“Vita di Pi”: alla ricerca del “senso” perduto. Recensione. Trailer

 

ROMA – Tratto dal romanzo omonimo di Yann Martel. Il film illustra la fantasiosa storia autobiografica che Piscine Molitor Patel racconta allo scrittore.

Deriso da bambino per il suo nome buffo, Piscine si inventa un diminutivo matematico (PI) e sviluppa uno spirito libero dedito ad una ricerca religiosa del tutto personale. Una drammatica avventura segna indelebilmente la sua vita e rinsalda al contempo la sua fede. In seguito all’affondamento della nave su cui viaggia, ed alla conseguente morte dei familiari e di tutto l’equipaggio, deve infatti sopravvivere da naufrago alla deriva su una piccola scialuppa che divide peraltro con una feroce tigre del Bengala. La convivenza, come si può immaginare, non sarà delle più semplici.  Nel finale Pi fornisce allo scrittore anche una differente e più plausibile versione dell’accaduto. Ma accertare la verità dei fatti è sempre così importante?

 

Il film di Ang Lee, pur occupandosi del bisogno fondamentale di nutrizione e della concretissima aspirazione alla sopravvivenza, ha proprietà eteree. E’ una soffice nuvola che transita pigramente in un pomeriggio d’estate. Un “oggetto”  affascinante da osservare ma intangibile. Rischia di lasciare poche tracce del suo passaggio. E’ un’ opera ibrida con un destinatario ignoto.  Si rivolge principalmente ad adulti riflessivi? O in fin dei conti è per bambini?  L’indeterminatezza ha a tratti il sapore dell’incompiuto. La parte ambientata sull’isola carnivora sembra ad esempio un semplice abbozzo. Il film non assurge dunque all’olimpo dei capolavori e pur utilizzando immagini oniriche non riesce a ricreare l’atmosfera magica delle favole più belle. L’allegoria di conseguenza non esprime tutto il suo potenziale e rischia di scivolare via. Ad ogni modo forse il problema è nell’occhio delle spettatore, dunque in noi che scriviamo. Troppo abituati al crudo realismo o alle metafore carnali di un David Cronenberg per apprezzare compiutamente l’essenza meditativa ed ascetica dell’opera. La carrellata iniziale di bellezze faunistiche e floreali è in tal senso emblematica. E’ in fondo un film per chi ama la contemplazione e le sfumature. Si propone in sostanza come l’alter ego del “Gordon Pym” di Edgar Allan Poe, opera tematicamente affine e implicitamente omaggiata. Un romanzo che nella prima parte usava colori forti e accesi. Basti pensare all’uccisione di Parker ed al conseguente banchetto cannibalesco ai fini della sopravvivenza degli altri naufraghi. Una vicenda talmente cruda e realistica da essere effettivamente accaduta qualche decennio dopo la finzione letteraria. Qui, quasi per contrappasso, il nome di Richard Parker designa invece una tigre feroce che ha tuttavia per il protagonista un ruolo di vitale importanza. E’ un racconto fantasioso che non coincide precisamente con ciò che la gente vorrebbe ascoltare e con ciò che lo spettatore vorrebbe veder rappresentato. Descrive infatti una particolare “relazione a senso unico” fra uomo e tigre che termina con un finale beffardamente tronco rispetto alle attese. Una storia poco plausibile, ma dotata di senso. Quel senso che nello spirito del film e del suo protagonista ha il primato rispetto alla fredda verità.

REGIA: Ang Lee

ATTORI: Suraj Sharma, Irrfan Khan, Rafe Spall, Gérard Depardieu, Tabu

 SCENEGGIATURA: David Magee 

FOTOGRAFIA: Claudio Miranda

GENERE: Avventura

PRODUZIONE: USA

DURATA: 120’

USCITA NELLE SALE: 20 dicembre

 

Vita di PI – trailer

 

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