Teatro Vittoria. “Grisù, Giuseppe e Maria” veleggia verso le 500 repliche. Recensione

ROMA – “Grisù, Giuseppe e Maria” – con la felice coppia di attori protagonisti Paolo Triestino (nel ruolo del parroco Ciro) e Nicola Pistoia, anche regista (nel ruolo del sacrestano Vincenzo), affiancati da un cast altrettanto valido; firmata da Gianni Clementi, prolifico autore di commedie teatrali di grande successo – ha ormai superato le 440 repliche. 

La storia, raffinatamente popolare, è ambienta nel 1956 in una parrocchia di Pozzuoli, dove vivono Don Ciro e il suo sagrestano Vincenzo. Della parrocchia fanno parte le sorelle donna Rosa e donna Filomena, la prima madre di cinque figli, in attesa del sesto e moglie di un emigrato nella miniera di Marcinelle; la seconda una nubile gaudente, tutt’altro che votata al rispetto del sesto comandamento “non commettere atti impuri”.  Mentre la pancia di Filomena a causa del padre ignoto cresce in segreto, Don Ciro che è punto di riferimento dell’intera comunità, cerca di escogitare un piano per salvare l’onore della ragazza-madre. Chiede così aiuto a Rosa, sorella di Filomena, al povero sacrestano orfano di entrambi i genitori, di una mano e della perspicacia; al farmacista del paese, vera autorità perché laureato, pur se non risplende di quella lampadina che dovrebbe accendersi su un cranio cinto di alloro …

Molte sono le ragioni per le quali questa commedia è replicata da dieci anni, suscitando puntualmente allegria e stupore.  “Grisù, Giuseppe e Maria”, in costumi azzeccati, è ambientata in una scenografia che riproduce prospettive diverse, animate da un gioco di luci sapiente, sino a magnificare con un inginocchiatoio e delle candele un angolo del sipario. In quest’affascinante cornice, il parroco Paolo Triestino e il sagrestano Nicola Pistoia, rendono irresistibili i vizi e le virtù di due schietti antieroi attraverso una sceneggiatura intelligente, fatta di gag e considerazioni pertinenti, recitate con quella spontaneità, quella misura, tipicamente “eduardiane”. Sul palco gli interpreti sono cinque ma la storia è così ben congegnata che sembrano molti di più, gli artisti sono tutti bravissimi; anche se va detto che, oltre ai protagonisti, Franca Abategiovanni strappa applausi indisputabili. Pur facendo leva su riferimenti noti e tradizionali, non è per nulla superata, nessun finale scontato e non pochi colpi di scena. Non è solo divertimento, il tema include un’importante pietra miliare nella storia della nostra emigrazione: il disastro della miniera belga di Marcinelle, avvenuto a causa di un’esplosione di un gas combustibile inodore e incolore – il grisù appunto – la mattina dell’8 agosto 1956, terzo al mondo per numero di vittime italiane. Ritratto esilarante ma realistico, dunque, delle ingenuità, dei sogni e delle grandi fatiche, di un’Italia che è esistita e, in qualche modo, non è scomparsa completamente nei suoi risvolti interiori.

Teatro Vittoria di Roma fino al 13 ottobre

Paolo Triestino e Nicola Pistoia

GRISÙ, GIUSEPPE E MARIA
di Gianni Clementi

con Franca Abategiovanni, Loredana Piedimonte, Diego Gueci
scene Francesco Montanaro, costumi Isabella Rizza, luci Marco Laudando
regia Nicola Pistoia
aiuto regia Giulia Serrano,
produzione Diaghilev, distribuzione Fiore&Germano

Ufficio stampa del teatro Vittoria Teresa Bartoli

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