Teatro Belli. Il topo nel cortile. Una tragicommedia perfetta. Recensione

ROMA – Un testo spiazzante, una commedia dai risvolti tragici, un ritmo interpretativo mozzafiato che non lascia quasi il tempo di riflettere sulla drammaticità di un quotidiano portato all’assurdo. Sono questi gli ingredienti su cui si basa la perfetta operazione di Daniele Falleri, autore e regista ne “Il topo nel cortile”, pièce già vincitrice di numerosi premi teatrali, portata ora al Teatro Belli di Roma fino al 30 marzo con un cast eccellente, oltre che affiatatissimo.

Nell’ordine: Elena Russo, la madre decisionista, generosa e verace ma costretta continuamente a cambiare con razionalità le carte in tavola nell’improvvisato e disastrato fluire di certi eventi che mettono a rischio il proprio equilibrio familiare; Emanuele Salce, pusillanime coniuge dalla placida apparenza ma (in)volontariamente artefice della tragedia narrata; Laura Adriani, la sedicenne figlia sordomuta scossa da dirompenti eventi generati proprio dalla sua voglia di riscatto sentimentale nella vita; Andrea Stendardi, il figlio idealista apparentemente slegato dalla concretezza delle relazioni familiari, ma forse il personaggio esterno che emotivamente risentirà di più degli intrinsechi sconvolgimenti.

La storia è questa: la secondogenita adolescente di una famiglia dall’apparenza felice rimane incinta e lo comunica a 5 mesi di gravidanza poiché determinata a tenersi il figlio, frutto di un “autentico” rapporto d’amore. Secondo la prassi tocca organizzare un matrimonio, visto che il fidanzato è di casa con la famiglia e, aldilà di ogni panico e ripensamento, le cose si aggiusteranno. Ma la narrazione dei fatti, che in principio scorre con la brillantezza di una perfetta commedia all’italiana, giunge ad un minaccioso incastro quando la “padrona di casa” scopre che non vi sono mai stati rapporti sessuali tra la figlia ed il suo ragazzetto. Il “bouleversement” a cui testo e regia ci sottopongono corre su un duplice binario teatrale ed è così raffinato che neanche quasi ce ne accorgiamo: da un lato il dipanarsi della matassa nell’andirivieni della fiducia tra le due “comari” al telefono, rispettive genitrici dei due adolescenti coinvolti, dall’altra la graduale trasformazione, mimica e prossemica, del co-protagonista maschile che – nelle acute percezioni attoriali di Emanuele Salce – modifica la figura paterna da inetta a carismatica, da compassionevole a peccatore, proprio per inettitudine o traslata deviazione sentimentale, scoprendosi (oltre che facendosi scoprire) colpevole del reato di incesto e pedofilia in un colpo solo.

 

Ma la famiglia non può mettere a rischio il proprio equilibrio facendosi aggredire dagli ammonimenti di un “topo nel cortile” perché basta chiudere la finestra e i giochi si ricompongono, basta inghiottire l’amaro che arriva dall’esterno con un’implosione di sentimenti e tanto sangue freddo che la ricostruzione delle apparenze si cementifica nuovamente. Ci si odia, ma bisogna restare uniti e la soluzione sorgerà spontanea: la figlia abortirà, la gente saprà che si è trattato di erronee voci sulla gravidanza e il quadretto dei ruoli familiari si ricomporrà automaticamente. Non è facile, per un attore, studiare sul palcoscenico queste mosse, ma il dinamismo nell’evolversi degli accadimenti è stato brillantemente superato nelle inter-relazioni interpretative non tanto dalle parole, comunque semicongelate in un testo, ma attraverso gli sguardi. Se prima – fino al momento cioè dell’”impiccio” – bisognava concentrarsi su ciò che si può o che non si può dire, su ciò che si può o che non si può fare, il nodo scorsoio che ha soffocato il legame marito-moglie, fratello-sorella, padre-figlia, padre-figlio e madre-figli, cioè la verità pura e semplice dei fatti, ha reso impossibile il procedere, tanto da costringere tutti, ma proprio tutti a  guardarsi l’un l’altro negli occhi e a ricostruire, sì con la menzogna, ma per ovvia necessità. La paladina della ricomposizione, creata virtualmente da Falleri ma materializzatasi in scena grazie ad una incredibile Elena Russo, è – non a caso – la Donna. Non una bambina fragile che per ripicca vuole tenersi un embrione frutto della discordia, ma una madre che è stata a sua volta debole figlia abbandonata e che per questo è diventata una leonessa. Non c’è un attimo di tregua per l’attrice in scena: dall’inizio alla fine dello spettacolo, addirittura non respiriamo per seguire i suoi ragionamenti, i suoi frenetici movimenti sul palco, le sue strategie di pensiero, le sue esilaranti battute (frutto di una verità amara) e, soprattutto, la sua sensibilità volutamente compressa dal cerebralismo. L’istinto violento, l’impulso di cuore ci stanno tutti ma sono congeniati per non pensare al vero dramma: ad essere percossa non è una madre, ma una moglie che, per quanto non più innamorata da anni del coniuge “parassita”, è stata in grado da sola di costruire la sua apparente felicità familiare… Nessuno meglio di Elena Russo (che abbiamo avuto modo di apprezzare ampliamente in cinema e televisione in noti lavori ma che sicuramente in teatro rende al meglio la sua vocazione istrionica) poteva riuscire in questo intento, sicuramente coordinata dalla sintonia dei co-interpreti ma orientata, con naturalezza e calcolo intelligente, a far camminare comicità e catastrofe, su una sottile linea trasparente che ci spiazza, ci interroga, ma ci stimola a ricordare che questo è, fuor di ogni dubbio, teatro vivo.

IL TOPO NEL CORTILE

Interpreti: Elena Russo, Emanuele Salce, Laura Adriani, Andrea Standardi

Costumi: Alexandra Toesca

Musiche: Marco Schiavoni

Aiuto Regia: Antonella Ricchiuti

Testo e Regia: Daniele Falleri

Organizzazione: Fabrizio Perrone

Teatro Belli, Piazza di Sant’Apollonia, 11 – Roma

www.teatrobelli.it

In scena fino al 30 Marzo 2014

 

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