Teatro Quirino: trionfo per la “La cena delle belve” e il suo politically incorrect

Scuote gli animi “La cena delle belve” di Vahé Katchà, per la prima volta a Roma fino al 3 marzo presso il teatro Quirino. Un pluripremiato successo d’oltralpe, ultimo lavoro del maestro Vincenzo Cerami, nel 2013, la cui impronta spicca nella cura dei dettagli, definendo il testo “più adatto al neorealismo italico che a quello francese”. Ultimo lavoro di traduzione per il linguista e drammaturgo, che decise di assistere alle prove per “cucire il testo sugli attori”, esprimendo ogni minima idiosincrasia dei suoi personaggi.

Una festa di compleanno come tante celebrate a Roma nel 1943, se non fosse che a fare da cornice alla cena tra i sette amici campeggiava la guerra, con l’ombra dell’occupazione nazista sulla Capitale: lo spettro delle SS, che a proprio piacimento deportavano e vessavano i cittadini italiani. Il sipario si apre con l’arrivo degli amici a casa di Vittorio e Sofia, con la tavola imbandita, nonostante la scarsità di viveri e la necessità di procurarseli al mercato nero. Tutto filava liscio: regali, risate e brindisi. Dalla gioia si passa velocemente al terrore, con l’arrivo delle Schutzstaffel, pronte a vendicare l’omicidio di due ufficiali tedeschi avvenuto proprio sotto il palazzo in piazza Verbano, secondo la proporzione di 10 a 1, sequestrando per ogni ufficiale tedesco ucciso dieci ostaggi italiani. Venti in tutto: due per ogni appartamento. La cui fine sarebbe stata: deportazione o fucilazione. 

La fortuna però sembrerebbe assistere il gruppo e offrirgli un’alternativa. Il comandante delle SS irrompendo nell’appartamento, vi riconosce il suo libraio Vittorio e con un apparente gesto di clemenza, consente alla comitiva di terminare la festa. Sarebbe ripassato due ore dopo, permettendo così ai partecipanti di finire il dessert e scegliere loro stessi chi consegnare. Un gioco sadico che scopre il reale valore dell’amicizia. Tutti sorridenti e solidali fino a poche ore prima quando le risate si mischiavano con l’alcol e la gioia per il lauto pasto, ora, invece, tutti preoccupati di vendere cara la pelle, screditando l’altro a proprio vantaggio. Un ritratto brutale dell’umanità e dei suoi limiti, dove vige il “mors tua vita mea”. Una vera e propria lotta all’ultimo respiro, dove non c’è spazio per i sentimenti, avvalorando il concetto hobbesiano dell’“Homo homini lupus”, egregiamente reso nella pièce dove si assiste al trionfo del male: chi usa il denaro per comprarsi la vita, chi spinge la moglie a concedersi per salvarsi o chi sacrificherebbe i propri pazienti, in barba al giuramento di Ippocrate.

Uno spettacolo duro che rivela il male insito nell’uomo, appassionando il pubblico e strappando, comunque, qualche amara risata per la singolare ridicolezza del male. 

«Tanti gli applausi e i consensi: sono soddisfatta che il pubblico abbia apprezzato questa prima a Roma. È stato difficile coordinarci tutti e sette, in un’opera così complessa e importante». A dichiararlo è l’affascinante Marianella Bargilli nel difficile ruolo della protagonista, combattuta tra il senso di colpa per aver invitato gli amici proprio quella sera e il desiderio di rimanere viva insieme a suo marito. Un dissidio ben reso dalla Bargilli, che con il suo sguardo sincero e autentico, scuote gli amici dal loro torpore egoistico, invocandone l’umanità. 

Una prova magistrale, nonostante l’emozione palpabile nel cast, che emoziona e induce alla riflessione mai scontata. 

Al Teatro Quirino fino al 3 dicembre

La cena delle belve

di Vahé Katchà

scritto da Julien Sibre

adattato e tradotto da Vincenzo Cerami

per la regia di Julien Sibre e Virginia Acqua

Con Marianella Bargilli, Francesco Bonomo, Maurizio Donadoni, Ralph Palka, Gianluca Ramazzotti, Ruben Rigillo,

Emanuele Salce, Silvia Siravo

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