Il Puff. 46 anni di spettacoli all’asta, passando da sinistra a destra

ROMA –  Non si sa bene come è andata l’asta dei costumi del “Puff”, il cabaret di Lando Fiorini. Pochi giorni fa l’asta, pubblicizzata dal cantante romano con una piccola serie di interviste radio-televisive e sui giornali,  ha richiamato una pattuglia di estimatori di Fiorini, ma non si sa quale sia stato il ricavato della vendita dei costumi. 

 

Non erano certo i costumi della Scala di Milano, o della Fenice di Venezia: quindi niente abiti di Violetta, né di Manon, tanto meno di Tosca. Quelli sarebbero andati a ruba fra gli amanti del melodramma, il primo a fare offerte sarebbe stato Franco Zeffirelli, per accaparrarsi l’unico forse che mancava alla sua collezione di cimeli. No, i costumi del “Puff”  sono quelli che Fiorini e i suoi attori e cantanti hanno indossato in 45 anni di repliche del fortunato cabaret romano.    Tutto era cominciato nei primissimi Anni Sessanta. C’era stata  allora una fioritura di  “teatri di cantina”, come  chiamavano  quelle piccole ribalte  che, ad iniziativa di giovani attori  con più talento che soldi e dei loro  avventurosi impresari,  si aprivano negli scantinati dei palazzi del centro storico. Il primo era stato il “Derby” di Milano, dal quale in una decina di anni sono usciti nomi del calibro di Dario Fo, Diego Abatantuono, Cochi Ponzoni  e Renato Pozzetto, Claudio Bisio, Massimo Boldi,  Giobbe Covatta,  Gianfranco Funari,  Enzo Jachetti.  Enzo Jannacci, Bruno Lauzi, Franco Nebbia, Teo Teocoli, Franco Califano. Ed era un cabaret di sinistra. 

Chiuso il “Derby”, il cabaret scese a Roma.  E diventò di destra, salvo, nel 1964,  la breve ma significativa esperienza di Maurizio Costanzo, che già sulla strada di diventare uno dei personaggi televisivi di maggiore popolarità, aveva aperto il “Cab 37”, una mini-ribalta con uso di pianoforte alle  “Grotte del Piccione”, il night di Piero Gabrielli che si apriva appunto al numero civico 37 di via della Vite.  Oggi è un anonimo ristorante per turisti da spennare. Comunque da lì sono usciti  nomi destinati al successo, come  Paolo Villaggio, Pippo Franco, Gianfranco D’Angelo. 

 

Nel 1965 il “Bagaglino”, nato  in una cantina di vicolo della Campanella, fra il Tevere e piazza Navona, e successivamente emigrato nella vicina  via di Panico, fece  conoscere ai romani quella forma di teatro leggero, ironico e irridente  inventato a Milano. Se non vantava un diritto di prima  genitura, il  “Bagaglino” contava su una pattuglia di autori di tutto rispetto: Castellacci, Cirri, Palumbo e Pingitore. L’ultimo è  sopravvissuto alla fine del cabaret e si è reinventato autore di successo  sotto le luci del Salone Margherita e della TV commerciale. Sterminata la lista degli attori che hanno calcato le scene del “Bagaglino”,  anche se col passar del tempo non era più vero cabaret.

 

Nel 1968, sull’onda di quei successi, Lando Fiorini, cantante romano  di personale fascino vocale e di spiccata simpatia  scenica, in via dei Salumi, nel cuore di Trastevere, apri il “Puff”.   Su  quella mini-ribalta in fondo ad una cantinola che sapeva di muffa nonostante i deodoranti  e i riflettori roventi, si sono alternati tutti i nomi del teatro di rivista, della radio, del cinema e della neonata televisione che  hanno fatto la storia del teatro leggero:  fra i tanti  Enrico Montesano, Toni Ucci, Leo Gullotta , Maurizio Mattioli. 

 

Certo, al Sistina di  Garinei e Giovannini, in quegli anni andavano in scena  i grandi: Johnny  Dorelli,  Aldo Fabrizi, Ornella Vanoni, Nino Manfredi, e tutto il gotha dell’epoca. Ma qualcuno di loro era uscito proprio dal cabaret, anche dal “Puff”.  Fiorini li adocchiava in tempo, quando non erano ancora popolari e troppo cari, li scritturava  e li lanciava. Sono in tanti che devono a lui la carriera.

Una stagione dopo l’altra , il “Puff”  ha macinato copioni spiritosi, spettacoli divertenti, titoli accattivanti e ha fatto  conoscere ad un pubblico ogni sera limitato a poche decine di entusiasti  volti e nomi che avrebbero fatto carriera. E sopra a tutti c’era lui, Lando Fiorini, romano de Roma, voce piena, calda e ruffiana, sciupafemmine riconosciuto, insomma un uomo di spettacolo come pochi a Roma.  

Quando ha detto che avrebbe messo all’incanto  i costumi dei suoi spettacoli, diciamo così storici, Fiorini precisò: “Non lo faccio per i soldi, ma perché non ho posto dove metterli. E buttarli via non posso”. In effetti, il primo scantinato di via Giggi Zanazzo, alle spalle di quello che era stato il cinema- cult di Trastevere, il “Reale”,  distrutto in una notte da un misterioso incendio, col tempo è diventato un  apprezzato ristorante, dove il pubblico del “Puff”  prima cena alla carta e poi assiste allo spettacolo.  Si fanno le ore piccole, ma il divertimento è assicurato, soprattutto per chi apprezza i doppi sensi, l’ironia facile, la satira politica a senso unico  le battute anche pesanti, ma soprattutto le canzoni romane di cui Fiorini è e resta l’unico,  inimitabile interprete.  Se ne rende conto anche il telespettatore-tipo, quello che vive la febbre del sabato sera davanti alla  puntata di turno dello tele-show canoro. Spesso fra gli ospiti, c’è  ancora oggi  Lando Fiorini con il suo “Barcarolo romano” che  “va contro corente”, oppure  “Casetta de Trestevere”  (“Fa piano, muratò, con quer piccone…”) e un repertorio sterminato di canzoni romane , immortali non meno di quelle  napoletane. 

 

I costumi del “Puff” sono andati all’asta, le note sono rimaste nell’aria.

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