Cannes 2014. “Grace di Monaco” e la regola dei parenti

ROMA – Quando Ingrid  Bergman scrisse a  Roberto Rossellini la famosa lettera in cui si presentò come “una ragazza svedese che viveva in America, parlava tre lingue ma in italiano sapeva solo dire ti amo” , a molti  sembrò un segno del destino prima fra tutti al regista di Paisà, il film che aveva conquistato la bella svedese d’America.

Ma non mancarono gli osservatori disincantati che addussero altre ragioni al coupe de foudre della Bergman per il regista romano. ” Ingrid cercava  probabilmente una via d’uscita dall’America. Erano gli inizi del maccartismo e la Hollywood della caccia alle streghe non le piaceva affatto”.  Così scriveva, a commento dei fatti, una persona molto vicina a Rossellini, il figlio Renzo. Era il 1948. 

Otto anni più tardi, un’altra diva di Hollywood anche lei americana  d’acquisto, Grace Kelly, di origine irlandese, fece  il grande passo: piantò in asso la Mecca del cinema, dicendo addirittura di no ad Alfred Hitchckoch che le aveva proposto  di interpretare da protagonista il suo nuovo film , Marnie, e attraversò l’oceano per buttarsi fra le braccia di un regnante  da operetta come il principe Ranieri di Monaco. “Meglio principessa in Europa che attrice   in America” pare avesse commentato. Era il 1956.

Da allora di acqua ne è passata sotto i ponti e oggi la vita  di Grace non più Kelly ma di Monaco, è un film che vede la non meno algida Nicole Kidman,  anche lei americana d’importazione (dall’Australia)  dare un volto alla celebre  collega. Il film ha inaugurato il festival di Cannes: non poteva essere occasione migliore per lanciare un colosso destinato ad incassi stellari, né la rassegna della Croisette poteva immaginare  un red carpet più  glamour.  Unico neo: il no dei Grimaldi a presenziare alla serata. Il film su Grace Kelly, infatti,  non è piaciuto alla famiglia  che pure non l’ha mai visto: le sono bastate alcune inquadrature, le prime girate, e una frettolosa  letta alla sceneggiatura per far dire alle figlie di Grace che “quella non è la loro mamma” e che il film ne distorce l’immagine, la storia,  la vita. E’ la regola: solo in rarissimi casi i parenti meno illustri delle celebrità che il cinema prende a soggetto per farne  film, ovviamente di cassetta, approvano il progetto prima o non  denunciano l’opera finita poi. Con Grace Kelly non poteva andare  diversamente . A suo tempo Hollywood aveva deplorato la “fuga” di Ingrid Bergman, oggi Montecarlo accusa Hollywood di non aver rispettato  le regole.  Lo stesso accadrà forse quando qualcuno, un giorno, vorrà fare un film su Nicole Kidman. Come niente  l’Australia dichiarerà guerra agli Stati Uniti. 

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