Omaggio ai Delli Colli: “Per fare il cinema bisogna restare giovani”

ROMA – Racconti di set tramandati di generazione in generazione,  ritrovati nell’incontro promosso da SNCCI e AIC, con la collaborazione della Cineteca Nazionale, alla Sala Trevi di Roma, che ha reso omaggio agli storici  direttori della fotografia del cinema italiano Franco e Tonino Delli Colli in una una serata introdotta e conclusa da Diceria dell’untore,  regia di Beppe Cino per Franco e Il Buono, il Brutto, il Cattivo di Sergio Leone, per Tonino. 

 

Negli interventi di Claver Salizzato, critico e saggista, e, per l’Aic, di Roberto Girometti e Sergio Salvati, dopo l’introduzione di Alberto Anile, aneddoti dietro le quinte di  oltre centocinquanta set, dai film più famosi, a quelli degli inizi insieme, ai popolarissimi “B movies” anni Settanta di Franco, al cinema più internazionale di Tonino,  la cui carriera, annovera film di Polanski, Malle, Annaud, con il film Oscar® di Roberto Benigni La vita è bella e infine il capolavoro C’era una volta in America di Sergio Leone.  

 

Franco e Tonino Delli Colli,  “maestri” della luce del nostro cinema, erano cugini, talmente simili, da essere  spesso considerati fratelli, ha ricordato Laura Delli Colli, figlia di Franco e nipote di Tonino, degna esponente della stirpe. Laura Delli Colli, infatti, è    attualmente con successo Presidente del SNGCI, sindacato dei giornalisti cinematografici; autrice del Documentario Handmade Cinema, di gustosi libri di cucina cinematografica, saggi sulla settima arte  e molto altro ancora.  

 

Racconta Laura Delli Colli: «I periodi fondamentali nella fotografia di mio padre, Franco,  sono sostanzialmente tre, legati ad altrettanti autori: Pasolini, Leone e Fellini. E posso dire che i primi due sono quelli che sentiva piu’ vicini a se’. Fellini aveva avuto altri direttori della fotografia, Pasolini invece è nato come regista con lui. Credo che proprio papà lo abbia aiutato a trovare la propria chiave espressiva attraverso l’immagine, e così sono nati film come Accattone e Mamma Roma». 

Dalle testimonianze è emersa l’immagine dei due artisti, per temperamento molto diversi.  Girometti ricorda Tonino, definendolo in romanesco  “fumantino”, tanto che «proprio non gli andò giù il “no smoke” americano quando, pochi anni prima di andarsene, ritirò un premio alla carriera che Hollywood, con suo grande disappunto, gli fece consegnare da Alan Alda, un attore alto quasi il doppio di lui…>> Girometti continua: “Pacato Franco, attento ai giovani: ad esempio con lui Avati aveva esordito nel 1967 con Balsamus, l’uomo di Satana;  legatissimo alle maestranze sul set. E la cosa che più ricordo fu che mi disse: ‘per fare il cinema bisogna restare  giovani dentro’…”.

E giovani sono rimasti, tanto che vivono ancora.

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