Festival Arianna Catania – I suoi ritratti raccontano della nuova vita di queste persone in Europa, e del loro passato immerso nel ricordo. Con un sapiente uso della fotografia, ha congelato il pensiero di ognuno di loro, “dipingendo” un’atmosfera rarefatta, collocando su una stessa linea presente, passato e futuro».
Molte le mostre che trattano temi contemporanei eppure universali, come Nadab di Alessio Cupelli, fatta in collaborazione con FujiFilm e l’ong Intersos allo scopo di raccontare la diaspora dei migranti.
Nadab infatti in arabo significa “cicatrice” e si riferisce alle cicatrici lasciate nell’anima e nel corpo di chi è costretto a lasciare il paese di provenienza, ma soprattutto a quelle che affondano le proprie radici nella nostra memoria, mettendo in luce i conflitti non risolti del cosiddetto Occidente. L’autore ci porta a riflettere su come queste cicatrici, tutt’altro che rimarginate, siano oggi diventate i canali principali su cui transitano milioni di persone. Il progetto nasce nell’ottobre del 2015, nel momento più caldo della rotta balcanica. Attraversando l’Ungheria, la Croazia, la Serbia, la Macedonia e la Grecia, lo sguardo del fotografo ci rivela le conseguenze della chiusura delle frontiere da parte dell’Europa e poi si sposta in Libia e in Giordania dove milioni di sfollati vivono nei campi profughi senza più nessuna possibilità di andare avanti e con la paura di essere rimandati indietro. Mediante un punto di vista intimo, attento a far emergere la dignità dei soggetti ritratti assieme a silenzi lontanissimi dal chiasso a cui il clamore mediatico su questi argomenti ci ha abituato, Nadab ci racconta le storie di queste persone bloccate alle periferie di un occidente in cui la storia si ripete.