Teatro Eliseo: standing ovation per Lavia moderno Prévert

È da poco calato il sipario al Teatro Eliseo di Roma su “I ragazzi che si amano”, uno spettacolo incentrato sul poeta e scrittore Jacques Prévert scritto, diretto e recitato da un impareggiabile Gabriele Lavia.

In scena solo l’attore, dall’aspetto volutamente trasandato, vestito solo di un logoro impermeabile grigio e un cappello sgualcito, con una sigaretta papiel mais (di carta di mais) che agita tra le dita mentre recita l’omonima poesia di Jacques Prévert. E si apre una débacle: un confronto dialettico con le idee e le visioni degli altri intellettuali suoi contemporanei, animati dal materialismo storico a dispetto dei sentimenti, come Jean Paul Sartre e la sua compagna, la scrittrice Simone De Beauvoir. Con levità, Lavia passa in rassegna e chiarisce le posizioni della corrente esistenzialista da Karl Jaspers a Martin Heidegger sino a Sartre spiegando il concetto ontologico dell’essere che si distanzia dalla visione surrealista e “platonica” di Prévert. 

«I ragazzi che si amano sono in un altrove, dunque – spiega Lavia – per quanto riguarda l’universo di Prévert si tratta di una realtà post platonica, in cui gli uomini vivono in un luogo delle ombre tipico della dimensione della caverna e al contrario i ragazzi che si amano stanno dove c’è la luce sconosciuta fuori dalla caverna. Jacqués Prévert – al di là della popolarità delle sue parole d’amore – è un poeta estremamente complesso, che ha voluto usare le parole di tutti i giorni per esprimere concetti profondi».

E per illuminarsi dal fondo dell’immaginifica caverna non la luce ma i fiammiferi, che trasformano la scena in un dipinto di scuola fiamminga. «Tre fiammiferi: uno dopo l’altro accesi nella notte; il primo per vederti tutto il viso; il secondo per vederti gli occhi; l’ultimo per vedere la tua bocca con il chiarore della poesia». Ed è qui che il monologo di Lavia apre all’improvvisazione, con una digressione da “I tre fiammiferi” «per ammirare come la luce fioca illumini il monumentale teatro Eliseo che – apostrofa l’attore – ha ospitato i più grandi artisti di sempre, da Totò a Eduardo e non merita di dover chiudere». Un appello tra le righe al governo affinché rivaluti gli emendamenti bocciati del decreto Milleproroghe che assicuravano fondi al teatro Eliseo per proseguire la sua centenaria attività culturale, che comprende produzione di film, spettacoli, musica, editoria, ora garantita solo fino alla fine di questa stagione.

E a chiusura di questa performance di grande lirismo, Lavia come un moderno “menestrello dell’amore” si cimenta alla chitarra, suonando dal vivo: “Le feuilles mortes” di Yves Montand. Applausi e standing ovation per un’esibizione di mera creatività, tra erudizione, filosofia, letteratura e arte che ci riporta indietro, a rivivere i fasti del Novecento attraverso il pensiero e l’opera delle sue menti più brillanti, tra i quali spicca l’erroneamente sottovalutato Jacques Prévert. 

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