Teatro Sala Umberto. Sei gradi, il mondo fra 100 anni. Recensione

ROMA – L’ecologia spiegata a teatro: così si potrebbe riassumere in una frase “Sei gradi”, il nuovo spettacolo di Giobbe Covatta scritto a quattro mani insieme a Paola Catella e prodotto dal Teatro Stabile di Innovazione “L’Uovo” dell’Aquila.

Ambientato nel 2112, in un futuro in fondo non poi così lontano, lo spettacolo racconta uno dei possibili scenari previsti per il prossimo secolo a fronte delle continue emissioni di gas serra: la temperatura della Terra innalzata di sei gradi. Con essa, l’avanzata dei deserti, lo scioglimento dei poli, le migrazioni dei popoli verso le poche zone ancora vivibili, la morte delle foreste tropicali. E, a conclusione di tutto, la fine della riproduzione della specie umana, persa dietro un’inarrestabile vecchiaia.
Cambiano i tempi, ma gli uomini non cambiano mai, sembra suggerire Covatta alla fine del suo viaggio nel tempo a metà fra la divulgazione scientifica e la satira. Perché mentre il mondo viene distrutto da una condotta di vita scellerata, la cattiva politica, il razzismo, i pregiudizi e la stupidità umana restano inalterati. Segno che in fondo a dettare la vita nostra e dei nostri discendenti è e sarà comunque il mercato: lo stesso che innalza tanto il livello di disoccupazione quanto quello delle vendite dell’ultimo modello di I-Phone.

A parlarne così, si potrebbe pensare all’ennesima filippica socio-ambientalista dal gusto vagamente radical chic. Ebbene, niente di più sbagliato. Al contrario: la grande capacità di Giobbe Covatta è stata e continua ad essere quella di riuscire a parlare in modo tanto schietto quanto leggero di grandi temi sociali, dipingendo scenari molto più che verosimili senza dare diretti giudizi di merito. Vi sembra poi così improbabile che nel 2018 l’Italia sia alle prese con una Belen Presidente del Consiglio? O che per ovviare alla fine della riproduzione umana i pochi superstiti anziani siano forniti di appositi libelli erotici in cui vengono edotti su come mettere in pratica quello che non ricordano più? O che in una possibile nuova era preistorica i nuovi Cristiani si ingegnino per rendere il loro culto un po’ più al passo coi tempi?
Ad arricchire un testo già vivace, le musiche composte insieme alla Bandabardò. Un sodalizio efficace, questo, grazie al quale il risultato finale è uno spettacolo brillante e coinvolgente, con uno spiraglio di speranza alla fine: per evitare le conseguenze del domani, basterebbe cambiare le azioni dell’oggi. Niente di più facile. O no?

6° (sei gradi)
Uno spettacolo di: Giobbe Covatta e Paola Catella

con la partecipazione di Mario Porfito e Ugo Gangheri

Al Sala Umberto fino al 17 marzo 2013

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