Magic in the moonlight. Trastulli d’amore e altri misteri. Recensione. Trailer

ROMA – Le opere di Allen affondano le radici nell’inesauribile genio umoristico che appartiene solo agli scrittori ebrei, soprattutto gli ebrei americani.

Come tutti loro (Singer, Bellow, Roth, Richler, Salinger solo per citarne alcuni),  Allen gioca con l’ironia, il sarcasmo, il caustico, a tratti colto, humour che gli americani snobbano da fin troppi anni. E infatti, con “Magic in the Moonlight”,  siamo in Francia, per l’esattezza in Costa Azzurra negli Venti. Sophie/Emma Stone, una ragazza bella, povera e ignorante spinta da una madre furba e altrettanto povera e ignorante, si spaccia per una medium  raggirando delle vedove ricche, ingenue e sognanti che desiderano mettersi in contatto con i defunti mariti. Qui si inserisce Stanley/Colin Firth, razionale ed egocentrico mago pronto a smascherare la ragazza. 

Da un lato abbiamo il mistero, l’al di là, Il voler credere a ogni costo all’enigma della vita e della morte e dall’altra il pragmatismo ostile di chi tutto vuole verificare. Dall’incontro di queste due posizioni sboccia l’amore, il più divino enigma mai apparso sulla terra e con il quale Allen giocosamente ci trastulla attraverso lunghi dialoghi che si infilano sotto gli abiti dello spettatore provocando un solletico psichico-epidermico irresistibile.  Ogni fotogramma del film incanta, merito della regia di Allen che ha ambientato la storia in luoghi meravigliosi come Villa Eilenroc a Cap d’Antibes, l’Hotel Negresco a Nizza, Villa Renardière a Mouans-Sartoux,  Juan Le Pins. Luoghi incantevoli. Da non dimenticare la fotografia del grandissimo Darius khondji che è riuscito appieno a dare al film il tono gioioso e luminoso richiesto da Allen. Da ricordare anche i costumi di Sonia Grande e ogni più piccolo particolare scenico proprio degli anni Venti. Straordinaria la scena del ballo, probabilmente la più complessa e riuscita ricostruzione mai vista sullo schermo in un’opera di Allen. 

Il regista ha sempre avuto un rapporto conflittuale con i suoi protagonisti,  il film “Settembre”, per esempio, fu girato due volte perché nella prima versione Allen non era soddisfatto della prova di Christopher Walken, la parte fu poi data a Sam Waterston. Nei film brillanti solitamente Allen costruisce la parte di protagonista su se stesso. Nessun altro potrebbe interpretare quel ruolo, dire quelle battute. Accade anche per Stanley, il protagonista di “Magic in the Moonlight”, interpretato da Colin Firth. Firth, però, riesce a distaccarsi dalla mimica e dalla gestualità di Allen creandone una propria, talmente riuscita da far ridere senza nemmeno parlare. Da sottolineare il personaggio di Zia Vanessa. la zia di Stanley/Colin Firth interpretata da Eileen Atkins. A dir poco magistrale.     

Non so voi, ma Oscar Wilde si è deliziato con “Magic in the Moonlight”, mi ha persino mangiato tutti i pop corn! Caro Woody, grazie di questo gioiello. Solo tu sai cesellare un film con tale grazia, leggerezza e umorismo, parlando di temi quali l’amore e il mistero della vita. La poesia? C’è anche questa, sebbene il tuo cognome non finisca in “owsky” e a quanto pare non vieni da qualche sperduto paese ai confini del mondo ma da Manhattan.

DATA USCITA: 4 dicembre 2014

GENERE: Commedia romantica

ANNO: 2014

REGIA: Woody Allen

SCENEGGIATURA: Woody Allen

ATTORI: EILEEN ATKINS, COLIN FIRTH, MARCIA GAY ARDEN, HAMISH LINKLATER, SIMON MCBURNEY, EMMA STONE, JACKI WEAVER

FOTOGRAFIA: Darius Khondji

MONTAGGIO: Alisa Lepselter A.C.E. 

CASTING: Juliet Taylor

COSTUMI: Sonia Grande

PRODUZIONE: Letter Aronson, Stephen Tenenbaum, Edward Walson

DISTRIBUZIONE: Warner Bros.

PAESE: USA

DURATA: 98 Min

Trailer

 

 

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