Cinemavvenire. Massimo Calanca: “L’arte per immaginare nuove possibilità”

VENEZIA – Nell’intervista di Bruna Alasia,  nostra inviata a Venezia 69, Massimo Calanca, Presidente di Cinemavvenire,  parla dell’associazione, delle difficoltà del presente, delle opportunità della cultura, del Dalai Lama, del nostro futuro.

Cinemavvenire anche quest’anno sarà alla mostra di Venezia, cosa riserva il programma?

M.C. Quest’anno non solo saremo a Venezia come tutti gli anni, ma sarà un’occasione speciale: il ventennale di CinemAvvenire. Infatti l’associazione è stata fondata nel 2002 a Venezia da Gillo Pontecorvo e da me. Per cui, lo stage di formazione che svolgiamo quest’anno dal 27 agosto al 9 settembre, dal titolo “Common Ground tra Cinema e Architettura”, si concluderà con una grande festa del ventennale, venerdì 7 settembre, insieme alla consegna dei premi della giuria di CinemAvvenire. Alla serata interverranno molti dei “veterani” che hanno partecipato alla Mostra con noi negli anni passati, insieme ai giovani nuovi soci di CinemAvvenire. Nei giorni precedenti si svolgerà il nostro stage, che prevede un seminario sul rapporto tra cinema e architettura, visite guidate alla Mostra di Architettura, la visione gratuita dei film della Mostra del Cinema, la partecipazione alla giuria di CinemAvvenire, la collaborazione alla redazione del portale  HYPERLINK “http://www.cinemavvenire.it” www.cinemavvenire.it, un laboratorio di riprese e montaggio con la realizzazione di un cortometraggio, un laboratorio di fotografia, alcuni incontri con gli autori, maestri ed esperti presenti alle Mostre. I lavori si svolgeranno nella sede dello storico Istituto Cini, accanto ai Giardini de La Biennale, nel quale i partecipanti alloggeranno, e in alcuni spazi attrezzati messi a disposizione da Biennale Sessions. Ai partecipanti saranno riconosciuti alcuni crediti formativi da parte di varie università italiane ed europee.

Può citare qualcuno, tra gli allievi della scuola, che si sia affermato?

M.C. Molti dei giovani che hanno partecipato in prima persona alla Storia dell’associazione, contribuendo a farne una realtà di eccellenza, hanno poi portato nella loro esperienza e nel loro lavoro molto di quello che hanno sperimentato insieme a noi. Alcuni di loro hanno fatto carriera. Mi dispiace di poterne citare solo alcuni e di dimenticarne sicuramente altri.
I gemelli  HYPERLINK “http://www.cinemavvenire.it/attivita/i-gemelli-de-serio-a-cinemavvenire-una-galleria-videofotografica” Gianluca e Massimiliano De Serio sono diventati autori affermati di cortometraggi, vincitori di vari premi in Italia e all’estero e, recentemente, hanno realizzato il loro primo lungometraggio, ” HYPERLINK “http://www.cinemavvenire.it/in-primo-piano/il-codice-nascosto/sette-opere-di-misericordia” Sette opere di misericordia”, che dimostra la loro maturità come artisti, anche se giovanissimi, ha vinto molti premi e riconoscimenti e li ha portati alla nomination al Nastro d’argento come migliori registi emergenti. Stefania Collalto e Guido Barcucci sono diventati affermati addetti stampa (la prima a Milano, il secondo a Roma, nel progetto Telethon, e poi nel sindacato trasporti CGIL). Stefania ha diretto anche il Festival Internazionale di Cinema Turistico di Milano ed ora si occupa di marketing cinematografico. Francesco Crispino è diventato dottore in cinema e insegna all’Università. Come pure Sergio Di Lino, il responsabile editoriale del sito. Roberto Crobu insegna all’Università di Madrid. Bruno Tassone è un’avvocato affermato ed insegna alla LUISS. Luca Passerini è diventato autore televisivo della Endmol e si è affermato come ideatore di “Affari tuoi”, il fortunato quiz di Rai 1. Rosario Pipolo gestisce un’agenzia di promozione culturale a Napoli. Annalisa Collacciani è un’affermata esperta di comunicazione sociale. Valentina Renzopaoli si è affermata come giornalista e conduttrice televisiva.Valentina Petrini è diventata una bravissima giornalista televisiva per varie trasmissioni de La 7, da Piazza pulita, a Le invasioni barbariche, a Exit. Giona Peduzzi lavora nello staff di Maurizio Costanzo. Handrick Wijmans è diventato un bravo documentarista. Alessia Daturi è diventata direttrice di produzione per Telethon, Francesco Giai Via è selezionatore dei cortometraggi al Torino Film Festival. Francesco Del Grosso è diventato regista e Direttore del DAMS Film Festival. E così tanti altri, che non posso citare. Faccio solo un’eccezione: Mascia Lenzi che, al di là del suo lavoro e dei suoi studi di scienze dell’educazione, è una delle più attive volontarie impegnate nei network nella solidarietà con le popolazioni dell’Emilia Romagna colpite dal terremoto.

Malgrado la crisi,  l’interesse per il cinema è sempre vivo nelle giovani generazioni?

M.C. Fortunatamente il cinema continua ad essere vivo e vegeto nell’interesse dei giovani, anche se stanno cambiando le forme di fruizione, sempre più influenzate dalla rete e dal digitale. L’interesse è alto anche per le forme “brevi” di cinema, come i cortometraggi e i documentari. Il nostro CinemAvvenire Video Festival è giunto alla terza edizione, senza alcuna forma di finanziamento esterno, con una crescente partecipazione di autori e di pubblico e con una qualità dei lavori sempre più alta, addirittura eccellente, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche estetico e di idee.

Con quali iniziative Cinemavvenire riesce a far fronte alle difficoltà finanziarie?

M.C. Non sempre riesce a farvi fronte, per cui a volte dobbiamo ricorrere al sostegno economico e di volontariato dei soci. Il calo scandaloso dei contributi pubblici per la cultura ha fatto però “aguzzare l’ingegno”, sviluppando la capacità di integrare attività di tipo economico con le iniziative culturali. Ad esempio il nostro stage di Venezia, che prima era sostenuto da uno sponsor e dal contributo del Ministero dei Beni e Attività Culturali, da alcuni anni è completamente autofinanziato dalle quote di adesione dei partecipanti. Come pure la nostra scuola di Art-Counseling e il corso di alta formazione in regia cinematografica che stiamo organizzando. Nel nostro Centro Culturale di San Lorenzo – altro esempio – abbiamo un piccolo ma ben fornito bar che ci consente di accompagnare le nostre iniziative, dai corsi, agli spettacoli, alle proiezioni, ai concerti, con aperitivi, cocktail, degustazioni. Un’invenzione particolare è stato il progetto “Cu-cine-mondo”, in cui il cinema è stato abbinato alla cucina per conoscere la cultura di altri paesi e sviluppare il nostro discorso su “La ricchezza della diversità”, che abbiamo cominciato anni fa con il nostro premio “Il cerchio non è rotondo, cinema per la pace e la ricchezza della diversità” a Venezia ed in altri Festival. Sulla scia del buon successo che Cu-cine-mondo ha ottenuto, vogliamo sperimentare le “cine-cene”, abbinando alla visione dei film anche la possibilità di mangiar bene, seduti comodamente sulle poltrone della sala cinematografica.

Siamo in un periodo difficile, i tagli alla cultura hanno pesato. Creatività e talento risentono delle crisi  o non c’è attinenza diretta?

M.C. Inizialmente è inevitabile che ci sia un’influenza negativa. Ma poi la speranza è che, come accade in tutte le crisi, anche le difficoltà economiche possano essere trasformate in opportunità di inventare nuove forme di creatività e di espressione artistica. Quello che ho detto in piccolo per le “invenzioni” in campo di autofinanziamento, vale più in grande a maggior ragione per il cinema, l’arte e la cultura, che devono sperimentare nuove strade per affermarsi nei processi di cambiamento in atto e di fronte alle difficoltà che emergono. E questo deve valere per la vita più in generale, sia quella biologica, che già lo fa da milioni di anni, ma anche quella sociale, culturale, esistenziale, che deve saper rinnovare modi di vivere, di pensare, di agire, di stare insieme, di relazionarsi agli altri e alla natura, adeguati alla nuova realtà che viviamo e capaci di creare nuove possibilità e nuovo senso per la vita umana. Per tornare alle attività culturali – e non solo -, non possiamo illuderci che torneranno i tempi delle “vacche grasse”. Mentre continuiamo a batterci per aumentare gli investimenti in formazione, cultura, ricerca rispetto ad altri filoni di spesa pubblica e privata, dobbiamo sapere che i privilegi di cui ha goduto il mondo occidentale anche in materia di risorse per l’arte e la cultura non potranno ritornare come prima della globalizzazione e della crisi. Dobbiamo ridimensionare un certo tipo di “onnipotenza” dell’Occidente anche in campo culturale – oltre che in campo economico e di potere – rinunciando all’orgoglio e rivalutando l’umiltà. I privilegi storici dell’occidente, e in particolare dell’Europa e dell’Italia in campo culturale, dovranno esprimersi in futuro come elementi di contaminazione positiva di altre culture e di altri “mondi”. Così come, contaminati a loro volta da un dialogo fecondo con “l’altro da sé”, dovranno contribuire a creare nuove forme culturali ed artistiche, nuovi modi di vivere e nuovi mondi possibili.

Le ideologie non hanno più appeal, la politica non ne ha, questo vuoto di valori può essere colmato dalla cultura nelle sue diverse manifestazioni?

M.C. Nel ‘900 sono entrati in crisi “i grandi racconti sul mondo”, religiosi, ideologici, filosofici, politici e culturali, e le appartenenze, politiche, religiose, ideologiche, etniche, nazionali, di gruppo e addirittura familiari, che avevano orientato il pensiero ed i modi di vivere delle generazioni dei secoli precedenti. In questi ultimi decenni, se possibile, questa crisi è diventata ancora più grave, arrivando in certi contesti, come ad esempio la politica ed i partiti, specie in Italia, a livelli di involontaria tragicomicità. Come sempre è stato nella storia, nei momenti di maggiore crisi, è l’arte a doversi assumere il compito di immaginare nuove possibilità. Perché senza racconti e senza miti non possiamo vivere, in quanto significa non poter dare senso al mondo. Così come non possiamo vivere senza “appartenenze”, perché sono indispensabili per definire l’identità, per sapere chi siamo; anche se oggi – e ancor più domani – come dice Amarthya Sen, potremmo vivere appartenenze non esclusive ma molteplici ed identità diverse, articolate e in continua trasformazione.

Gli incontri di Cinemavvenire sono  a carattere cinematografico e antropologico, con particolare attenzione alle relazioni umane. Il cambiamento nasce al “nostro”  interno?

M.C. C’è una dialettica costante tra interno ed esterno e qualsiasi cambiamento significativo avvenuto nella realtà “esterna” nel corso della storia è nato prima dentro qualche essere umano, se non altro sotto forma di immaginazione, di idea e di progetto. Non possiamo “cambiare il mondo” senza cambiare prima, o contemporaneamente, noi stessi.

Nel  cinema molti aderiscono al buddismo, cercando in esso saggezza, forza vitale e compassione. Secondo lei perché tra la gente di spettacolo le filosofie orientali hanno tanto successo?

M. C. Al di là delle mode, che sono sempre pericolose perché inducono atteggiamenti superficiali e stereotipati, non c’è dubbio che il bisogno di spiritualità (non in senso trascendente ma trascendentale, cioè evolutivo), di libertà e di amore, che sta sempre dietro e dentro la ricerca artistica, di fronte alla crisi del racconto sul mondo tradizionale dell’occidente, si sia rivolto spesso all’oriente. E qui il buddismo, che si propone non come religione ma come profonda filosofia e pratica di vita, ha costituito un punto di approdo per molti. Se poi confrontiamo la stupida cecità di molti leader occidentali in tutti i campi e le compromissioni con il peggior potere delle gerarchie religiose, il Dalai Lama con le sue affermazioni di semplice ma profonda saggezza appare un gigante dell’esistenza.

Come vede il futuro? Di Cinemavvenire e non solo…

M.C Mi piacerebbe essere solo ottimista, ma credo sia pericoloso dimenticarsi del pessimismo dell’intelligenza di fronte alla realtà di oggi. Credo sia necessario trovare un continuo equilibrio tra il pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà. Bisogna, secondo me, integrare nelle nostre scelte “il principio speranza”, di cui ci ha parlato Ernst Bloch (cioè quell’impulso che spinge l’essere umano dal “già raggiunto” al “non ancora”, dalla realtà com’è all’utopia) e il “principio responsabilità” di cui ha scritto Hans Jonas (per cui non bisogna mettere a rischio le conquiste della natura e dell’uomo sulla base dell’ossessione del progresso). Questo è l’atteggiamento necessario per affrontare costruttivamente il paradosso del mondo contemporaneo, in cui enormi possibilità distruttive convivono con potenzialità creative mai esistite prima. Contraddizione il cui esito non è scontato, ma dipende dalle nostre scelte. Forse mai come oggi l’uomo ha avuto davanti a sé una così grande responsabilità, che lo riporta al centro del proprio destino. Nel nostro piccolo, per CinemAvvenire, questo significa che non bisogna abbandonare l’utopia, cioè la speranza di dare il nostro apporto a migliorare la realtà con il nostro impegno culturale, ma che questo deve essere sempre all’insegna dell’umiltà, dei piccoli passi, delle conquiste quotidiane, con i piedi ben piantati nella realtà. Io credo che ogni crisi, sia in campo esistenziale che in campo economico, sociale e politico, sia veramente anche un’occasione per rompere vecchi schemi e trovare nuove modalità di vivere. Ma credo anche che non bisogna dimenticare il dolore ed i rischi che tutto ciò comporta per i singoli esseri umani, per ciascuno di noi e per la società più in generale. Per cui non ha senso limitarsi ai grandi proclami. C’è bisogno di capacità di ascolto, di attenzione ai pericoli, di concretezza, ed insieme di fiducia che, non da soli ma insieme agli altri, ce la possiamo fare.

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