Teatro Belli. “La rosa non ci ama”

ROMA – Frottola, madrigale e mottetto (questi coevi) in sequenza temporale. Parigi, Lione, La Rochelle, ma soprattutto Antwerpen, Leiden, Leuven, luoghi per eccellenza di insigni stampatori del sec. XVI, hanno cura delle sue opere. Simone Molinaro liutista in Genova, che di lui si accorge, ne pubblica una raccolta nel 1613.Claudio Gallico, autorevole musicologo, lo definisce ombroso, irrequieto, con marcati spunti nevrotici.

E’ l’epoca del fiorire delle grandi Accademie e dei circoli e dei mecenati la cui attività lungamente domina la vita culturale italiana ( Eleonora Pimentel Fonseca, grosso personaggio della Repubblica Partenopea del 1791, se ne giova frequentando e praticando nell’Accademia dell’Arcadia ancora nel sec. XVIII). Fu anche lui un mecenate quando a Napoli nel 1588 e 1592 ospitò Tasso assieme ad altri giovani compositori.

Il madrigale non è un genere di sola competenza musicale ma pertiene anche al mondo poetico.  Tasso compone le Rime 464-99 e 351-61 destinate ad essere da lui musicate. Ma saranno le pietose Rime 1496-99 composte “in ricordo” che parleranno della sua storia: Gesualdo Carlo Principe di Venosa compositore brillante e innovatore dello stile madrigalesco italiano ma anche assassino di sua moglie Maria d’Avalos e del suo amante Fabrizio Carafa sorpresi in flagrante consumazione. Lì, a Ferrara era, per sfuggire allo stiletto vendicativo dei congiunti degli uccisi e lì, a Ferrara, sposa in seconde nozze Eleonora d’Este nipote di Alfonso II.

E dopo…? La foschia danese degli spalti di Elsinore, diabolicamente contemporanea, spande miasmi venefici più a sud. Là il fantasma del re, il bivio dell’agire o subire, qui, a sud, la macchia della cieca passione sanguinolenta, muove ombre che raccontano lamenti. Si, perché Amleto là, qualcosa può fare, ma qui, a sud, chi risuscita i morti?

Ombre che vagano senza sosta e che parlano per le parole degli attori, ombre che non risuscitano i morti e che movimentano lo spazio, ombre sembianze di esseri che furono. Varrebbe la pena di leggere “Critica della ragion pratica” di Kant purgata della luce idealistica sotto la quale fu a lungo presentata, attualissima fonte di riflessioni nella confusione odierna dei valori, su una morale che trovi fondamento nella ragione ed in una legge universale destinata a <<stabilire la socialità che è lo scopo supremo della destinazione umana>> (Kant: Congettura sull’origine della storia).

Certo l’assassino madrigalista non aveva Kant a disposizione, ma i 10 comandamenti, si!

Teatro Belli Regia: Gianni De Feo

Con: Gianni De Feo, Giuseppe Giorgio, Fabio Lombardi, Alma Daddario, Fabrizio D’alessandri

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