Arti visive e territorio. Intervista a Emanuele Piccardo, curatore di NASAGONANDO ART PROJECT

Ci sono luoghi, non solo fisici, in cui le arti assumono una connotazione speciale. La relazione con le persone, con un territorio, con la sua storia e la vita quotidiana divengono parte di un accadimento in cui gli autori sono attivatori di processi relazioni e culturali. 

Si può parlare di uno scopo delle arti? O meglio di uno obiettivo di chi le arti le pratica e di chi pensa a come struttura il proprio agire all’interno della società? Convinti che non si diano risposte,  siamo fermi sostenitori di chi questiona e convintamente si muove in tale direzione, incontriamo Emanuele Piccardo, curatore di NASAGONANDO ART PROJECT, un progetto che si sviluppa a Ormea, in provincia di Cuneo, luogo colpito dall’alluvione nel 2016. Attraverso un programma di residenze, mostre e incontri vari –  che si concluderà in estate – si intende sollecitare la riflessione sulla relazione uomo-ambiente quale base di una nuova coscienza ambientale. La tematica, con tutti i riflessi che dietro si porta, è da tempo parte degli interessi e delle ricerche di Piccardo che, con NASAGONANDO, porta sul campo fotografi, architetti e artisti per smuovere le acque…

Come nasce l’idea di Nasagonando? Tu sei ligure, conosci bene l’alluvione e già avevi realizzato un documentario su quella che colpì le cinque terre, Fango. Perché la scelta di sviluppare questo progetto in provincia di Cuneo e non, ad esempio, in Liguria?

Per un anno insieme ad Alessandro Chiossone e Roberta Volpone, due amici architetti, abbiamo frequentato Ormea. Una cara amica mi ha presentato Giorgio Ferraris, un sindaco vecchia maniera, progressista, pragmatico, maestro in pensione pieno di idee e progetti.  Abbiamo iniziato a pensare come risollevare le sorti di Ormea, piccolo comune di 1000 abitanti nell’Alta Valle del Tanaro, e mi sono inventato la parola Nasagonando, che prende spunto dalla frazione Nasagò.
Nasagonando é un comportamento che ha l’obiettivo di indagare il rapporto tra uomo e natura, distillando nella comunità locale una nuova consapevolezza nei confronti dell’ambiente. Questo può avvenire solo con le arti visive che agiscono in un tempo limitato per stimolare azioni da parte degli artisti e le conseguenti reazioni degli abitanti, a partire dalla catastrofe alluvionale.

Era un modo per dimostrare quanto le arti visive fossero utili e non solo esteticamente interessanti e percepite come elitarie dalle comunità. In Liguria non ci sarebbero state le risorse economiche per portare a compimento un progetto come questo, l’ho toccato con mano quando ho girato il documentario Fango…Infatti oggi non ho nessun progetto attivo nella mia terra, sono dovuto “emigrare” in altre regioni come il Piemonte che mi da fiducia da molti anni, soprattutto la Fondazione per l’architettura di Torino e ora Fondazione CRC.

Quale è stato il criterio di scelta degli artisti, architetti e fotografi in residenza? Quale contributi diversi hai immaginato invitando questi tre profili diversi? E in quali termini ritieni che le arti visive possano incidere sulla coscienza ambientale del singolo e della comunità? 

La mia formazione é cross-disciplinare, sono architetto ma la fotografia l’ho praticata fin da subito e poi é arrivato il cinema. Seguendo il mio istinto, non posso mai affrontare un progetto con un punto di vista univoco, sarei arrogante, ho la necessità di condividere con altri che provengono da storie diverse. Ho ritenuto di chiamare degli artisti che fossero aderenti con il progetto. Per quanto riguarda gli architetti, ho ragionato molto con Chiossone+Volpone sul significato di catastrofe e arte, dalle discussioni é nata l’installazione Tòn-no (Tanaro in dialetto ormeasco), in cui i residui dell’alluvione, ovvero tronchi e sassi, vengono trattati come reperti archeologici della catastrofe e sono stati collocati all’interno di un ex spazio ferroviario nei pressi della stazione di Ormea, riconsegnando quel luogo all’uso pubblico.

Dall’altra l’invito rivolto a Parasite2.0 riguarda il loro modo di lavorare sulla temporaneità e sul dissolvimento dell’opera nella natura. Diverso é il discorso per il fotografo Marco Introini e la sua ricerca sulle infrastrutture della valle. Infine il lavoro più dichiaratamente politico, quello di Maria Chiara Calvani con la collaborazione dei richiedenti asilo. In questo il sindaco Ferraris ha attuato una politica dell’accoglienza ma anche organizzando corsi di italiano, insegnando ai ragazzi a tagliare gli alberi nel bosco, insomma essere utili alla comunità. 

Uno degli aspetti più interessanti in questo tipo di progetti è la dimensione processuale. Come state sviluppando il lavoro con la comunità ormeasca?

In parte ho già risposto, ma vorrei evidenziare che tutte le opere resteranno al territorio nella disponibilità del comune, e stiamo ragionando con il sindaco per una esposizione permanente del progetto. Una dimostrazione che questo progetto così strutturato, proprio per i temi trattati, non potrebbe essere svolto in altri luoghi, la modalità é trasferibile ma ogni luogo deve avere i suoi temi.

Oggi inaugura la seconda tappa espositiva di NASAGONANDO: la mostra del fotografo Marco Introini. Ci vuoi parlare del suo lavoro?

Introini é un grande fotografo della tradizione documentaria italiana, allievo di Gabriele Basilico, ha poi intrapreso una via autonoma. Il suo lavoro, esito della residenza, é composto di segni presenti nel paesaggio valligiano e  si concentra, come in una pittura segnica degli anni sessanta, su elementi caratterizzanti il territorio, tra ferrovia, statale del Colle di Nava e montagne. Una analisi più approfondita porta alla luce una serie di sottotemi. Il fiume si porta il sottotema dei canali e delle chiuse, la ferrovia si relaziona con il suo tracciato e le piccole stazioni, i terrazzamenti dialogano con le cave e poi le presenze di archeologia industriale riassunte nel complesso monumentale della ex Cartiera di Ormea. I segni del paesaggio assumono nel lavoro di Introini un dimensione post-catastrofe, dove la natura, con un atto entropico, ritorna ad una condizione fisica e dunque visuale rinnovata attraverso la distruzione-rigenerazione dell’alluvione. Il lavoro di Introini dialogherà all’interno del deposito ferroviario con l’installazione  Tòn-no di Chiossone+Volpone, proprio per enfatizzare come ogni evento di Nasagonando sia legato l’uno all’altro.

Accanto alle residenze e alle mostre, il progetto prevede proiezioni di film e vari incontri. Trovo sempre interessante la relazione umana che si crea in piccoli contesti con questi progetti… come reagisce Ormea a queste proposte?

Ho ritenuto importante avere degli incontri aperti con autori di altre discipline, durante le inaugurazioni delle diverse residenze ospitando un relatore e poi proiettando un film sul tema uomo- natura. Il primo incontro si é svolto l’8 dicembre con lo storico rurale Massimo Angelini e la proiezione del film A spasso nel bosco. In occasione dell’inaugurazione della mostra di Introini, verrà presentato Atlas Bormida, un progetto realizzato con la partecipazione di autori, artisti, ricercatori, studenti, giornalisti, tra cui Andrea Botto, Laura Cantarella, Alberto Momo, Alessandro Sciaraffa. Nella stessa occasione renderemo omaggio a Folco Quilici, recentemente scomparso, proiettando il film Fratello Mare. Questi incontri, finanziati con risorse proprie dell’associazione plug_in, hanno proprio l’obiettivo di coinvolgere la popolazione di Ormea, attivando anche un processo relazionale e di partecipazione che necessita di tempo e sedimentazione, nella speranza che la consapevolezza ambientale possa crescere ancora in queste piccole comunità.

Prevedi un futuro per Nasagonando?

L’incidenza delle arti visive nella comunità non si possono misurare in appena un anno, infatti ho intenzione con il sindaco di proseguire anche per il 2018-2019…C’è sempre molta diffidenza verso il nuovo, così il primo approccio é sempre difficile, ma alle persone i progetti vanno spiegati e raccontati allora poi ti seguono, ad Ormea sta accadendo questo, proprio perché si agisce su tematiche identitarie come gli elementi del bosco e della natura, la ferrovia storica, il fiume. Senza questo contesto fisico e umano Nasagonando non esisterebbe, occorre comprendere e ascoltare le istanze che vengono dalle comunità.

Didascalie foto

1 Da sinistra Alessandro Chiossone, Roberta Volpone, Emanuele Piccardo, Antonella Parigi, Assessore alla Cultura della Regione Piemonte, Giorgio Ferraris, sindaco di Ormea

2 Alessandro Chiossone e Roberta Volpone, Tòn-No, 2017

3 Alessandro Chiossone e Roberta Volpone, Tòn-No,-2017 ex deposito Ormea

4 Emanuele Piccardo, Lungo il fiume, 2017

5 Emanuele Piccardo, Lungo il fiume, Ormea 2017

6 Marco Introini, Ormea Segni del paesaggio, 2018 bassa

7 Marco Introini, Ormea Segni del paesaggio, 2018 low

 

 

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