Teatro. “Non sono abbronzato, qui lo dico e qui lo ne(g)ro” di Salvatore Marino

ROMA – “Non sono abbronzato, qui lo dico e qui lo ne(g)ro” è un recital in cui Salvatore Marino, traendo spunto da esperienze personali rievocate con sarcastiche iperboli e stranianti giochi di parole, racconta le difficoltà di “convivenza” di un migrante al cospetto di una società ostile all’integrazione.

Le storie sono firmate a più mani da autori come Massimiliano Bruno, Ermanno Fratoni, Nicola F. Leonzio, Emiliano Luccisano, Claudio Pinna, Silvia Scola e Mario Scaletta, tutte orchestrate dalla regia di Federico Andreotti.
Attraverso il caleidoscopio dei vari personaggi ci si affaccia sul precipizio della realtà, delle sue contraddizioni, dell’interminabile partita tra integrazione e discriminazione.
Il linguaggio è sempre caustico, la bussola dell’ironia è saldamente stretta in pugno: “dove vanno a finire le impronte digitali prese ai Rom? In un archivio digitale su CD..Rom; per aiutare gli zingari a imparare l’italiano, qualcuno ha pensato di regalare a tutti i piccoli zingari un vocabolario d’italiano: lo Zingarelli. Secondo alcuni studi antropologici era nero il primo uomo apparso sulla terra, se fosse stato bianco sarebbe apparso sulla moquette. E’ meglio dire ‘nero’ o ‘di colore’? Meglio dire ‘nero’, altrimenti dovremmo chiamare il gatto nero ‘gatto di colore’. La mancanza di lavoro spinge molti immigrati a vendere accendini ai semafori, anche se i semafori non fumano”.
Salvatore Marino, insomma, si conferma il funambolo della parola che conosciamo: il suo gioco non è mai gratuito o compiaciuto, tanto più in questo recital che lo chiama in causa personalmente, lui che è figlio di madre eritrea e padre italiano.
Lo spettacolo si apre con il resoconto esilarante con un vago retrogusto amaro di episodi della sua infanzia in Italia. La sua arguzia dialettica apre a significati inattesi che coinvolgono il pubblico in associazioni inusuali. Nell’arco dello show Salvatore Marino, calato nei suoi personaggi, accende illuminanti divagazioni sulle ansie che opprimono l’uomo d’inizio millennio che vuole vivere in un Paese dove non è nato, risucchiato nel vortice della globalizzazione, macerato dai problemi e dai moralismi dell’integrazione, in nuovo e incessante “logorio della vita moderna”.

IN SCENA AL TEATRO TIRSO DE MOLINA ROMA DAL 6 AL 24 MARZO 2013. DAL MERCOLEDI’ ALLA DOMENICA.
INFO E PRENOTAZIONI: TEL. 06 841 1827
www.teatrotirsodemolina.it
(Via Tirso 89, Roma)

 

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