Teatro Arcobaleno. “Tartufo” di Moliére magistralmente diretto. Recensione

ROMA – Al Teatro Arcobaleno ha appena debuttato Tartufo”, una commedia scritta da  Molière e che risale al 1664.   Si tratta di un classico, che ha costituito una pietra miliare nella storia del teatro mondiale. Un lavoro in cui l’autore tratta temi per quell’epoca abbastanza tabù, come l’ipocrisia, la falsità, l’avidità, l’impudenza, per di più celati sotto un manto di perbenismo e di finto moralismo.

Mali cui oggi siamo ben avvezzi, purtroppo, in quanto spesso ostentati da potenti e non, ma che allora apparivano come una vera e propria messa a nudo della società francese, una satira che le classi dominanti non potevano permettere. 

Tartufo rappresenta l’impostore per antonomasia, come da titolo originale. E la commedia ci racconta la storia di questo Monsieur Tartuffe che riesce a plagiare – diremmo oggi –  un borghese benestante, spacciandosi per un timorato di Dio, con l’intento nascosto di carpirgli la figlia, la moglie e tutti i suoi beni. Ovviamente, alla fine l’impostore verrà smascherato, ma la storia è fin troppo nota per scendere in altri dettagli dell’intreccio.

Anche perché dobbiamo dire subito che la particolarità di questo allestimento  risiede proprio nel lavoro di regia di  Nicasio Anzelmo, apprezzato regista siciliano, che ha fatto un lavoro straordinario. Infatti, il ritmo impresso a tutta la commedia e le originalissime trovate sceniche trasformano in chiave moderna ed efficace i meccanismi drammaturgici chiaramente datati, ovviando anche ad alcune lentezze del testo, che si notano soprattutto nella parte iniziale. 

 

Lo spettacolo inizia con una tipica marcia funebre suonata da una banda di paese per il Venerdi Santo (come da tradizione tipicamente siciliana!): all’apertura del sipario, in una scena volutamente e suggestivamente surreale, il timbro cupo degli ottoni e dei bassi sfuma per cedere il passo a un tango sfrenato, che tutti gli attori ballano con veemenza: questo è il biglietto da visita dell’opera! Che va avanti grazie a movimenti scenici del tutto atipici, tra piacevoli pantomime e con una enfatizzazione volutamente esagerata di tutti i personaggi. 

 

Molto bella la scena in cui la ricerca di vecchi documenti si trasforma in un irreale sfarfallio di fogli lanciati in aria! Con un pizzico di “campanilismo” abbiamo anche gradito un paio di frasi che Orgone pronuncia in siciliano. 

 

Ottimo il cast: Victor Carlo Vitale dà vita a un credibile “monsieur Tartuffe”, impeccabile nel suo personaggio, mentre diventa centrale nella storia il ruolo della cameriera Dorina, interpretato da una grande Monica Guazzini, Ci sono piaciuti inoltre Sergio Smorfa, che dà vita al padrone di casa Orgone, Alessandra Fallucchi (sicura e abile nella veste di sua moglie Elvira) Giovanni Carta, nel coraggioso ruolo del cognato Cleante, la vivacissima Ludovica di Donato (la figlia Mariana), Mario Scerbo (il figlio Valerio), e ancora Gioietta Gentile (la madre Pernella), Marco Usai (Davide), Giampiero Botta (il delegato di polizia) e Marco Martino (il secondo Tartufo): quest’ultimo, come personaggio, non è stato previsto da Molière, ma è stato aggiunto da Anzelmo: è una figura senza battute, che entra alla fine, quando “monsieur Tartuffe” viene scoperto e sbugiardato. “Perché i tartufi non muoiono mai – confessa il regista – si riproducono sempre”

Da ricordare i costumi (anni Venti/Trenta) di Rita Forzano, le scene di Daniele Cupini e i movimenti coreografici, elaborati da Eugenio Dura. Merito alla produzione Il Carro dell’Orsa, che ha saputo mettere insieme tante competenze. 

 

 

 

Teatro Arcobaleno

Via F.Redi 1/a – Roma 

fino all’8 dicembre 2013

Info:  06.44248154  – www.teatroarcobaleno.it 

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