Teatro Quirino: Brecht porta in scena l’amletico dilemma tra bene e male

“L’anima buona di Sezuan” in scena fino al 10 novembre seduce il pubblico del teatro Quirino di Roma con il suo inno al bene universale e le sue atmosfere suggestive. Protagonista e regista, l’impareggiabile Monica Guerritore, che rende omaggio al suo mentore Giorgio Strehler riproponendo, inoltre, un suo audio originale in cui commenta la poetica di Bertolt Brecht ribadendo che: “essere buoni non deve mai essere una colpa”. 

Un testo celebre influenzato dal tragico momento storico politico e dall’esilio svedese di Brecht durante la Seconda Guerra Mondiale, che lo rende spettatore inerme di tanto orrore nella sua Germania, a caccia di un barlume di bene in un “altrove” ipotetico. Ed è proprio nel Sezuan: una regione sperduta della Cina densamente popolata da poveri dove tre divinità sotto sembianze antropomorfe – preoccupati per il futuro del genere umano – si adoperano per ricercare un’anima buona, chiedendo suggerimento all’acquaiolo Wang, che li indirizza verso l’alloggio di una prostituta, Shen Te, l’unica pronta a offrire loro ospitalità. E fu proprio questo gesto a impressionare i tre che la fregiarono del titolo di “ più buona al mondo” e la premiarono con una somma di denaro destinata a farle cambiare vita, a patto che continuasse a proseguire sulla via della bontà.

Ed è da qui in poi che il bene inizia la sua parabola discendente, con parenti veri e presunti che bussano notte e giorno alla porta della donna, mettendo a repentaglio la nascita della sua attività, con continue richieste di cibo, soldi e ospitalità. L’egoismo e l’avidità di tutti i diseredati della città consci dell’inesauribile spirito caritatevole della donna costringerà Shen Te a trasformarsi nel suo doppio: il cugino cinico e calcolatore Shui Ta. Derisa anche dagli ultimi, comprenderà che anche l’eccesso di bene può essere un crimine contro se stessi, rispecchiando così il punto di vista dell’autore. E si giustifica con la sua coscienza: «Anche gli dei volevano che fossi buona con me stessa. Non lasciar andare in rovina nessuno, nemmeno se stessi e anche a se stessi dare la felicità».

Una messa in scena magistrale che riecheggia quella di Strehler del 1981, con colori tenui e scene idilliache predominanti nella prima parte, a simboleggiare il trionfo dell’amore; al contrario, toni più scuri e cupi nella seconda parte, quando prevale Shui Ta, il doppione cinico e calcolatore, per proteggere dall’indigenza il nascituro e sua madre. Ed è su questa costante ambivalenza tra bene e male che gioca l’opera, nel contrasto stridente tra il bene altrui e il proprio. Simbolo del bene terreno e dei suoi limiti è Wang l’acquaiolo. “Wang è la coscienza, l’ultimo tra gli ultimi, un personaggio sui generis che rappresenta il lato terreno della bontà, senza dimenticarsi del proprio tornaconto” spiega l’interprete Vincenzo Gambino. Un cast d’eccellenza per una difficile prova d’autore; uno spettacolo impegnato, poetico, surreale ma anche cinico e crudo, contraddittorio come la poetica dello stesso Brecht: marxista ma umanitaria. 

Ed è di questo risveglio della bontà che oggi come allora abbiamo bisogno, in questa estenuante “guerra tra poveri” che divide il Nord e il Sud del mondo, tra precariato e disoccupazione. Un’unica salvezza: anime buone disposte a offrirsi completamente. 

Teatro Quirino Vittorio, dal 29 ottobre al 10 novembre

“L’anima buona di Sezuan”

di Bertold Brecht

traduzione Roberto Menin

regia Monica Guerritore

Con Matteo Cirillo, Alessandro Di Somma, Vincenzo Gambino, Nicolò Giacalone, Francesco Godina, Diego Migeni, Lucilla Mininno.

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