Leviathan. Il meccanismo inesorabile della legge. Recensione. Trailer

ROMA  – Dato che in natura l’uomo persegue soltanto il proprio tornaconto, per passare allo stato civile, ogni bene e diritto andrebbe trasferito al monarca assoluto, il Leviatano.

Il regista Andrey Zvyagintsev sottolinea le affinità dei dogmi contenuti nel trattato seicentesco di Thomas Hobbes con il sistema burocratico della Russia odierna. Infatti già dall’incipit di “Leviathan” è chiaro come l’autorità deliberi inoppugnabilmente, attraverso pedanti rituali legislativi, la sorte dei comuni cittadini. Così come il potere di Stato e Chiesa (in questo caso con accezione più che mai negativa) convergano.

La casa in cui Kolia (Aleksey Serebryakov) vive con la moglie Lilya (Elena Lyadova) e il figlio Roman (Sergey Pokhodaev) è nelle mire del sindaco Vadim Shelevyat (Roman Madyanov) che intende abbatterla a scopo di lucro. Da Mosca arriva, per smascherare il gioco della malavita locale, l’influente avvocato Dimitri (Vladimir Vdovichenkov), amico ed ex compagno d’armi di Kolia. 

Il regista si sofferma, seppur con la mediazione della metafora (vedi la scena dei rappresentanti del poter legislativo, esecutivo e giudiziario insieme al sindaco corrotto), sulla collusione a tutto tondo che annienta il singolo. Il meccanismo complesso e inesorabile della legge è ignaro al protagonista che, nonostante le risorse di cui disponga, non può che fallire, consapevole della propria alienazione. Punito da un sordido giudice, Kolia subisce un “processo kafkiano” ugualmente claustrofobico anche se privato dei polverosi spazi interni e trasferito nell’imponenza delle coste del Nord.  

Girato nella penisola di Kola tra relitti di imbarcazioni e scheletri di balene, “Leviathan” è lo specchio di un’umanità alla deriva restituita dalla fotografia didascalica di Mikhail Krichman in cui “vastità” diventa sinonimo di “prigione”. 

Zvyagintsev, come nei precedenti lungometraggi, conserva l’intensità propria della parabola ma sostituisce l’eccessiva severità con un’irriverente ironia riflessa sui ritratti dei vecchi presidenti russi, utilizzati come bersagli di tiro, mentre Putin ha ancora tempo per stazionare sui muri. Incisiva la soluzione narrativa di omettere la visione di scene determinanti che lo spettatore può solo presumere in base ai contraccolpi mostrati nelle sequenze successive. 

L’ingiustizia terrena cammina accanto a quella divina con evidente richiamo anche alle Sacre Scritture dove il Leviatano è un potente mostro marino e Giobbe è il giusto che viene privato dei beni materiali, della famiglia e infine della sua stessa libertà.  

Spogliata da qualsiasi forma di riscatto e di speranza, la regia ricostruisce, con progressiva violenza e delusione, la vittoria dell’ipocrisia dello stato e della fede ortodossa.  

Una meticolosa e a tratti esasperata cura del simbolismo nella rappresentazione, crea quell’atmosfera minacciosa e asfissiante che racchiude l’essenza di un Paese immerso nella vodka e nell’immoralità.

Titolo originale: Leviathan

 

Regia: Andrey Zvyagintsev

Genere: Drammatico

Paese: Russia 2014

Durata: 140’

Produzione: Non-Stop Production

Distribuzione: Academy Two

Cast: Aleksey Serebryakov, Elena Lyadova, Vladimir Vdovichenkov, Roman Madyanov, Sergey Pokhodaev, Anna Ukolova, Aleksey Rozin,  Kristina Pakarina, Alim Bidnenko, Aleksey Pavlov, Lesya Kudryashova

Leviathan – Trailer

 

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