Isabella Stewart Gardner Museum. Il palazzo veneziano di Boston

Un palazzo interamente costruito per custodire i tesori più preziosi, incantato, con porte in massello intarsiato che celano segreti inconfessabili, stanze nell’ombra e un intensissimo profumo di fiori di campo appena raccolti.  

L’entrata ricorda un passaggio sui canali di Venezia, dai mattoncini rossi sbiaditi e dall’assenza di luce artificiale, che si apre in un immaginario paradiso terrestre, dove piante esotiche e statue greco-romane si intrecciano sinuosamente in un cortile di altri tempi.

Se non ci si è mai persi fra i canali veneziani, l’Isabella Stewart Gardner Museum vi darà esattamente la stessa sensazione, lo stesso sussulto del cuore per l’incredibile bellezza. 

La gemma più preziosa del museo, non considerando la straordinaria collezione d’arte rinascimentale italiana, è in assoluto il cortile interno illuminato da luce naturale che penetra dal soffitto vetrato e modifica ombre, toni e riflessi. Nonostante il rigido clima del New England, che nasconde per la maggior parte del tempo il sole dietro pige nubi sempre cariche di pioggia o neve, la vegetazione germoglia florida e si apre ai visitatori in una vasta gamma di colori brillanti in un connubio perfetto tra sarcofaghi romani, busti di divinità greche e un ‘architettura gotica veneziana propria di un castello fiabesco.

La creatrice di questo sogno europeo nel cuore di Boston è Isabella Stewart Gardner, da cui prende nome il museo. Una donna vissuta negli ultimi anni dell’ottocento e i primi del novecento, patrona delle arti e della musica. Nel 1886 già aveva stretto legami d’amicizia con esponenti della scena artistica contemporanea come il londinese James Abbott McNeill Whistler e il bostoniano John Singer Sargent, il quale occasionalmente le regalava suoi disegni e quadri autografati. 

La sua vita cambiò decisamente dopo l’incontro con il giovane americano Bernard Berenson, professore di storia dell’arte ed autore del The Venetian Painters of the Renaissance. Dal primo incontro si instaurò un rapporto di fiducia tale che divenne ben presto il suo consulente per ogni acquisizione d’arte, particolarmente del periodo rinascimentale italiano. Con Berenson, la signora Gardner divenne una nota collezionista.

La compravendita d’arte non era un’operazione semplice, soprattutto ai quei tempi, quando le distanze transoceaniche non erano semplificate dalla tecnologia. Viaggiare non era così accessibile ed ogni transazione veniva preceduta da una lunga e meticolosa corrispondenza per la negoziazione. 

Le acquisizioni divennero pian piano sempre più frequenti. Dopo la scomparsa del marito nel 1898, Isabella Stewart Gardner decise di intraprendere ancora una volta un viaggio verso l’Europa per trovare inspirazione per quello che sarebbe stato il futuro museo. Si trattenne a Venezia dove stabilì fruttuose relazioni con artigiani, esperti d’arte, battitori d’asta e visitando ripetutamente botteghe d’antiquariato e chiese.

La prima apertura al pubblico dell’Isabella Stewart Gardner Museum fu nel febbraio del 1903 e l’accesso fu limitato a solo 200 visitatori al giorno per un mese all’anno.

La relazione di Isabella Stewart Gardner con la sua collezione d’arte privata era viscerale e attingeva ad un aspetto sacramentale che tutt’oggi il museo conserva. Il suo palazzo non era esclusivamente un luogo per intrattenere amici, per conviviali feste a tema (per la quale era incredibilmente famosa nell’alta società bostoniana) ma un vero e proprio santuario che rispecchiava la sua profonda spiritualità. Chiunque fosse invitato poteva silenziosamente contemplare scene della passione di Cristo, della natività ed inginocchiarsi dinanzi alle opere, in una quieta atmosfera a lume di candela. 

Come già detto, il museo oggi conserva la stessa essenza carismatica, lasciando il visitatore vagare per le gallerie in una luce soffusa, un rigoroso silenzio e un velo mistico che segue il pubblico nel loro cammino attraverso camere affrescate o decorate da pesanti arazzi. Non vi è la palpabile pressione dell’insegnamento artistico socio-culturale che si percepisce in altri musei. 

L’Isabella Stewart Gardner vuole sorprende e lasciar spazio all’emozioni dei visitatori. 

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