Teatro Brancaccino. M.e.d.e.a Big Oil. Strameritati applausi a un’opera di denuncia. Recensione

ROMA – Il titolo della tragedia corale M.e.d.e.a Big Oil, vincitrice del Premio Scenario Ustica 2013 racchiude in sé il senso di tutta l’opera: alludendo sia al mito di Medea la madre che uccide i propri figli per vendicarsi del marito fedifrago che all’omonimo Master promosso dall’Eni in Management ed Economia dell’Energia e dell’Ambiente.

Scenario dell’opera teatrale è la Basilicata, che, infatti, in alcuni territori come la Val d’Agri vanta una produzione giornaliera di greggio di oltre 150mila barili, con gravi ripercussioni sull’inquinamento ambientale e sulla salute degli abitanti. Rischi, che non sono monitorati come si dovrebbe, in assenza di un organo autonomo e scevro da pressioni politico-finanziarie, deputato a calcolare i danni dell’esposizione alle sostanze tossiche utilizzate nelle raffinerie, tra le quali si rintracciano il bario depositatosi nelle acque del Lago Pertusillo e l’idrogeno solforato disperso nell’aria. 

 

È questa la protesta che anima il collettivo Internoenki formato da giovani provenienti da tutta Italia, dal Friuli alla Basilicata, uniti dalla passione per il teatro ricercato e per la denuncia sociale. Direttrice del collettivo e autrice dello spettacolo è la bravissima scrittrice, registra e attrice Terry Paternoster, nata a Milano, ma con un particolare legame affettivo con il Sud, che dall’estate 2011 ha avviato una ricerca per comprovare – come lei stessa scrive – “le effettive responsabilità del dissesto ambientale a carico di Eni”. Un’impresa ardua, in assenza di dati certi, tranne quelli dell’anagrafe che segnano l’incremento del numero di giovani morti per cancro. Per dare voce a quest’iniziativa la Paternoster ha preferito la carica emozionale di uno spettacolo dal vivo alle pagine di un libro. “Perché – come sostiene l’autrice – niente può cambiare, se non cambiano prima le mentalità” e uno spettacolo che punta dritto al cuore della gente può facilitarne la riuscita.

 

Una tragedia corale suddivisa in 7 deliri e 21 quadri. Nove gli attori che rappresentano il sottoproletariato, ritratti con una sola scarpa, un po’ sciancati e stremati dal lavoro sui campi. Tutti quanti parenti di Medea, la matriarca che ha richiamato a casa dalla Germania i figli Ninuccio e Peppino, allettata dalle promesse dei politici, che hanno “garantito occupazione in patria”. Impieghi nelle raffinerie petrolifere lucane: “ruoli di primordine”, come assicurato dalla Regione, dai sindaci e dagli ingegneri Eni, a caccia di manodopera locale. Un lavoro, da lei imposto ai figli, che le strapperà via i due eredi: chi per cancro, chi per un incidente nel cantiere. In questo caso, Medea non è la strega che uccide i suoi figli per vendicarsi dell’abbandono del marito, bensì raffigura la madre terra che li uccide perché avvelenata dall’uomo, da Giasone Big Oil, che ne ha contaminato i frutti. Medea rappresenta dunque tutti i lucani, che “abbagliati dall’oro nero” hanno ceduto alle sue lusinghe, con la speranza di un arricchimento che si è rivelato  solo una minaccia per l’ecosistema naturale.

L’espressività del dialetto e il carisma della protagonista Terry Paternostro conferiscono allo spettacolo una vis polemica ed emotiva in grado di coinvolgere lo spettatore nel dramma “del sottoproletariato lucano, tradito e umiliato dalla sua stessa terra, piegata e tradita dal Colosso a sei zampe, Big Giasone Oil”.

Un applauso strameritato a tutto il cast, che seppur sprovvisto di scenografia e di sofisticate attrezzature ha trasportato lo spettatore in uno spazio mitologico e ancestrale, ricco di pathos.

 

M.E.D.E.A BIG OIL (Al Brancaccino fino al 23 febbraio)

Testo e regia di Terry Paternoster

con gli attori del collettivo InternoEnki: Maria Vittoria Argenti, Teresa Campus, Ramona Fiorini, Chiara Lombardo, Terry Paternoster; 

Mauro F. Cardinali, Gianni D’Addario, Donato Paternoster, Alessandro Vichi

 

Produzione: InternoEnki

Disegno luci: Giuseppe Pesce

Assistente tecnico: Ezio Spezzacatena

Organizzazione: Anca Enache

Grafica: Luca Longu

Residenze artistiche: Teatro Bi.pop c/o Zona Rischio Casal Bertone (Roma) – Teatro Sala Umberto (Roma)

Ufficio Stampa: Marzia Spanu

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