ROMA – La retrospettiva dedicata a Dario Argento dal XIX Roma Film Festival si è chiusa al cinema Trevi, con la celebre trilogia delle Tre Madri. Una scelta di certo non casuale, che ha permesso di poter ammirare nuovamente sul grande schermo un titolo come Suspiria.
Il primo film argentiano inserito pienamente nel genere horror, infatti, è ancora un lavoro di fronte al quale è assai difficile rimanere indifferenti.
In genere, nel mondo dell’orrore cinematografico, il tempo che passa si rivela con le pellicole più spietato dei killer che le popolano: le paure cambiano, con la danza degli anni, e mutano anche i modi di stupire e impressionare gli spettatori. Eppure Suspiria, di questo, sembra non risentire. Uscito nel 1977, era stato accolto da opinioni contrastanti: c’era chi lasciava la sala disgustato dalla marcata componente splatter, chi ne celebrava la capacità di spaventare e chi ne segnalava l’allontanamento, forse eccessivo per l’epoca, dai tradizionali canoni narrativi. In Italia ottenne un buon successo, pur senza raggiungere i livelli di Profondo Rosso. All’estero fu invece apprezzato moltissimo, tanto che ad oggi rimane la pellicola più conosciuta di Argento fuori dei confini nazionali.
La trama è decisamente essenziale: Susy Benner (Jessica Harper), promettente ballerina americana, arriva a Friburgo per frequentare una prestigiosa accademia di danza. Una serie di raccapriccianti omicidi, tuttavia, la porterà ad addentrarsi sempre di più nei terribili segreti della scuola, che si scoprirà essere nient’altro che una copertura per una congrega di streghe.
Un intreccio semplice, che però Argento riesce a sfruttare in maniera magistrale. L’elemento soprannaturale, che in Profondo Rosso era appena accennato nella figura della sensitiva, qui diventa l’ossatura dello spavento. E in un film che pur non risparmia scene decisamente forti, come il dettaglio del cuore trafitto da un pugnale, il terrore prende vita soprattutto nelle atmosfere e nelle scenografie. A cominciare dall’ingresso dell’accademia di danza, ricostruito sulla base della “casa della balena” di Friburgo, per poi passare alle porte, volute da Argento con maniglie poste più in alto del normale, in modo da riprodurre la difficoltà dei bambini a raggiungerle. Luciano Tovoli, celebre direttore della fotografia, fa un lavoro eccellente utilizzando, tra l’altro, stoffe colorate al posto delle tradizionali gelatine, in modo da immergere i volti degli attori in luci che sembrano quasi pennellate di vernice. E il sodalizio musicale coi Goblin si rinnova dando vita alla spaventosa fusione tra un rantolo spettrale e una musica di carillon. Atmosfere quasi fiabesche, per una pellicola che forse proprio grazie a questo riesce ancora a inquietare come poche altre. Suspiria, alla fine, è appunto una terribile fiaba, che attraverso i grandi occhi ingenui della Harper cattura lo spettatore e lo prende per mano, riportandolo indietro nell’infanzia fino al punto in cui riesce di nuovo a spaventarsi. Ecco perché vale ancora la pena di vedere questo film sul grande schermo. Ecco perché nonostante la rassegna avesse già proposto Suspiria alcuni giorni prima, il pubblico in sala era numeroso. Ecco perché questa pellicola riesce ancora a coinvolgere. E poco importa se sono passati quasi quarant’anni.
Suspiria
USCITA NELLE SALE: 1 febbraio 1977
GENERE: Horror
REGIA: Dario Argento
SCENEGGIATURA: Dario Argento, Daria Nicolodi
ATTORI: Jessica Harper, Stefania Casini, Joan Bennett, Alida Valli, Flavio Bucci, Miguel Bosé, Udo Kier, Renato Scarpa, Margherita Horowitz, Barbara Magnolfi, Susanna Javicoli, Eva Axén, Jacopo Mariani, Rudolf Schündler, Giuseppe Transocchi, Renata Zamengo, Giovanni Di Bernardo
FOTOGRAFIA: Luciano Tovoli
MONTAGGIO: Franco Fraticelli
MUSICHE: Goblin con Dario Argento
PRODUZIONE: Seda Spettacoli
PAESE: Italia
DURATA: 100 Min