Conversation Piece alla Fondazione Memmo

La nave dei folli guida il settimo appuntamento del ciclo espositivo con tre artisti provenienti da Belgio, Germania e Francia 

Dall’8 febbraio apre finalmente Conversation Piece Part VII, il nuovo appuntamento del ciclo di mostre della Fondazione Memmo dedicate agli artisti italiani e stranieri temporaneamente presenti a Roma, o che intrattengono un rapporto speciale con la città. Curata da Marcello Smarrelli, l’esposizione vede protagonisti la coppia belga di artisti Jos de Gruyter & Harald Thys, il tedesco Benedikt Hipp (attuale vincitore del Premio Roma presso l’Accademia Tedesca Roma Villa Massimo) e Apolonia Sokol (attualmente pensionnaire presso l’Accademia di Francia a Roma-Villa Medici).

Verso Narragonia, il sottotitolo che caratterizza ad ogni edizione le scelte e il percorso espositivo, per questo settimo capitolo fa riferimento alla località fittizia raccontata nel poema La nave dei folli, del poeta alsaziano Sebastian Brant, pubblicata per la prima volta nel 1494 e illustrata da Albrecht Dürer, esposta in una rara copia del 1572 in una delle sale del prestigioso spazio romano di via Fontanella Borghese grazie al prestito eccezionale concesso dalla Biblioteca Oliveriana di Pesaro: un libro che mai come in questo periodo diventa motivo ispiratore per confronti tra gli artisti, oltreché monito per l’epoca anomala di reclusione, follia e fuga nell’altrove che tutti stiamo vivendo. È forse Apolonia Sokol, che in prima battuta esprime questo senso di oppressione e di ambizione all’evasione con un gigantesco tableau aggettante di cinque metri di larghezza che offrire una visione “distorta” su un telaio estroflesso e che riproduce oltre sessanta figure femminili, tra cui amiche, conoscenti e persone amate dalla stessa artista, e in cui sbucano Hitchcokianamente alcuni suoi autoritratti. L’opera mette in discussione orientamenti e generi sessuali, attualizzando alcuni riferimenti della tradizione artistica e accostandoli a temi urgenti e d’attualità. Numerosi poi i riferimenti all’arte contemporanea: dalla donna incinta della “Speranza” di Gustav Klimt alla figura con la mano sulla testa che richiama alla “Melancholia” di Durer, la figura nera, che si rifà a Hendricks e la donna vista di spalle, che nella capigliatura ha qualcosa dei fiori di Georgia O’Keeffe.

In apertura della mostra, invece, 23 busti rappresentanti teste “mozzate” e realizzati in gesso, capelli finti e vernice, conducono ad esplorare un percorso storico e filosofico concepito da Jos de Gruyter e Harald Thys. Si tratta di un mescolamento di personaggi vissuto, alcuni dei quali noti soprattutto in Belgio, tra politici, dittatori, attori di film di serie B, assassini con le loro vittime o persone comuni. La linearità del percorso conduce ad un tentativo artistico “democratico” di appiattimento sociale, che ne cancella ogni gerarchia e di conseguenza giudizio morale sul proprio operato per unificarli in un unico limbo creativo che li rende nell’insieme spaventosi e innocui, piatti, inermi e stereotipati. Di essi, a titolo conoscitivo, è presente in un unico dossier la specifica biografia. L’idea è efficace e in qualche modo una provocazione, nella similitudine con i busti imperiali romani di destinazione storica all’interno dell’archeologia urbana. Un altro modo di interpretare i folli di Narragonia, disintegrandoli dalla loro originaria società di appartenenza.

L’ultima sala dell’esposizione ospita invece l’artista forse più filosofico dei tre, il cui stile si esprime a livello spaziale in dipinti e sculture inedite entrambi semifigurativi. L’astrazione che si evince da dettagli umani di piedi mischiati a lingue, realizzati in argilla viva, a braccia decurtate con occhi vivi tatuati in esse dipinti su legno industriale, esprime il dissezionamento di corpi tipico da laboratorio, proiettandone le singole parti in atmosfere surreali e metafisiche al limite col futurismo, Le sculture, prodotte grazie ad una fornace che l’artista ha installato nel proprio giardino di casa, rendono l’effetto di reperti di un’antica civiltà scomparsa, mentre le tele si contraddistinguono per la loro spazialità tridimensionale all’occhio che  trascende i limiti della razionalità.

L’esposizione, a ingresso libero, è in programma fino al primo luglio, dal lunedì al venerdì, dalle ore 11.00 alle ore 18.00.

Info su www.fondazionememmo.it

           

     

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