The man of trees. Incontro con Giovanni Salis

Il coprotagonista nel film d’arte diretto da Tore Manca è il reporter di un’avventura dal messaggio fortemente ambientalista 

È un film decisamente sui generis quello presentato alla XVII edizione de LA VALIGIA DELL’ATTORE, appena conclusasi. Ispirato a L’uomo che piantava gli alberi, romanzo breve di Jean Giono, pubblicato nel 1953, The man of trees è stato proiettato alla Fortezza I Colmi, sull’isola di La Maddalena, nella prima serata della manifestazione diretta da Giovanna Gravina Volonté. Il cast completo, insieme al regista Tore Manca, era presente anche il giorno dopo, in un incontro ravvicinato col pubblico per raccontare il senso del film e, in tale occasione, era presente anche Giovanni Salis, che abbiamo intervistato…

Ufficialmente “impiegato”, ma divide il “tempo libero” tra organizzatore di poetry slam, direttore artistico di eventi culturali, giurato musicale, volontario di associazioni onlus, delegato  culturale al comune di Ploaghe, coproduttore e collaboratore artistico di rassegne, manifestazioni dal vivo, progetti cinematografici. Così recita la tua biografia in sintesi: ma chi è Giovanni Salis, il co-protagonista di “The man of trees”?

Sono un attore quasi nato per caso. Ho iniziato a fare casting a livello giocoso ma poi sono stato preso seriamente a recitare. L’esperienza con Tore è stata fondamentale perché si tratta di un regista che ama molto le persone curiose ed io ero per lui un bel soggetto di ispirazione. Quando mi ha conosciuto voleva infatti capire meglio che personaggio fossi proprio perché sono uno che fa mille cose. Di fronte al suo incuriosimento non potevo che accettare e andare a fondo nel suo progetto, tanto da diventarne co-produttore.

Qual è il rapporto del tuo personaggio con il protagonista che ha ispirato la storia?

Il film si incentra sulla figura di Jean, anziano contadino silenzioso che, rimasto vedovo, ha deciso di migliorare il luogo desolato in cui vive facendovi crescere una foresta, e piantando 100 ghiande al giorno con l’obiettivo di veder nascere almeno 10.000 querce. Se nel libro il personaggio che lo incontra casualmente – e che interpreto – è un soldato che, dopo averlo conosciuto, parte in guerra e, quando vi fa ritorno, vede i cambiamenti benefici da lui apportati, nel film vesto i panni del reporter di un quotidiano – e ne approfitto per ringraziare “La Nuova Sardegna” per averci concesso di girare le scene nella sua redazione – a cui capita di incontrare un vecchio affascinante ma che vive proprio agli antipodi della società contemporanea che respiriamo tutti e solo gradualmente inizia a carpirne l’identità associandola al proprio mondo e in parte cogliendone gli aspetti più intrinseci. Un bel passaggio oppositivo nel contrasto tra progresso e natura che affida proprio al mio personaggio la responsabilità di testimonianza ai posteri sulla trasmissione dei valori di questo mondo perduto. 

Bruno Petretto, l’attore che interpreta il protagonista principale, vive realmente in un giardino d’arte immerso nella Natura,,,

Con Bruno siamo divenuti amici durante le riprese e continuiamo a sentirci e frequentarci per quanto il suo mondo sia davvero lontano dal mio normale lavoro di ufficio. Grazie alla sua dimensione di entrata e uscita nel personaggio ho assorbito molti particolari che mi hanno aiutato nei dettagli interpretativi ma che mi hanno consentito di reimmergermi nella Natura. Ritengo che l’isolamento sia un forte simbolo contemporaneo che viviamo anche nella società del progresso ma mentre li siamo forzati ad esserlo, nel caso di Jean è una scelta per ascoltare a fondo l’ambiente che ci circonda e ci protegge (se solo imparassimo a capirlo e a volergli un bene considerevole). Ognuno di noi sceglie a cosa tendere e Bruno è uno dei più interessanti esempi di incrocio tra Arte e Natura: si tratta di un contadino-artista che vive in una conca e ha iniziato a lavorare le rocce causata da una frana fino a crearne uno spazio d’arte assolutamente unico nel suo genere a Molineddu, nelle campagne di Ossi, nel sassarese.

La fotografia di questo film è davvero particolare, tanto che sembra una composizione d’arte quasi pasoliniana…

In effetti il risultato è sorprendente se si considera che nessun trattamento particolare di luci e ombre, se non la naturalezza dei paesaggi stessi ripresi, è stato applicato. Aspettavamo anzi le ore per avere la luce giusta e potevano cambiare perfino le intenzioni narrative della macchina da presa sui nostri gesti e movimenti in virtù delle ombre e penombre che si generavano. È pure vero che Tore Manca – che oltre alla regia si è occupato della sceneggiatura, dei costumi, della fotografia e del montaggio – essendo artista completo e trasversale, le cui opere nascono dai suoi versi e dai suoi disegni, aveva già in mente la citazione di alcuni pittori e opere per le scene suggestive del film che sicuramente hanno lasciato trasparire una forte valenza simbolica, cosi come la rappresentazione dei due personaggi femminili – nella realtà sono due danzatrici, madre e figlia (Daniela Tamponi e Matilde Deidda) – che alimentano il dissidio/dialogo tra Bene e Male, Natura e Tecnologia, Morte e Vita attraverso una scansione ritmica e prossemica che segna l’intera vicenda. Una complementarietà essenziale che arricchisce il nostro modo di essere e di pensare.

Anche la colonna sonora ha avuto una funzione simbiotica con l’atmosfera ambientale…

Le musiche sono intervenute a lavorazione finita ma hanno saputo cogliere immediatamente il senso espresso dalle immagini. La violoncellista Daniela Savoldi ha composto i temi più importanti sulle sequenze mentre un team di ottimi musicisti si è inserito lentamente in ogni segmento sonoro per arricchirlo: dalla voce della cantante Dalila Kayros al piano dell’armena Irma Toudjian, dal musicista elettronico Arnaldo Pontis al Coro Gabriel di Tempio. Una simbiosi musicale a mio avviso in perfetta sincronia con l’evoluzione drammaturgica interiore del film.

Come si è riuscita a sviluppare la produzione di un’opera cosi trasversale?

Sicuramente il messaggio lanciato nel sottotesto e nelle parole della voce narrante (di Alessandro Pala Grieshe) è stato un incipit motivazionale al finanziamento esterno del film. Si è trattato di un esperimento di crowdfunding che è stato benevolmente accolto da molte persone: grazie al loro entusiasmo e attraverso una sentita adesione ai principi etici racchiusi nel film, ci è stato possibile raccogliere diverse migliaia di Euro. Questo è stato un segnale sicuramente importante che ha premiato gli sforzi autoproduttivi dell’Associazione Culturale Mater-ia, senza dimenticare il sostegno della Fondazione Banco di Sardegna e le partnership con Sardegna Film Commission, oltre al patrocinio dei Comuni dove si sono svolte le riprese: Sassari, Ploaghe, Tempio, Luras, Ossi, Giave, Scano di Montiferro e Neoneli. Un viaggio continuo ed emozionante tra paesaggi incontaminati dalle mani dell’uomo tecnologico e coccolati dalle braccia di madre Natura.

THE MAN OF TREES

SINOSSI

“Jean ha un legame cosmico e viscerale con la natura, il richiamo ad essa come fonte della vita. Il suo è un gesto d’amore verso la natura sfruttata, violentata e inaridita dall’uomo “civilizzato”; è a lei che il protagonista dedica un intera esistenza con umiltà e trasporto.
Consumismo, comodità e materialismo spengono l’amore per la vita sostituendolo come merce di scambio. La nostra condizione umana è senza speranza, siamo diventati incapaci di comunicare in modo diretto, di manifestare liberamente le nostre emozioni, non abbiamo altro da fare che attendere la morte nella brama del benessere. Jean no: Jean, guidato dalla sua musa ispiratrice, senza egoismo e aspettative, pianta semi di Quercia, ghiande, alberi… dove prima non c’era nulla, solo per amore…”

SCHEDA TECNICA

Regia: Tore Manca 

Soggetto e Sceneggiatura: Tore Manca (liberamente ispirato al racconto “L’uomo che piantava alberi” di Jean Giono)

Coreografie: Daniela Tamponi 

Poemi scritti da: Rossella Maiore Tamponi, Tore Manca 

Voce: Alessandro Pala Griesche 

Cast: Bruno Petretto, Matilda Deidda, Giovanni Salis, Daniela Tamponi 

Musiche: Daniela Savoldi, Irma Toudjian, Arnaldo Pontis, Dalila Kayros, Coro Gabriel Produzione: mater-ia 

Produzione esecutiva: Tore Manca, Daniela Tamponi 

Coproduzione: Giovanni Salis 

Con il contributo di: Fondazione di Sardegna e crowdfunding Produzioni dal Basso

Public Sponsorship: Comuni di Sassari, Tempio, Ossi, Luras, Ploaghe, Giave, Scano di Montiferro, Neoneli.

Partnership: Amerindia Cinema, Moviment’Arti, Lips: lega italiana poetry slam, Associazione Tramedarte, Associazione Molineddu, Fondazione Sardegna Film Commission, WWF Italia 

Trailer: https://www.youtube.com/watch?time_continue=2&v=qxhf4SpX2yY&feature=emb_logo

Sito ufficiale: https://www.facebook.com/materia18/

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